I temi emersi durante il convegno "Economia circolare in edilizia" tenuto a Roma, in Campidoglio cui hanno partecipato rappresentanti dell'intera filiera produttiva e figure di spicco internazionale come l'architetto olandese Thomas Rau
“I produttori dovrebbero diventare fornitori di servizi invece che costruttori di problemi organizzati”
(Rinnovabili.it) – Il cantiere come fulcro dell’economia circolare in edilizia; i materiali di risulta come potenziali risorse prime e non scarti: queste le due tematiche al centro del convegno “Economia circolare in edilizia” organizzato dal Centro Materia Rinnovabili ed Edizioni Ambiente ieri nella Protomoteca di Roma Capitale.
Un incontro che ha riunito rappresentanti di tutta la filiera edilizia, dai costruttori agli enti istituzionali, dai produttori di materie prime fino ai progettisti, in una tavola rotonda mediata dal direttore di Rinnovabili.it, Mauro Spagnolo e impreziosita dalla presenza di Thomas Rau e Sabine Oberhuber. La coppia di architetti olandesi, autori nel 2013 del primo edificio al mondo rispettoso dei principi dell’economia circolare nel municipio di Brummen e della prima costruzione net energy positive per Liander, è intervenuta per presentare il loro libro Material Matters in cui illustrano il modello TurnToo, un nuovo approccio produttivo che mette al cuore dell’economia la dignità dei materiali e la responsabilità dei produttori.
“I prodotti che utilizziamo non sono altro che problemi organizzati – ha esordito Thomas Rau nel suo intervento – Questo avviene perché c’è una separazione tra potere e responsabilità: attualmente, il potere è centralizzato nelle mani dei produttori mentre la responsabilità ricade sulla collettività. Ragionare in termini di sostenibilità significa ‘solo’ ottimizzare il sistema produttivo attuale; circolarità significa invece costruire un nuovo paradigma”.
“Dobbiamo capire che non siamo proprietari della Terra e delle sue risorse, siamo ospiti. Non è facile accettarlo perché richiede un cambiamento culturale radicale – ha continuato Rau – Dobbiamo imparare a organizzare il nostro essere ospiti e per farlo dobbiamo anzitutto chiederci quali siano le regole della ‘casa’: il sistema Terra è un sistema chiuso, non si aggiunge nulla, quindi dobbiamo capire che ogni elemento ha lo stesso valore”.
“Il riciclo, così com’è concepito, non è altro che una massimizzazione dei costi delle materie prime. Le aziende del riciclo non fanno altro che restituire identità a materiali che l’avevano persa momentaneamente diventando rifiuti – spiega Rau – Di qui l’idea di creare un passaporto dei materiali: un sistema di catalogazione e inventario dei materiali che utilizziamo così da non perdere il loro valore. Non esiste una scarsità di risorse; i materiali vanno piuttosto intesi come edizioni limitate, al pari di un’opera d’arte”.
Il cuore del modello TurnToo è il cosiddetto Matasto (in inglese Madaster, dalla fusione dei termini Materials e Register): un registro in cui inventariare i materiali utilizzati e il loro valore. In questa maniera prodotti come ad esempio un edificio diventano delle banche di materiali da cui in futuro sarà possibile recuperare materie prime piuttosto che rifiuti. L’approccio mette al centro la responsabilità del produttore: nel modello TurnToo, la proprietà dei manufatti resta al produttore mentre i consumatori sono semplici utilizzatori. Il produttore diventa un fornitore di servizi per cui sarà interessato a costruire prodotti che gli garantiscano di vendere servizi per più tempo possibile. La progettazione, quindi, cambierebbe approccio: dal creare problemi organizzati caratterizzati da obsolescenza programmata e aggiornamenti inessenziali, il produttore diverrebbe interessato a costruire prodotti duraturi che, una volta esaurito il loro ciclo vitale, tornino indietro e possano essere smontati e riutilizzati in altri processi.
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La presentazione di Thomas Rau ha colpito molto i presenti ed è stata ripresa da tutti i partecipanti della tavola rotonda organizzata Mauro Spagnolo: “Sulla base delle nuove istanze dell’economia circolare, l’identità del cantiere deve trasformarsi in fabbrica del prodotto edilizio – ha spiegato il direttore di Rinnovabili.it – Deve prevedere al suo interno un vero e proprio processo di produzione, con imput: materia, energia, tecnologie, etc. e output: il prodotto, cioè il manufatto edilizio, e i rifiuti generati dal processo stesso. Ma l’economia circolare parte dal progetto e non dal cantiere e nessuna scelta virtuosa può essere attuata se non è stata precedentemente concepita, pianificata e autorizzata”.
Sullo stesso piano, l’intervento di Roberto Coizet, presidente di Edizioni Ambiente e tra gli organizzatori del convegno che si è concentrato su una specifica fase del cantiere edilizio, la demolizione, da ripensare in termini di decostruzione così da rivalorizzare i materiali (e non gli scarti).
Secondo Guglielmo Carra, consulente presso ARUP, una delle maggiori società di consulenza e progettazione edilizia al mondo, tra i costruttori della primo progetto di casa stampata in 3D in Europa, l’economia circolare è essenzialmente un’economia di “logistica”: “Dati, progettazione, inventario sono gli strumenti per costruire nel futuro ed è essenziale l’interazione con il cantiere: non serve a nulla progettare qualcosa di straordinario se poi non si hanno a disposizione mezzi e tempistiche per realizzarlo – ha spiegato Carra che poi ha suggerito – L’industria edile ha flussi di materiali importanti: usare anche gli scarti di altri filiere potrebbe essere una delle chiavi per rilanciare il settore”.
Filippo Delle Piane, presidente ANCE Genova, uno delle maggiori associazioni di costruttori edili del territorio, prende le mosse dal cambiamento culturale suggerito da Rau: “L’economia circolare nasce nel momento in cui un edificio viene pensato, non quando viene costruito. Anzi, ancora prima del progetto, è l’investitore che deve volere un edificio rispondente all’ottica dell’economia circolare. E’ un cambiamento culturale che sta avvenendo: non solo i singoli, anche le istituzioni stanno cominciando a credere e chiedere questi progetti. In Italia, però, abbiamo due grandi problemi: la dimensione, tendenzialmente molto piccola, delle imprese edili che difficilmente hanno a disposizione tutte le figure necessarie a un simile approccio e un grave ritardo legislativo che riorganizzi il settore”.
Dello stesso parere anche Margherita Santamicone, Corporate Environment Manager presso Salini Impregilo, gruppo industriale internazionale specializzato in grandi opere: “Il costruttore è stretto in una morsa di tempo ristretta: tra il momento di progettazione e la durata della vita dell’immobile – ha spiegato Santamicone – La cooperazione tra progettazione, approccio circolare e le norme legislative per regolare l’uso e il valore dei materiali è determinante per rendere produttivo il cantiere”.
Sulla necessità di norme chiare e rispondenti i nuovi standard di costruzione circolare ha richiamato l’attenzione anche Regina De Albertis, presidente Giovani ANCE e ingegnere presso Borio Mangiarotti che insieme ad ARUP sta portando avanti il progetto SeiMilano: “Non un semplice intervento immobiliare nella periferia milanese: abbiamo scelto di ascoltare le esigenze degli utenti, non solo coloro che compreranno le abitazioni e ci andranno a vivere, ma tutta la comunità coinvolta – ha spiegato Regina De Albertis – Il cantiere è stato pensato in modo da permettere la mappatura completa dei materiali utilizzati in ottica di riuso e recupero, di qui siamo arrivati a considerare il largo uso della prefabbricazione. Ma su questo aspetto serve una forte spinta normativa per capire quale valore dare ai materiali e come inserirli in un flusso circolare”.
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Gli esempi di buone pratiche in edilizia sono proseguiti con gli interventi del professor Marco Casini della Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza che con i suoi studenti ha partecipato alle Olimpiadi di architettura di Dubai, una competizione che chiedeva il ripensamento dell’intero ciclo di progettazione e produzione: il contest, infatti, prevede di costruire i prototipi nel Paese d’origine, smontarli, trasportarli a Dubai, rimontarli in pochi giorni e rismontarli a fine olimpiade, il tutto senza operai specializzati ma solo con le forze degli studenti coinvolti e producendo meno scarti e inquinamento possibili.
Edoardo Vernazza, presidente della società edile San Colombano operante anche nel campo delle estrazioni di marmo nel distretto di Massa Carrara, ha presentato il progetto di riuso degli scarti dell’attività di estrazione come materia prima per la realizzazione di una piattaforma multifunzione di oltre 210 mila metri quadri nell’area portuale di Vado Ligure; un progetto che ha coinvolto 50 aziende nel territorio e ha costretto i progettisti a migliorare tutti i passaggi della filiera, dal trasporto alla raccolta dati: “Rivalutare i materiali che attualmente vengono considerati semplicemente scarti significa creare nuovi modelli di filiera produttiva – ha affermato Vernazza – Tra i risultati immediati ci sarebbe l’abbattimento dei costi di produzione. L’economia circolare, inoltre, rafforza la filiera corta e crea un’identità locale basata sul valore delle materie”.
Diego Carrara, direttore dell’ente pubblico ACER Ferrara, ha raccontato la positiva esperienza di RigeneraCity, un progetto di social housing nato dalle macerie di un vecchio centro direzionale mai entrato in funzione al cui posto sono state create abitazioni e uno studentato: grazie a un’attenta progettazione rispettosa dei CAM (Criteri Ambientali Minimi), la riqualificazione ha permesso il recupero del 99% dei materiali dismessi, di cui circa il 30% è stato reimpiegato direttamente nelle nuove costruzioni. Un successo che Carrara attribuisce in buona parte all’implementazione in fase di progettazione dei CAM che, a suo avviso, andrebbero inseriti nei capitolati, prima delle gare d’appalto, in modo da selezionare solo le aziende che possano realmente rispondere a un livello di progettazione complessa come quella che richiede l’approccio dell’economia circolare.
In chiusura, Roberto Coizet ha accennato ad un progetto cui starebbe lavorando il comune di Roma Capitale che prevede la creazione di una rete di raccolta dei materiali di risulta dai piccoli cantieri sfruttando i depositi dei rivenditori edili la cui diffusione è già capillare: in questa maniera si genererebbero flussi di materiali tali da generare interesse economico nel recupero/riuso. Il progetto è stato confermato anche da Laura D’Aprile, responsabile Direzione Rifiuti, Risanamenti e Inquinamenti di Roma Capitale.
Favorevole alla sperimentazione anche Paolo Barberi, Presidente dell’Associazione Nazionale Produttori Aggregati Riciclati (Anpar), che però rilancia la necessita di una rapida regolamentazione: “In mancanza di un decreto sull’End of Waste, l’economia circolare in Italia è ferma – ha concluso Barberi – Questa norma, inoltre, aiuterebbe a superare le tante reticenze sul recupero di materiali di risulta del settore edilizio”.
A chiudere il convegno, l’intervento dell’architetto e senatrice Paola Nugnes (M5S): “Dobbiamo far capire a produttori e consumatori quale sia il costo complessivo dei materiali che usiamo: da quello ambientale a quello di riciclo, dallo smaltimento ai costi energetici. Conoscendo il costo ambientale dei prodotti che usiamo, ogni consumatore sarà portato a preferire quelli con una vita più lunga e questo porterebbe i produttori a progettare prodotti migliori in termini di costi e durata – ha spiegato la senatrice Nugnes – Anche il conferimento in discarica è un costo e spesso attraverso pratiche di illegalità diviene un prezzo pagato dalla collettività. Selezionare e restituire identità ai materiali di risulta dei cantieri è la chiave per costruire una filiera circolare”.