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Entro il 2050 previsti 920 kmq di rigenerazione urbana: Milano, Torino, Roma e Bologna le più dinamiche

Un mercato che attiverà 2.300 miliardi di euro nei prossimi 27 anni quello della rigenerazione urbana, principale motore per il recupero del territorio con notevoli vantaggi anche per le casse dello Stato

Rigenerazione urbana
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Presentato il “Primo Rapporto nazionale sulla rigenerazione urbana” a cura di Scenari Immobiliari in collaborazione con Urban UP | Unipol.

(Rinnovabili.it) – La rigenerazione urbana potrebbe generare un fatturato industriale da 2.300 miliardi di euro in 27 anni, interessando circa 920 Kmq di suolo italiano e 350 milioni di mq di superfici immobiliari realizzabili. Sono solo alcuni dei dati snocciolati in occasione della presentazione del “Primo Rapporto nazionale sulla rigenerazione urbana” realizzato da Scenari Immobiliari in collaborazione con Urban UP | Unipol.

Benefici a tutto tondo che garantiranno anche alle finanze pubbliche un aumento di gettito per lo Stato tra 20 e 25 miliardi di euro. “La crescita con consumo di suolo è finita e bisognerà lavorare sempre di più con i tanti ‘vuoti’ che il passato ha lasciato”, ha sottolineato Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari.

La rigenerazione urbana al 2050

Secondo il Rapporto di Scenari Immobiliari e Urban UP | Unipol, circa l’1,6% della superficie urbanizzata nazionale (quasi 920 chilometri quadrati) è potenzialmente rigenerabile. Di questa superficie la fetta maggiore (21%) sarà localizzata in Lombardia, seguita dal Veneto (19%), Emilia-Romagna (17%), Piemonte (14%) e Lazio (7%). Saranno queste stesse regioni a dividersi inoltre la maggior parte dei 350 mln di mq di superficie lorda che verrà edificata entro il 2050, con Lombardia in testa seguita da Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Lazio.

Solo nel 2023, gli interventi di rigenerazione urbana hanno interessato quasi 28 km quadrati, per una superficie lorda superiore ai 10 milioni di mq ed un valore aggiunto immobiliare superiore ai 13 miliardi di euro.

Non solo le normative ma anche l’etica impongono di non consumare, se non in casi eccezionali, il terreno verde, ma di operare e trasformare per funzioni economiche o sociali le aree urbanizzate non più utilizzate o abbandonate. Un principio fondamentale che va coniugato con i costi di intervento, come ad esempio le bonifiche, e con le prospettive del mercato che hanno logiche discontinue. È il ‘campo di gioco’ più importante per il nostro futuro, dove le aspettative pubbliche devono confrontarsi con le prospettive del mercato e dei finanziamenti”, prosegue Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari.

In quali città si concentrano gli interventi di rigenerazione urbana

Milano, Torino, Roma e Bologna sono le aree metropolitane più fertili in tema di rigenerazione urbana. Mentre, tra le realtà provinciali, sono Verona, Treviso, Brescia, Piacenza e Venezia, a guidare la classifica per estensione degli interventi.

Con uno sguardo di lungo periodo corrispondente alla media di un ciclo immobiliare (circa 10 anni), le azioni di rigenerazione messe in atto sul territorio italiano tra il 2014 e il 2023, hanno prodotto la trasformazione di circa 312 kmq di territorio, con lo sviluppo e trasformazione di 117 milioni di metri quadrati e 160 miliardi di euro di valore.

Due le tipologie di interventi sulla rigenerazione urbana che il rapporto ipotizza potrebbero essere messi in atto nei prossimi lustri. Da un lato le trasformazioni continueranno ad interessare i maggiori centri urbani con i grandi complessi industriali dismessi, le aree pubbliche e ferroviarie, i grandi spazi commerciali e del terziario o ambiti residenziali oggetto di sperimentazione. Dall’altro gli interventi saranno essenziali per le realtà provinciali per attuare trasformazioni precise e puntuali riqualificando spazi pubblici sottoutilizzati o attività in disuso.

La sfida e il successo dipenderanno dalla capacità di sviluppare entrambe le tipologie, mettendo in atto condotte di governance che permetteranno l’esito positivo, tutelando, dando garanzie, minimizzando il rischio a qualsiasi scala, sia per i tempi lunghi caratteristici delle opere straordinarie, sia per tempi minori caratteristici delle opere di dimensione ordinaria, con la piena integrazione tra conoscenze di natura tecnica e competenze disciplinari afferenti a una pluralità di attori sociali, economici, territoriali e amministrativi”, conclude Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari.