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Bioeconomia: in Italia vale 260mld e conta 570 startup

I dati del 4° Rapporto sulla Bioeconomia in Europa presentato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo

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I dati aggiornati della Bioeconomia italiana

(Rinnovabili.it) – Vivace e innovativa. Sono questi gli aggettivi con cui è possibile descrivere la bioeconomia italiana, ossia quella parte del sistema produttivo nazionale legato all’uso di risorse biologiche. Un macro settore che comprende agricoltura, silvicoltura, produzione alimentare, chimica ed energetica, e che vale oggi 260 miliardi di euro. A ricordarcene le virtù è il 4° Rapporto sulla Bioeconomia in Europa presentato oggi a Palermo dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, dal Cluster della chimica verde Spring e da Assobiotec.

“Lo studio – commenta Stefania Trenti, responsabile Industry Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo – conferma la rilevanza della bioeconomia nel nostro Paese, con un trend di crescita che ha riguardato soprattutto le componenti più innovative e i mercati esteri. La vivacità di questi settori è evidente anche dall’elevato numero di start-up”. Sono infatti ben 576 le realtà innovative che stanno trainando la crescita bioeconomica. Per lo più sono concentrate in Trentino Alto Adige, Marche, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia con una netta prevalenza di imprese appartenenti alle attività di consulenza e di ricerca&sviluppo. Altro dato interessante le startup della bioeconomia presentano una maggiore incidenza di imprese a prevalenza femminile, 17,2% contro il 12,2% del totale, mentre le imprese a prevalenza giovanile sono soltanto il 15,8%, una quota di 5 punti percentuali inferiore rispetto al complesso delle startup.

 

A questo proposito – continua Trenti – è interessante notare la specializzazione nella bioeconomia delle start-up innovative di alcune regioni del Mezzogiorno (Sicilia, Sardegna e Puglia). In queste regioni, lo sfruttamento innovativo delle risorse biologiche dovrà giocare un ruolo importante, soprattutto nell’ottica di valorizzazione degli scarti delle attività primarie, come la pesca, trasformandoli da costo a risorsa”.

Nel complesso l’industria sostenibile vale circa l’8,3% del totale nazionale: un risultato che ci colloca al terzo posto in Europa, dopo Germania e Francia. “I dati confermano l’importanza e le potenzialità della bioeconomia italiana – prosegue Giulia Gregori, componente del Comitato di Presidenza di Assobiotec-Federchimica, – che negli anni è stata capace di dare vita a modelli fortemente innovativi e sistemici, sostenibili e competitivi allo stesso tempo. Basti pensare che proprio in Italia è stato  ideato il concetto di bioraffineria integrata nel territorio, con filiere che partono dall’agricoltura e danno vita a prodotti innovativi capaci di trasformare i problemi ambientali in opportunità”.