Qualità e aspettativa di vita, quanto influisce la pianificazione urbana?
(Rinnovabili.it) – Uno studio pubblicato pochi giorni fa dalla University Medical Center di Mainz in Germania, ha messo in evidenza la relazione che intercorre tra la pianificazione urbana e l’aumento delle malattie non trasmissibili, ovvero non legate al contagio diretto tra le persone, dei residenti nelle città.
Alcune stime recenti ipotizzano che entro il 2030 questo genere di malattie (cardiovascolari o cardiache) potrebbero rappresentare ben il 70% delle malattie globali, concentrando la loro diffusione proprio negli agglomerati urbani. Può dunque una corretta pianificazione urbana migliorare la qualità della vita e addirittura allungare le aspettative di vita di coloro che risiedono nelle metropoli?
Secondo lo studio appena pubblicato si. A confermarlo è la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità che ha definitivamente riconosciuto la pianificazione urbana come un fattore determinante nella ricerca delle soluzioni positive al miglioramento della salute delle persone.
I principali responsabili
Secondo le stime attuali la popolazione mondiale raggiungerà i 10 miliardi entro il 2050 ed il 75% di queste persone vivranno in città.
Lo studio di Mainz identifica nello specifico alcuni rischi ambientali urbani ed il loro impatto sulla salute. Prima fra tutti l’inquinamento atmosferico, facilmente identificabile quale responsabile dei principali decessi dovuti a malattie cardiache; il secondo imputato è l’inquinamento acustico che, secondo lo studio, aumenterebbe le malattie metaboliche, la pressione ed i livelli di stress; terzo fattore è l’inquinamento luminoso notturno che, portando a cambiamenti del ritmo circadiano, favorirebbe condizioni come l’obesità e le malattie cardiache; ultimo ma non meno importante il problema del surriscaldamento e di conseguenza delle isole di calore, da imputare alla scarsa presenza del verde.
Una sana pianificazione urbana
A fare da padrone nelle città odierne sono sicuramente le automobili. L’espansione urbana incoraggia l’uso dell’auto, portando di conseguenza ad una sempre maggiore congestione del traffico, all’aumento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico. Il risultato è inevitabile: maggiore stress, più incidenti e soprattutto, meno attività fisica. E’ qui che deve intervenire la pianificazione urbana a lungo termine: immaginando città sempre più popolose e soggette ai rischi del cambiamento climatico, ma dove le persone sono al centro del processo decisionale.
Negli anni molti esponenti della pianificazione urbana e dell’urbanizzazione si sono espressi su questo argomento, arrivando infine ad individuare 8 chiavi di lettura del tessuto urbano: il design, il diverso utilizzo del suolo, la densità, la distanza da percorrere, l’accessibilità della destinazione, la gestione della domanda (ad esempio la disponibilità del parcheggio o la presenza di zone a traffico limitato), la distribuzione dei luoghi di lavoro (che incidono sui tempi del pendolarismo) e la desiderabilità (come la sicurezza personale, l’estetica del paesaggio stradale, il comfort dei mezzi di trasporto).
Quattro modelli da seguire
Gli studiosi dell’Università di Mainz hanno quindi identificato 4 modelli urbani da prendere ad esempio.
La città compatta, ad alta densità, con mezzi pubblici efficienti ed ampi spazi verdi. La pianificazione urbana in questo caso riduce i tempi di viaggio permettendo di abbattere le emissioni, favorisce il verde pubblico aumentando la biodiversità. Città sparse come Melbourne, dove oggi oltre l’80% dei trasporti avviene con mezzi privati, stanno attualmente lavorando in questa direzione.
La città superblocco, qui gli isolati sono delimitati da arterie stradali dedicate alle auto, ma all’interno di queste aree hanno la precedenza i pedoni ed i ciclisti, la circolazione è preferibilmente residenziale ed il verde pubblico fa da padrone. Barcellona sta optando per una pianificazione urbana di questo tipo.
La città in 15 minuti, qui i residenti sono in grado di soddisfare facilmente i propri bisogni essenziali, come la spesa, la scuola, il lavoro e l’intrattenimento, in un raggio massimo di percorrenza di 15 minuti. Qui la pianificazione urbana incoraggia l’attività fisica e riduce la disuguaglianza sanitaria e socioeconomica. Questo modello di città è diventato il cavallo di battaglia della campagna elettorale della sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, direttamente ispirata al modello dell’urbanista franco-colombiano Carlos Moreno.
La città senza auto, che riduce il traffico motorizzato privato non necessario e favorisce un facile accesso ai trasporti pubblici, riducendo l’inquinamento ed il rumore, migliorando l’accesso agli spazi verdi e favorendo l’attività fisica. Amburgo (che entro il 2034 spera di diventare car free) e Vauban, quartiere di Friburgo in Germania si stanno muovendo in questa direzione.
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La complessità urbana
Pur essendo lodevoli questi quattro modelli di città la loro applicazione è limitata. Una corretta pianificazione urbana non può non tenere conto dell’assetto storico precedente, delle dinamiche sociali o della crescita esponenziale di alcune città dell’Africa ad esempio.
Il modello sviluppato ancora una volta si affida ad un approccio “occidentalizzato”, senza tenere conto degli sviluppi informali con cui le persone si appropriano degli spazi urbani in contesti differenti da quello Europeo o Nordamericano.
I progettisti ed i pianificatori urbani del futuro dovranno perciò essere considerati “professionisti della salute” le cui responsabilità saranno quelle di proteggere la salute umana e globale.