Che relazione c’è tra il design urbano e le emissioni di carbonio?
Se è vero che una buona pianificazione urbana allunga la vita, è anche vero che la differente configurazione urbanistica può cambiare significativamente il quantitativo di emissioni imputabile alla città. Guardando al futuro senza dubbio le città dovranno essere in grado di ospitare circa il 75% della popolazione mondiale che, al 2050, raggiungerà probabilmente i 10 miliardi di persone. Dunque come scegliere tra una vita bucolica all’interno di una città diffusa dove però i servizi sono raggiungibili solo con i mezzi privati, o una città compatta densamente abitata, ma che offre tutto ciò che si cerca a portata di mano? Secondo i ricercatori della Pusan National University la scelta deve essere prima di tutto legata al quantitativo di emissioni prodotte dalla città in base alla sua configurazione spaziale.
Emissioni misurate in “pixel” attraverso le immagini satellitari notturne
Misurare l’emissione di CO2 di una città non è un procedimento semplice. I metodi più comuni utilizzati si affidano ai dati statistici ed alle medie globali fornendo però un resoconto che spesso tralascia le emissioni legate al consumo di beni e servizi. Un conteggio medio e multifattoriale difficile da attuare e che fornisce poche informazioni sulla “posizione” delle emissioni all’interno delle città.
Per superare il problema il team di Juchul Jung, professore della Pusan National University, è partito da immagini satellitari notturne per indagare quale configurazione spaziale urbana produca meno emissioni di CO2. Analizzando le immagini, i ricercatori sono stati in grado di fornire un resoconto dettagliato e puntuale delle emissioni di Co2 interne ad una città concentrandosi sulle emissioni basate sui consumi a livello di pixel e offrendo un quadro più accurato delle impronte di carbonio urbane.
Città compatte vs città diffuse
Juang ed il suo team hanno scoperto che le città compatte, caratterizzate da alta densità, un uso misto del territorio e trasporti pubblici efficienti, producono emissioni di carbonio decisamente inferiori rispetto a realtà più verdi, ma maggiormente estese a livello territoriale.
“Contrariamente a quanto potremmo inizialmente pensare, le città più compatte incoraggiano comportamenti più rispettosi dell’ambiente, come camminare e usare i trasporti pubblici, riducendo la dipendenza dalle automobili e diminuendo le distanze complessive di viaggio”, afferma il Professor Jung. Al contrario, le città diffuse, con insediamenti a bassa densità e ma un cattivo mix di utilizzo del territorio, hanno registrato le emissioni più elevate, dovute principalmente alla dipendenza dei cittadini dai mezzi privati e dalle maggiori distanze da percorrere per garantire i servizi primari.
“La crescita intelligente è un esempio di teoria di pianificazione urbana che promuove lo sviluppo compatto. Integra elementi come edilizia, trasporti, uso del territorio e salute ambientale per creare comunità ad alta densità e amiche dei pedoni che proteggono gli spazi naturali e riducono gli impatti del cambiamento climatico”. Secondo i ricercatori, nel conteggio delle emissioni, le città compatte vincono nonostante un maggiore rischio di congestione stradale dovuta al traffico.
Insomma città compatte e verticali ad alta densità abitativa, con quartieri ad uso misto che massimizzino gli spostamenti pedonali, che riducono le emissioni, ma completamente rivoluzionate dal punto di vista della pianificazione urbana.
La ricerca “Does a compact city really reduce consumption-based carbon emissions?” è stata pubblicata sulla rivista Environment and Planning B: Urban Analytics and City Science.