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Primo via libera dal Parlamento UE alla Direttiva Case Green: Pichetto Fratin “No a bazooka di sanzioni”

Il Parlamento UE ha approvato la revisione della Direttiva Case Green con un testo più stringente rispetto a quanto inizialmente ipotizzato. Diverse le deroghe a disposizione degli Stati membri, ma per politici e tecnici italiani bisogna diluire le tempistiche e prevedere finanziamenti

Direttiva Case Green
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A partire dal 2033 le nuove costruzioni e le ristrutturazioni dovranno garantire la Classe D

(Rinnovabili.it) – Il voto in Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia del Parlamento Europeo è andato come previsto: con 49 favorevoli, 18 contrari e 6 astenuti, la revisione alla Direttiva Case Green ha ricevuto il primo via libera.

E’ da dicembre 2021 che si parla di mettere mano all’ormai superata Energy performance of building directive (Epbd) adeguandola ai nuovi obiettivi del green Deal e del Fit for 55%. Lo scopo è ridurre sostanzialmente le emissioni di gas a effetto serra (GHG) e il consumo di energia nel settore edilizio dell’UE entro il 2030, e renderlo climaticamente neutro entro il 2050. Ma sono proprio questi step intermedi a preoccupare alcuni Paesi, con l’Italia in prima fila. Il motivo è la notevole diversità dell’ambiente costruito tra gli Stati Membri.

Nel caso del Bel Paese il patrimonio immobiliare è certamente più antico e fragile di altri contesti. Inoltre agli italiani piace possedere la casa in cui abitano diventando quindi i diretti responsabili della riqualificazione dell’immobile, nel caso dell’approvazione definitiva della revisione della Direttiva.

La realtà italiana sulle abitazioni ha caratteristiche che la differenziano da altri. Per esempio sulla proprietà la differenza è abissale, l’85% degli italiani è proprietario di una casa. Noi pensiamo che la differenziazione tra Paese e Paese debba portare a una valutazione più graduale”, ha commentato il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin in un’intervento radiofonico. “La direttiva – ricorda il Ministro – non andava bene all’origine, c’è stata una lunga trattativa che ha portato a una serie di raccomandazioni. Noi per primi ci rendiamo conto della necessità di fare in modo che gli italiani abbiano una classe energetica migliore nelle loro abitazioni, con costi minori del riscaldamento. In ogni caso si prevedono step di controllo e non un bazooka per sanzioni”.

Dello stesso parere è il Presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa che chiama in causa il Governo Meloni sollecitandolo ad agire “per evitare che questa direttiva assurda rovini l’Italia”.

Scadenze stringenti ma pochi finanziamenti

Secondo le ultime rilevazioni di ANCE in Italia sono circa 12,2 milioni gli edifici residenziali, tra questi oltre 9 milioni risultano particolarmente inquinanti. I dati ENEA parlano di circa il 74% in classe inferiore alla D, nello specifico il 34% in G, 23,8% in F e 15,9% E.

Calandosi negli step imposti dalla direttiva Case Green dovremmo efficientare almeno 2 milioni di edifici entro il 2033, cosa impossibile se non associata ad una politica di incentivazione fiscale adeguata.

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Questo è uno dei punti contestato dai nostri politici al testo della Direttiva come ha commentato pochi minuti fa Isabella Tovaglieri, europarlamentare della Lega. “Grazie a questo compromesso, le scadenze contenute nella direttiva proposta dal Parlamento europeo sull’efficienza energetica degli edifici saranno ancora più stringenti, senza che vi siano chiare fonti da cui attingere i finanziamenti necessari”.

Cosa prevede il nuovo testo della Direttiva Case Green EPBD

Rispetto al testo proposto in origine dalla Commissione quello votato oggi è più stringente, anche se apre la strada a possibili deroghe che ciascuno Stato membro potrà stabilire in base al valore storico dell’immobile, ai problemi connessi al caro materiali ed alla carenza di manodopera.

La differenza sostanziale è nel primo step di riqualificazione per gli edifici residenziali che entro il 2030 dovranno essere almeno in Classe E, passando alla D entro il 2033.

Tutti i nuovi edifici privati dovrebbero essere a emissioni zero dal 2028 (la Commissione aveva proposto 2030), mentre per quelli pubblici si anticipa al 2026 (per la Commissione era 2027).

Inoltre, entro il 2028 tutti i nuovi edifici dovranno dotarsi di tecnologie solari, mentre per le ristrutturazioni l’obbligo scatterà dal 2032.

Addio alle caldaie a gas a partire dal 2035. I Paesi dell’Ue sono però invitati ad imporre l’abbandono degli impianti di riscaldamento a combustibili fossili già a partire dalla data di recepimento della Direttiva.

Le nuove deroghe

Partendo dal presupposto che gli edifici in Classe G dovranno rappresentare non più del 15% del patrimonio edilizio nazionale, la nuova Direttiva Case Green lascia agli Stati membri il compito di definire i piani d’aziona nazionali, aprendo un discreto ventaglio di deroghe.

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Tra i possibili esclusi dagli obblighi ci sono gli edifici storici o di particolare pregio architettonico, gli edifici tecnici e i luoghi di culto. Ogni Stato Membro potrà inoltre decidere di esentare determinati alloggi pubblici sociali “laddove i lavori di ristrutturazione porterebbero ad aumenti degli affitti che non possono essere compensati risparmiando sulle bollette energetiche” si legge nel testo. Deroghe anche per particolari categorie di edifici residenziali, in ragione della fattibilità tecnica ed economica degli interventi con una quota che si presume non dovrà superare il 22% del totale.

Siamo ancora ben lontani dall’approvazione definitiva della Direttiva Case Green, che dovrà prima passare in Plenaria a marzo. A quel punto partirà il Trilogo e si avvieranno i negoziati tra Commissione, Parlamento e Consiglio.