Dal test dell'istituzione con sede a Francoforte emerge che 6 banche su 10 non hanno framework interni per valutare il rischio climatico nelle proprie operazioni
La Banca centrale europea presenta i risultati dello stress test climatico
(Rinnovabili.it) – Con un’ulteriore impennata dei prezzi dell’energia e il peso di una batosta economica dovuta a siccità o caldo estremo, le banche europee hanno 70 miliardi di asset a rischio. Una stima molto conservativa: le perdite sono sicuramente sottostimate e non tengono conto di tutti i possibili impatti indiretti di eventi simili sul settore bancario. A dirlo è la Banca centrale europea (Bce) presentando i risultati dello stress test climatico su un campione di 104 istituti di credito del vecchio continente.
I risultati, anche se migliori rispetto al 2020, non sono ancora nemmeno lontanamente soddisfacenti. Ben 6 banche su 10 non hanno un quadro regolatorio interno per valutare il rischio climatico nelle proprie operazioni. Solo il 20% considera il clima tra i fattori valutati nell’accordare prestiti.
Leggi anche Rischio climatico, nel nuovo stress test la BCE lo anticipa di 40 anni
La parte più sfidante dello stress test climatico chiedeva agli istituti di credito di considerare il rischio climatico in scenari particolarmente avversi, ma plausibili. In particolare, simulare l’impatto composito sul portafoglio di eventi climatici estremi e di una transizione energetica disordinata, ad esempio con shock ai prezzi dell’energia. Da qui il risultato finale di 70 miliardi di asset a rischio.
Una cifra molto più bassa di quella reale, a cui si arriva, sottolinea la Bce, perché i modelli di simulazione usati dalle banche sono “rudimentali” e non si tiene conto dell’impatto dei rallentamenti generali dell’economia e degli effetti negativi a cascata che deriverebbero dagli shock climatici previsti nei diversi scenari.
Leggi anche Strigliata della Bce, le banche sono ancora cieche ai rischi del clima
C’è poi un problema a fare valutazioni valide anche sul lungo termine. I risultati mostrano che una transizione verde ordinata si traduce in perdite inferiori rispetto a una transizione disordinata o all’assenza di azioni politiche. Tuttavia, nota la Bce, “le banche non riescono a distinguere tra i vari scenari a lungo termine perché non hanno strategie solide, se non la tendenza a ridurre le esposizioni dei settori più inquinanti e a sostenere le imprese che emettono meno carbonio”.