L'Istituto finanziario presenta un piano in 5 punti per conseguire una crescita low carbon. Tra i punti chiave: introduzione di una carbon tax e investimenti nelle rinnovabili
(Rinnovabili.it) – Il movimento del disinvestment nei combustibili fossili ha da oggi un fan in più. Ma stavolta a schierarsi contro i sussidi all’energia sporca non è un campus o un’associazione ambientalista, bensì la Banca Mondiale, ovvero uno dei più grandi finanziatori dell’energia tradizionale a livello globale. L’organizzazione aveva già in passato sollevato diverse preoccupazioni circa gli impatti del cambiamento climatico ma il nuovo messaggio recapitato ai governi mondiali costituisce una vera e propria prima volta. “Abbiamo bisogno di sbarazzarci degli aiuti ai combustibili fossili ora”, ha dichiarato il presidente dell’Istituto finanziario Jim Yong Kim, sottolineando come, con il recente calo dei prezzi dell’energia, non ci sia momento migliore di questo per porre fine ai sussidi per i combustibili fossili.
Sussidi, peraltro, esorbitanti; solo qualche mese fa, il World Energy Outlook 2014 della Iea ricordava come nel 2013 gli incentivi a carbone, gas e petrolio, responsabili dell’84% delle emissioni serra, avessero raggiunto quota 550 miliardi di dollari (sussidi al consumo). Una cifra che lievita ulteriormente se al conto aggiungiamo i danni ambientali, sanitari e sociali prodotti dalle fossili arrivando addirittura a quota 1.900 miliardi di dollari, ovvero circa il 2,5% del PIL globale.
Un piano in 5 punti per rimpiazzare i sussidi ai combustibili fossili
Intervistato dal Guardian durante la riunione semestrale di questa settimana della Banca Mondiale a Washington DC, Kim ha spiegato quanto fosse rimasto positivamente impressionato dall’energia delle campagne di disinvestimento avviate nei campus universitari, piccole ma vigorose azioni mirate a convincere gli investitori a rimuovere i fondi finanziari dalle compagnie fossili. “Abbiamo una generazione completamente nuova che è interessata al cambiamento climatico”, ha spiegato il presidente della World Bank, illustrando le misure che oggi potrebbero accompagnare con efficacia questa presa di coscienza climatica, a partire dalla demolizione dei sussidi per i combustibili fossili e dall’introduzione di una carbon tax. “Si può perseguire una crescita in grado di proteggere il pianeta disaccoppiandola dalle emissioni. Possiamo farlo ora, ma sarebbe molto più facile se mettessimo un prezzo al carbonio”.
Il piano della Banca Mondiale chiede anche maggiori investimenti nell’efficienza energetica, misure per rendere l’agricoltura più verde e per aiutare le città diventare meno inquinate e più vivibili. Spazio anche agli investimenti alle rinnovabili, campo in cui la Banca dimostra però di non saper uscire dalla logica dei grandi impianti, chiedendo ad esempio di puntare sullo sviluppo dell’energia idroelettrica in Africa come alternativa ai combustibili fossili. Peccato che negli ultimi decenni, la costruzione di grandi dighe e serbatoi nel Continente abbia addirittura peggiorato le condizioni di vita della popolazione più povera, costringendolo a migrazioni forzate, sottraendole risorse idriche e alimentari e determinando danni a suolo e salute.