Rinnovabili • Finanza verde, la Banca Mondiale predica bene ma razzola male

La Banca Mondiale continua a investire miliardi nelle fossili

Un rapporto dell’ONG tedesca Urgewald fa il punto sulle iniziative dell’istituzione di Bretton Woods. Intanto la Francia si appresta a togliere le garanzie sull’export per progetti legati alle fossili

Finanza verde, la Banca Mondiale predica bene ma razzola male
Nattanan Kanchanaprat from Pixabay

Altro che finanza verde, la Banca Mondiale in 5 anni ha investito almeno 12 mld di dollari

(Rinnovabili.it) – Dal 2015, l’anno dell’accordo di Parigi, fino a oggi, la Banca Mondiale ha investito almeno 12 miliardi di dollari in progetti che promuovono l’uso di fonti fossili. Altro che promozione della finanza verde. Di questi, ben 10,5 miliardi erano sotto forma di prestiti diretti per nuovi progetti. Difficile quindi pensare che ai piani alti dell’istituzione di Bretton Wood non se ne sia accorto nessuno.

Lo rivela un rapporto dell’organizzazione ambientalista di Berlino Urgewald. Che ha fatto le pulci alla Banca Mondiale mettendo a paragone gli annunci e le buone intenzioni con i fatti concreti. L’istituzione infatti in questi anni ha ribadito più volte la necessità che il settore bancario, in particolare le banche commerciali, mettano un freno agli investimenti nelle fossili per riuscire a raggiungere gli obiettivi climatici stabiliti a Parigi.

Leggi anche I parlamentari europei approvano le nuove norme della finanza verde

Tanto più che la Banca Mondiale si è impegnata in progetti nei paesi in via di sviluppo e ha tentato di presentarsi come capofila di una nuova finanza verde. La realtà è che questi volumi di investimento la rendono una delle banche per lo sviluppo con la performance climatica peggiore.

Di contro, lo spirito di Parigi continua a permeare le decisioni del governo francese. Che nel bel mezzo della discussione preliminare sul budget 2021 cala l’asso. Il ministro delle Finanze Bruno Le Maire ha annunciato lunedì 12 ottobre che la Francia interromperà la fornitura di garanzie sull’export quando sono coinvolti progetti che riguardano le fonti fossili. Dal prossimo anno cadranno le garanzie per quelli legati allo shale, agli oli combustibili e alle sabbie bituminose. Nel 2025 sarà la volta del petrolio e nel 2035 scatterà la tagliola anche sul gas.

Leggi anche Piano di ripresa: anche il settore bancario vuole un “recupero verde”

Negli ultimi 10 anni, il governo ha esteso garanzie di esportazione per un valore di 4,5 miliardi di euro alle industrie del gas e del petrolio. E il 60% di questo importo era ancora in sospeso a maggio, secondo il ministero delle Finanze. Tra i progetti che potrebbero essere colpiti alcune delle prossime iniziative di Total, la compagnia di bandiera del petrolio. Fra cui un progetto da 20 miliardi per infrastrutture per il GNL in Mozambico e il progetto Russia Artic LNG in cui Total ha una quota.