Rinnovabili • Stop al Superbonus Rinnovabili • Stop al Superbonus

Nel 2024 per le costruzioni atteso un calo del -8,6%: è l’effetto stop al superbonus

Presentato a Milano il 35° Rapporto congiunturale CRESME sul settore delle costruzioni che mostra una caduta pesante degli investimenti a partire dal prossimo anno

Stop al Superbonus
Foto di soso1968 da Pixabay

Bellicini (CRESME): “In atto crollo degli investimenti da Superbonus. Mercato appeso alle opere pubbliche”

(Rinnovabili.it) – Il 2023 si conclude con una prima frenata di investimenti nel settore delle costruzioni (-0,6%), a cui però seguirò la vera caduta del 2024 con gli investimenti in calo del -8,5%. Ovviamente sono molteplici le cause, ma le responsabilità maggiori puntano ancora una volta ad un solo colpevole: lo stop al Superbonus. A confermare la tendenziale discesa del settore è il 35° Rapporto congiunturale CRESME presentato ieri a Milano.

L’effetto stop al superbonus

Le tensioni geopolitiche ed i costi energetici disegnano un 2024 caratterizzato da forti elementi di rischio. Ma sarà soprattutto la contrazione dell’attività di manutenzione del patrimonio residenziale a farsi sentire, passando dai 120 miliardi investiti nel 2022, ai 108 miliardi del 2023, fino a scendere sotto agli 80 mld nel 2024. “Il settore è schiacciato fra la fine della stagione del Superbonus e la spesa per il PNRR che non decolla ancora come era nelle previsioni, anche se il mercato delle opere pubbliche cresce ancora”, sottolinea CRESME.

Un profondo dualismo facilmente leggibile nei dati raccolti: -11,4% per le riqualificazioni residenziali dovuti in gran parte allo stop del superbonus che in termini di investimento corrispondo ad circa 28 mld persi in un anno; + 16,6% per le nuove opere del genio civile (ma appena 3,2 miliardi in valori correnti), comunque inferiore al +29,7% del 2023.

E’ in atto il crollo da investimenti da Superbonus” prosegue CRESME. Un crollo che, nonostante le promesse e la grande massa di contratti firmati, il PNRR ancora non riesce a compensare. “Il settore è appeso alle opere pubbliche”, sintetizza il direttore dell’istituto di ricerca, Lorenzo Bellicini, perché le sorti della partita potranno essere cambiate quasi unicamente proprio dal PNRR.

I crediti incagliati e i cantieri incompleti aumenteranno i contenziosi

L’inflazione e le politiche monetarie restrittive, insieme ai picchi toccati dalle compravendite, hanno determinato un brusco raffreddamento nell’immobiliare residenziale, con valori negativi molto importanti anche nelle aree più dinamiche del Paese”, si legge nel Rapporto CRESME.

I risparmi delle famiglie diminuiscono, i costi di costruzione crescono e la situazione di stallo che si è creata nell’ultimo anno andrà ad accentuare il problema. Il 2024 ed il 2025 “saranno con molta probabilità caratterizzati da fallimenti e da un forte incremento del contenzioso”. Una situazione esplosa a causa della mancata collocazione dei migliaia di crediti fiscali che comporterà rischi di tenuta delle imprese con “le spalle meno larghe” e una mancanza di liquidità che porterà all’interruzione delle forniture ed all’aumento dei casi di lavori non completati, i cui esiti sono già stati predetti anche da ANCE.

Il 35° Rapporto congiunturale sulle costruzioni di CRESME passa poi ad affrontare un tema cruciale riferito al necessario cambiamento dei processi produttivi in un’ottica di miglioramento delle performance energetiche. Un argomento che l’Italia si troverà necessariamente ad affrontare a valle delle decisioni che verranno prese dalla Direttiva EPBD sulle prestazioni energetiche degli edifici, in corso di approvazione proprio in queste ore.