Secondo un report di Urgewald, Reclaim Finance e altre 36 ong africane, banche e investitori occidentali dal 2019 hanno mobilitato almeno 58 mld euro per accelerare lo sfruttamento di gas e petrolio nel continente. Ma seguendo vie indirette. Che non pesano sugli impegni green presi in ambito internazionale
I nuovi permessi di sfruttamento di fossili africane dal 2017 a oggi coprono un’area grande come Italia e Francia insieme
(Rinnovabili.it) – Banche e investitori europei, americani e giapponesi continuano a finanziare lo sfruttamento di nuove fossili africane anche se aderiscono agli impegni di emissioni nette zero. Tra il 2019 e luglio 2022, sono 325 le banche commerciali che hanno mobilitato denaro per lo sviluppo di nuovi progetti di gas e petrolio nel continente. In tutto, si arriva alla cifra di 98 mld di euro. E il 70% di questo ammontare proviene da istituti di credito che hanno sottoscritto gli impegni della Net-Zero Banking Alliance (NZBA). Ma per vie indirette. Così da salvare la faccia, o almeno provarci. E la situazione non è molto diversa quando si considerano fondi pensione, assicurazioni e altri grandi investitori.
È un sistema che alimenta una sorta di “ipocrisia net zero”, come la definisce Katrin Ganswindt, attivista finanziaria di Urgewald, l’ong tedesca che insieme a Reclaim Finance e altre 36 organizzazioni non governative africane ha pubblicato il rapporto “Who is Financing Fossil Fuel Expansion in Africa?”. Come funziona? Banche e investitori hanno sottoscritto obbligazioni per 55 mld euro, emesse da prestatori africani per conto delle società. Operazioni che non sono coperte dal codice su cui si basa la NZBA. E quindi non pesano, formalmente, sulla performance green dei soggetti finanziari. Che si sono tuttavia impegnati a ridurre del 50% le emissioni dei loro portafogli.
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Il rapporto identifica i finanziatori e gli investitori che stanno dietro a 200 aziende che stanno inondando l’Africa di nuovi progetti di combustibili fossili. “Nessuna di queste aziende è seriamente intenzionata a passare alla transizione”, sostiene il report. “Tutte queste aziende stanno perseguendo piani di espansione dei combustibili fossili sconsiderati e incompatibili con un percorso climatico di 1,5 °C. Chiediamo alle istituzioni finanziarie di cessare immediatamente tutti gli investimenti, i prestiti e i servizi finanziari nei loro confronti” è l’appello delle ong.
Negli ultimi mesi la crisi energetica ha accelerato in modo decisivo un processo in corso da qualche anno: la corsa alle fossili africane, largamente non sfruttate, prima che gli accordi internazionali sul clima, regole finanziarie più stringenti e l’umore dei mercati rendano impossibile ed economicamente perdente investire in gas e petrolio africani. Dal 2017, calcola il rapporto, 45 paesi africani su 55 hanno accordato nuove licenze di sfruttamento, che complessivamente coprono un’area grande come Italia e Francia messe insieme.
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