La coibentazione degli edifici residenziali ha permesso un risparmio energetico annuo pari a 1,1 mld m3 di gas
(Rinnovabili.it) – Dalla sua nascita, agosto 2020, fino al 30 novembre 2022 il Superbonus 110% ha attirato interventi per il risparmio energetico degli edifici del valore di 58,1 miliardi di euro. Per comprendere la portata esponenziale nell’interesse suscitato da questa detrazione, basti pensare che dal 2021 al 2022, il numero degli interventi e la sepsa complessiva è praticamente triplicata, passando da 16,2 mld a ben 42 mld di euro nell’anno seguente.
Tuttavia il problema sollevato dal Governo è l’altrettanto alta cifra relativa al valore delle detrazioni a carico dello Stato che a fine novembre ha sfiorato i 64 miliadi.
Ma secondo il Centro Studi del CNI (e non solo loro) il bilancio complessivo di questa detrazione, tra bene e male, andrebbe eseguito tenendo conto di ben altri parametri.
“Se quanto finora speso rappresenti una cifra eccessiva rispetto agli obiettivi raggiunti”, si legge in un recente report pubblicato dal Consiglio Nazionale Ingegneri, “dovrebbe essere stabilito […] in particolare individuando gli obiettivi di natura pubblica che lo Stato intende perseguire attraverso un certo ammontare di spesa e considerando gli effetti sociali ed economici indotti da tale spesa”.
Il lato positivo del Superbonus 110%
In primis il Centro Studi CNI parte con l’esaminare il beneficio apportato al risparmio energetico. Gli interventi di coibentazione dell’involucro, la sostituzione degli impianti, la riqualificazione degli infissi e delle coperture e tutto molto altro ancora, hanno prodotto un risparmio annuo pari a 1,1 miliardi di metri cubi di gas. Il 41% del risparmio di gas che il Governo intende realizzare in questa stagione invernale.
Il Superbonus 110% inoltre ha prodotto un importante impatto economico-produttivo. Sempre secondo le stime del Centro Studi CNI, i 58,1 mld di investimento hanno attivato una produzione diretta di almento 84 miliardi, sia nel comparto delle costruzioni, sia nell’indotto. Mentre la produzione totale ha raggiunto i 122 mld di euro, coinvolgendo almeno 900mila unità di lavoro di cui 616.000 dirette dal comparto delle costruzioni, dai servizi tecnici connessi e dall’indotto. Generando un valore aggiunto di almeno 33 mld di euro nel solo settore edile ed un valore aggiunto totale di 52 miliardi di euro.
I lavori di ristrutturazione poi hanno portato con sé un aumento del gettito fiscale pari almeno a 24 mld secondo le stime CNI che, se sottratti all’attuale spesa a carico dello Stato di 63,9 mld, portano il debito a 39,7 mld. Considernato il gettito fiscali dell’intera produzione attivata dal Superbonus 110% il costo a carico dello Stato scenderebbe a circa 18 miliardi, che se ripartiti in 5 quote annuali sarebbero pari a circa 3,7 mld di euro.
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Prima di decidere se la spesa per l’efficientamento energetico degli edifici sia da considerare eccessiva, dovremmo capire in che contesto ci troviamo e che impiatti economici e sociali vengono generati da un investimento pubblico”. “Chiediamo al Governo di non “liquidare” il Super bonus come spesa eccessiva, perché dietro quella spesa vi sono meccanismi di crescita finora non sufficientemente presi in considerazione”, ha commentato il Presidente del CNI, Angelo Domenico Perrini. “Se gli interventi massivi di riqualificazione energetica di un patrimonio vetusto e inefficiente, come quello italiano non hanno alcun senso per il Governo, allora è vero che gli investimenti in Super bonus avrebbero potuti essere utilizzati diversamente. Se però consideriamo la grave crisi energetica in cui ci troviamo oggi e gli obiettivi di risparmio energetico che l’Italia deve raggiungere entro il 2030, allora il quadro cambia radicalmente ed i Superbonus non possono più essere derubricati a spesa quasi inutile”.
Il CNI si dice d’accordo con il Governo di abbassare la soglia della detrazione al 90%, ma questo intervento deve poi essere affiancato da una revisione organica e strutturale a lungo termine.
L’altro lato della medaglia
Fatta la legge trovato l’inganno si suol dire. Purtroppo il detto vale anche per il Superbonus, o meglio per tutti i bonus edilizi, oggetto di frodi sin dalla loro nascita. A più riprese (forse troppe) sono stati aggiunti correttivi alla norma, tuttavia senza mai avvicinarsi davvero ad una soluzione ottimale.
Non sono i lavori di riqualificazione a portare con se le frodi, quanto piuttosto il meccanismo di cessione del credito e sconto in fattura. Se per la maggior parte della popolazione la soluzione di cedere il proprio credito ha rappresentato l’unica chance per poter effettuare i lavori senza avere un budget iniziale sufficiente a coprirli, per altri il meccanismo si è trasformato in una moneta fiscale. Tra cantieri inesistenti e lavori sovrastimati, soprattutto ad opera del Bonus Facciate, si sono perpetrate frodi che, secondo la Guardia di Finanza, hanno causato ben 3,6 miliardi di sequestri. E’ bene sottolineare però che le recenti sentenze della Corte di Cassazione hanno stabilito la legalità del “sequestro preventivo” dei crediti oggetto di controlli.
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L’ammontare totale dei crediti fiscali ceduti per il periodo novembre 2020- novembre 2022 è pari a 99,4 mld di euro secondo quanto riportato dall’Agenzia delle Entrate. Di questi 52,1 riferibili al Superbonus e 24,8 mld al bonus facciate.
A rimetterci purtroppo sono le migliai di imprese che ora si trovano con cassetti fiscali pieni di crediti, ma senza nessuno intenzionato ad acqustarli per paura di sequestri e frodi a monto.
Resta una strada il tavolo di confronto chiesto dalla filiera edilizia per inserire una soluzione ad hoc nella prossima conversione del Decreto Aiuti quater.