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Verso Glasgow: Londra tenta il tutto per tutto sulla finanza climatica

La Gran Bretagna insieme a Canada e Germania propone di conteggiare i 100 miliardi di dollari l’anno facendo la media dei volumi movimentati negli ultimi 5 anni. Il dossier sta bloccando i negoziati anche su altri fronti

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Foto di 22737298 da Pixabay

Nuova proposta UK per sciogliere l’impasse sulla finanza climatica

(Rinnovabili.it) – La Gran Bretagna prova a salvare la COP26 con una media statistica. A una settimana dall’inizio del vertice sul clima di Glasgow, i negoziati si prospettano davvero in salita. Tanto che lo stesso Alok Sharma, presidente della COP, ha detto pubblicamente che le trattative in Scozia saranno più complicate di quelle che portarono all’accordo di Parigi nel 2015. Così Londra prova a tagliare il nodo di Gordio della finanza climatica, il punto che più di altri sta bloccando i negoziati.

Il tema ha spaccato in due i paesi. Da un lato quelli con economie più avanzate, che faticano a racimolare i 100 miliardi l’anno promessi nel lontano 2009 (e mai raggiunti) e vorrebbero far passare in cavalleria questo fallimento. Dall’altro i paesi in via di sviluppo che vincolano ogni loro nuova promessa sul taglio delle emissioni a progressi concreti sulla finanza climatica di cui sarebbero destinatari.

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L’impasse sta bloccando gran parte degli altri dossier del vertice di Glasgow. Per sbloccarla, la Gran Bretagna ha chiesto a Canada e Germania di elaborare una nuova proposta di compromesso. Tutto ruota attorno a come calcolare “quota 100”. Non più in termini assoluti ma facendo la media aritmetica della finanza climatica mobilitata nei 5 anni precedenti.

In pratica, Berlino e Ottawa propongono di portare entro il 2025 il volume di denaro destinato ai paesi in via di sviluppo a una media di 100 miliardi di dollari nel periodo 2021-2025. In questo modo i paesi ricchi non hanno una quota fissa più alta da raggiungere, ma al tempo stesso dovranno aprire il portafoglio e superare quota 100 affinché la media tra 5 anni sia giusta. C’è poi un altro punto che va a favore dei paesi più svantaggiati: il grosso della finanza climatica sarà diretto verso interventi di adattamento al cambiamento climatico (di più hanno più bisogno i paesi più vulnerabili) invece che per la riduzione delle emissioni, come adesso, fatto che incanala i fondi verso paesi con redditi medio-bassi a discapito dei Least Developed Countries. (lm)

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