Per Pechino, la misura viola le regole del commercio internazionale stabilite dal WTO e consiste in una forma di protezionismo climatico
L’UE ha presentato il 14 luglio la nuova tassa sul carbonio alla frontiera
(Rinnovabili.it) – Va contro il WTO, allarga indebitamente i problemi climatici al commercio, è una misura unilaterale. Insomma, da cestinare e anche in fretta. Pechino ha atteso più di 10 giorni dall’annuncio della Commissione europea prima di rivelare il suo parere sulla proposta di tassa sul carbonio alla frontiera. Giudizio tutt’altro che tenero, come i malumori trapelati nei mesi scorsi facevano ampiamente prevedere. Il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) non è mai piaciuto alla Cina, che è arrivata anche a minacciare Bruxelles con ritorsioni commerciali.
Con la tassa sul carbonio alla frontiera, l’UE introduce dei dazi sulle importazioni di alcune merci energy- o carbon-intensive (acciaio, ferro, fertilizzanti, cemento, alluminio, generazione elettrica) quando provengono da paesi con politiche climatiche meno esigenti di quella europea. Due gli scopi della misura, annunciata il 14 luglio scorso nel pacchetto normativo “Fit for 55”: proteggere l’industria europea evitando il carbon leakage (la fuga delle aziende all’estero dove inquinare costa meno) e premere indirettamente sui partner commerciali affinché accelerino la loro transizione ecologica.
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Tutte condizioni che alla Cina vanno di traverso. Pechino ha nell’export e nella penetrazione commerciale il suo principale strumento di proiezione estera. E non si vuole far dettare i tempi della transizione da nessuno, anzi vede questi tentativi come una minaccia al suo sviluppo economico e sociale.
“Il CBAM è essenzialmente una misura unilaterale per estendere la questione del cambiamento climatico al settore commerciale. Viola i principi del WTO … e mina seriamente la fiducia reciproca nella comunità globale e le prospettive di crescita economica”, ha affermato Liu Youbin, portavoce del ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente cinese.
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Mettendo la tassa sul carbonio alla frontiera, l’UE andrebbe contro le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio. Un nodo molto delicato, questo, visto che c’è la possibilità concreta che l’organismo internazionale che sovrintende alle regole del commercio bocci il CBAM come una forma indebita di protezionismo. Non a caso, Pechino da tempo parla di “protezionismo climatico”. In più, danneggiando il commercio, strozzerebbe la capacità degli altri paesi di incanalare risorse proprio per aumentare l’ambizione delle politiche climatiche.