Cassata la proposta dei Green di impedire che il denaro della ripresa post-Covid sia impiegato in attività legate alle fossili e dannose per il clima
Nel Recovery Fund resta la possibilità di investire nelle fossili
(Rinnovabili.it) – La commissione Ambiente aveva chiesto di metterli al bando. Ma gli eurodeputati hanno deciso che gli investimenti nelle fonti fossili sono un buon modo per spendere i soldi del Recovery Fund. E così il testo che oggi sarà votato a Bruxelles dalle commissioni Affari economici e Budget non prevede nessuna restrizione.
E’ la soluzione individuata dagli estensori della proposta e frutto dell’ennesimo accordo bipartisan – ovviamente al ribasso. In questo caso, della partita sono i deputati popolari del PPE, i socialdemocratici di S&D, e anche i liberali di Renew.
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I deputati del gruppo Green “volevano un divieto esplicito di finanziare gli investimenti nei combustibili fossili, compreso il gas – spiega Siegfreid Muresan, deputato rumeno del PPE e relatore della proposta – Siamo riusciti a evitare tale elenco, soprattutto perché, per la Romania, il gas, basato su tecnologie moderne, è un’alternativa meno inquinante che può essere utilizzata durante la transizione verso un’economia verde”.
Secondo la bozza emendata, i progetti finanziati dovranno ancora essere in linea con il principio del ‘do not harm’, del ‘non arrecare danni significativi’. Ma il gas ora non è né promosso né escluso dall’accordo.
A settembre, il Parlamento europeo aveva votato per consentire ai progetti sul gas di rientrare nel Fondo per una transizione giusta dell’UE (Just transition fund), progettato per sostenere le regioni europee più dipendenti dai combustibili fossili nella loro transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, limitando al contempo gli impatti economici e sociali.
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E un’analisi di Vivid Economics sull’uso dei fondi per stimolare la ripresa post-Covid a livello globale rivela che sono molto pochi i paesi che stanno destinando sul serio una quota importante del denaro per una ripartenza verde. Anche all’interno dell’UE. Solo quattro paesi – Francia, Spagna, Regno Unito e Germania – hanno in programma pacchetti che produrranno un vantaggio ambientale netto.
Male invece l’Italia, che dà un contributo negativo. Esattamente come Giappone e Corea del Sud, due paesi che molto di recente hanno fissato obiettivi di neutralità climatica al 2050. Malissimo la Cina, a dispetto della retorica e degli annunci sulla svolta climatica. Che dovrà aspettare, visto che appena lo 0,3% del pacchetto di aiuti preparato da Pechino va effettivamente in programmi e investimenti verdi.