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Posti di lavoro nell’energia rinnovabile, verso i 13mln di occupati

Nonostante gli effetti persistenti del COVID-19 e la crescente crisi energetica l'occupazione mondiale nel settore delle energie rinnovabili è continuata a crescere aggiungendo altri 700.000 nuovi posti di lavoro in un anno

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Credits: Jean Beaufort (CC0 Public Domain)

IRENA pubblica il Renewable Energy and Jobs: Annual Review 2022 

(Rinnovabili.it) – I posti di lavoro nell’energia rinnovabile continuano a crescere. Lo ha mostrato ieri SolarPower Europe con i numeri dei solar jobs europei, lo conferma oggi l’agenzia internazionale IRENA, con il suo Renewable Energy and Jobs: Annual Review 2022. In un anno, il 2021, gli occupati nelle green energy sono aumentati di 4,3 milioni. Raggiungendo un totale, a livello globale di oltre 12,7 milioni di posti di lavoro, nonostante pandemia e crisi energetica. Il documento, redatto in collaborazione con l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), mostra opportunità e sfide per il settore, cartina tornasole delle mire espansionistiche nazionali nell’energia pulita.

Posti di lavoro nell’energia rinnovabile, attenzione al capitale umano

Questa nona edizione mette in luce anche una serie di questioni legate qualità e agli standard di lavoro nell’estrazione e nella lavorazione delle materie prime in ingresso (a monte) e nella manipolazione dei materiali una volta che gli impianti di generazione di energia rinnovabile vengono dismessi (a valle).

Elementi, sottolineano gli autori, che variano notevolmente da paese a paese a seconda delle leggi esistenti e del grado di applicazione. “Anche le pratiche industriali influiscono sulla qualità e la sicurezza sul lavoro così come sulla salute e sui diritti dei lavoratori”, si legge nel rapporto. “Le leggi e i regolamenti nazionali non sempre esistono o non sono necessariamente applicati. La crescente consapevolezza di situazioni abusive, come il lavoro minorile in condizioni difficili nell’estrazione del cobalto – potrebbe forzare il cambiamento. Una sfida è formalizzare gli attuali accordi di lavoro in nero”.

Gli autori ritengono fondamentale anche un’attenzione al capitale umano, poiché servono “le giuste competenze per produrre, installare e mantenere le tecnologie di transizione energetica”. Fornirle ai lavoratori e aiutarli nel cambiamento in corso richiede “investimenti nell’istruzione, nella formazione e nello sviluppo delle risorse umane. Tale spesa è spesso fraintesa come un costo da minimizzare; si tratta invece di un investimento che offre alti ritorni economici, in quanto una forza lavoro più qualificata riduce la disoccupazione e aumenta produttività e salari”.