E' pronto a diventare il simbolo di Torino, il grattacielo leggero che "galleggia" sul terreno. Alto un solo metro meno della Mole, 166metri, assicura efficienza energetica, sostenibilità e spirito pubblico.
Essendo un grattacielo pensato per proiettare Torino verso il futuro, non potevano essere trascurati gli aspetti di sostenibilità ed efficienza. Una doppia pelle rivestirà interamente quella che per ora sembra una tozza struttura in cemento, ricreando un microclima interno ideale; le lamelle dei brise soleil proteggeranno le facciate est e ovest, aprendosi o chiudendosi all’occorrenza ed al cambio di stagione; i pannelli fotovoltaici forniranno energia pulita alla struttura; un giardino d’inverno ed una grande terrazza verde coroneranno la struttura, ricreando l’effetto di un giardino a 166 metri d’altezza; infine lo studio bioclimatico consentirà di sfruttare i flussi d’aria naturale per ottimizzare la temperatura interna. L’originalità della struttura si concentra però nelle fondamenta, composte da un’enorme struttura in acciaio che staccherà completamente il grattacielo dal terreno e sotto alla quale verrà realizzato l’auditorium.
Per allontanarsi dalla tradizionale visione capitalistica del grattacielo, Renzo Piano ha voluto sottolineare il carattere pubblico che l’edificio è destinato ad assumere, tentando di arginare le critiche dei cittadini più scettici:
“L’idea – spiega il celebre architetto – è quella di realizzare una costruzione che abbia una valenza di pubblica utilità. Per questo un terzo della torre è aperto a tutti: oltre agli uffici ci saranno infatti un auditorium multifunzionale, una scuola di formazione, una sala espositiva, un ristorante, una terrazza panoramica dalla quale chiudere Torino in un abbraccio che va dalle Alpi, al Po alla collina”.
“Una nuova generazione di edifici che si sforzano di spostare in avanti certe frontiere anche attraverso l’impiego delle più moderne tecnologie. Come quelle per il risparmio energetico. Un progetto che non contrasta con la crisi, è un segno di dinamismo – sottolinea l’architetto – un modo di guardare al domani senza esserne terrorizzati. D’altronde, il futuro è l’unico posto dove possiamo andare”.