Secondo il rapporto I-Com la ricerca pubblica finalizzata alla innovazione energetica è una priorità superata solo da quella nelle tecnologie della salute; nel mirino il finanziamento che passa dalla bolletta
(Rinnovabili.it) – La ricerca pubblica finalizzata all’innovazione energetica è una priorità, superata solo da quella nelle tecnologie della salute. Il Presidente di I-com, Stefano da Empoli, non ha mezzi termini. Durante la presentazione del rapporto sull’innovazione energetica 2014, fotografia aggiornata sullo stato dell’arte del settore energetico in Italia, da Empoli ha illustrato perché per le imprese italiane attive nella R&S in ambito energetico esista solo una parola d’ordine, ovvero semplificazione.
“Le lungaggini burocratiche sono la reale barriera all’accesso alle fonti di finanziamento pubbliche – ha detto – i cui tempi non collimano con le proprie dinamiche decisionali”.
Dalle carte emerge quanto la ricerca pubblica sia una leva cruciale per la competitività dell’intero sistema Paese e una priorità per i cittadini che andrebbe finanziata con le tasse e non in bolletta, e andrebbe gestita a livello nazionale o europeo. Eppure nel 2012 l’Italia è stata il Paese che ha investito di meno in innovazione energetica, con 1,3 milioni di dollari (provenienti per la maggior parte dal settore privato) destinati principalmente a efficienza energetica e combustibili fossili. Stabili, invece, le pubblicazioni e i brevetti, nonostante una contrazione del 13% nel 2013, ma si tratta di una buona produzione scientifica (soprattutto nel campo delle Smart Grid e del fotovoltaico) che poi non si traduce in opportunità di mercato. Secondo quanto fotografato dal rapporto, il 53,3% delle aziende intervistate avrebbe sviluppato processi di innovazione in house piuttosto che acquistare da terzi i diritti di sfruttamento dei brevetti (6,7%) e l’innovazione si sarebbe concentrata soprattutto sulle integrazioni di sistema e l’intero ciclo di vita del prodotto; il 60% del campione ha sviluppato progetti di ricerca e sviluppo in collaborazione con enti di ricerca statali, ma il problema più grosso sono state le tempistiche poco consone alla rapidità decisionale aziendale.
Anche gli italiani pensano che l’energia rappresenti il settore di ricerca su cui dovrebbero concentrarsi maggiormente gli investimenti pubblici (32,1%), dopo quello della salute (48,1%), e che dovrebbe essere sostenuto dalle Istituzioni pubbliche; nonostante i gravi problemi legati alla fiscalità e alla tassazione, il 67% degli intervistati è contrario a una loro diminuzione.
L’occasione per questa approfondita riflessione è il semestre italiano di Presidenza dell’UE e la partecipazione di imprese nazionali al programma europeo di ricerca Horizon 2020, opportunità che vanno colte per dare nuova linfa e cogliere al meglio le possibilità di collaborazione tra pubblico e privato.
“Siamo convinti – questa la dichiarazione di I-Com – che solo rafforzando sempre di più l’impegno di imprese e soggetti pubblici nella ricerca di nuove soluzioni tecnologiche e di sistema sarà possibile vincere le complesse sfide che l’energia ha dinnanzi a sé: limitare l’impatto del ciclo di produzione/utilizzo dell’energia sull’ambiente, garantire l’accesso a forme commerciali di energia per tutti, rendere i sistemi energetici sempre più competitivi e sicuri. A beneficio della competitività del sistema nazionale, se saremo pronti a cogliere le giuste opportunità”.