Il paese dell’Europa orientale propone un approccio “sia graduale che economicamente efficiente” e sottolinea la necessità di monitorare da vicino l’impatto del nuovo sistema di ‘dazi climatici’
La proposta sulla carbon border tax arriva dalla Polonia
(Rinnovabili.it) – Acciaio, cemento e fertilizzanti. E’ da questi settori che deve partire la carbon border tax dell’Unione Europea. Una fase pilota per osservare le reazioni del mercato, le scelte delle aziende europee, e ovviamente anche le contromosse dei partner commerciali dei Ventisette a partire dai big come Cina e Stati Uniti.
Lo sostiene Adam Guibourgé-Czetwertyński, sottosegretario di Stato al ministero del Clima e dell’Ambiente della Polonia. “Riteniamo che l’approccio debba essere sia graduale che economicamente efficiente per consentire un’attenta valutazione dell’impatto e una risposta misurata per prevenire la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, dove è più probabile che si verifichi”, ha aggiunto, ripreso dal portale Euractiv.
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La carbon border tax è una misura legata al Green Deal che Bruxelles dovrebbe presentare a giugno. Consiste nell’applicare una tassa alla dogana per quelle merci che fanno ingresso nel mercato comune europeo da paesi con legislazioni e impegni climatici meno ambiziosi di quelli UE. Denominato ufficialmente carbon border adjustment mechanism (CBAM), è concepito come una forma di protezione delle aziende europee da una concorrenza ‘sleale’ dall’estero.
Chi produce dove ci sono meno obblighi ambientali e climatici può tenere prezzi più bassi, quindi il Green Deal rischia di penalizzare l’economia dei Ventisette. Ma al tempo stesso è anche una formula per evitare il cosiddetto ‘carbon leakage’, cioè la delocalizzazione delle imprese fuori dall’UE per beneficiare di legislazioni climatiche meno esigenti.
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Nonostante la fuga in avanti della Polonia, sulla carbon border tax la partita è ancora tutta da giocare. Per giugno è atteso solo il piano, ma l’entrata in vigore non ha ancora una data. Potrebbe anche non essere mai applicata. Il vice presidente della Commissione con delega al clima, Frans Timmermans, di recente ha legato l’introduzione del CBAM a un eventuale fallimento della Cop26 di Glasgow. Altri ostacoli sono l’ostilità degli Stati Uniti (ma Biden starebbe pensando di mettere una carbon border tax anche lui, più o meno coordinata con quella UE), della Cina (che la vede come fumo negli occhi), e l’incertezza che circonda il giudizio del WTO, allergico al protezionismo.
In una risposta al parlamento europeo, ieri Timmermans sottolineava che i primi settori su cui si applicherebbe la nuova tassa saranno quelli a più alta intensità energetica. Mentre la possibilità di espanderla anche al settore dell’elettricità è in via di valutazione.