Gli accusati avevano sfruttato il Superbonus ed il meccanismo di sconto in fattura “gonfiando” le spese sostenute per la riqualificazione
(Rinnovabili.it) – Si allarga il raggio d’azione sul sequestro preventivo in caso di frode legata alla cessione del credito. Fa discutere l’ultima sentenza della Cassazione che si è espressa in merito ad una truffa sul Superbonus con relativo sequestro si del credito che del profitto guadagnato dalla truffa.
L’oggetto della truffa del Superbonus
Gli imputati sono stati accusati si aver costituito un “gruppo criminale” che, attraverso una serie di società edili e di professionisti, realizzata false documentazioni, gonfiando le spese sostenute per i lavori di efficientamento degli immobili. Il Tribunale, nella prima sentenza aveva emesso un decreto di sequestro per “indebita percezione di erogazioni pubbliche” su tre fronti:
- il sequestro preventivo delle quote sociali delle 2 società coinvolte;
- il sequestro preventivo del profitto del reato maturato dal credito acquisito ed anche per equivalente, in denaro o beni, a carico dei coindagati cui era contestata la percezione di somme relative ai vari cantieri;
- sequestro preventivo ai fini della confisca obbligatoria del profitto dei reati di autoriciclaggio contestati a taluni degli indagati.
A creare il caso è proprio la seconda voce, per la quale gli imputati decidono di rivolgersi alla Cassazione, non essendo d’accordo sul sequestro “esteso” dei beni e non solo sulla somma direttamente legata alla cessione del credito.
Nulla da fare, la Cassazione raddoppia il reato
Ma come era successo in molte delle sentenze precedenti, la Cassazione ha ribadito quanto stabilito dal Tribunale, creando un nuovo precedente.
La risposta della Cassazione sembra infatti raddoppiare l’oggetto della confisca in caso di truffa da Superbonus. “Con il riconoscimento del credito di imposta, immediatamente monetizzabile, il reato è già consumato in quanto l’ente erogatore non è più nella possibilità di recuperare quanto erogato ed il soggetto beneficiario ha già avuto l’accrescimento del proprio patrimonio”, sottolinea la Corte nella sentenza n. 37138/2023.
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Ovvero all’illecita operazione oggetto del processo si collegherebbero, “sotto un diverso profilo, sia il sequestro del credito di imposta generato illecitamente e sottoposto a vincolo reale in via diretta e impeditiva, sia il sequestro preventivo per equivalente del successivo profitto che dalla cessione di tale credito è stato realizzato nel patrimonio dell’indagato e nelle società coinvolte”.