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Alla fine le smart cities distruggeranno la democrazia?

smart cities

 

(Rinnovabili.it) – Smart cites si smart cities no. L’affermazione è tanto forte quanto spiazzante in un momento storico come quello attuale dove il termine ‘città intelligente’ è utilizzato solitamente come sinonimo di uno stile di vita migliore, eco-friendly e attento alle esigenze delle persone.

 

Il dubbio sul reale benessere che potrebbero portare le smart cities è stato sollevato dal giornalista Steven Poole che, dalle pagine del Guardian, ha lanciato una semplice domanda: in una città robotizzata fatta di sensori ed high tech, ci sarà ancora spazio per i cittadini o il progresso e l’Internet of things, così come immaginato porteranno all’annullamento del libero arbitrio?

La questione non è sbagliata, mettendola solo su un piano pratico una smart city sarà una città iper sorvegliata caratterizzata da una fitta rete di sensori pari a milioni di orecchie ed occhi elettronici che, per il bene comune, ti indicheranno qual è la soluzione migliore a qualunque problema, riducendo in un certo senso,i cittadini a dei piccoli ‘pixel’, parte di un disegno molto più grande.

Se le auto intelligenti guideranno per noi scegliendo la strada più sicura, le case intelligenti decideranno per noi qual è la temperatura o l’illuminazione più adatta all’attività che stiamo svolgendo e il frigorifero deciderà cosa cucinare in base alla nostra dieta, potremmo davvero considerarci liberi e felici?

La domanda è lecita, tuttavia come sempre la verità sta nel mezzo.

I dati più recenti pubblicati dall’ONU sottolineano che nel giro di pochi decenni la popolazione urbana triplicherà concentrandosi in pochi super-agglomerati iperpopolati. Le città come oggi le conosciamo non sono sicuramente adatte ad accogliere un numero simile di persone e la tecnologia offerta dalle smart cities potrebbe trasformarsi in un aiuto indispensabile.

Il suggerimento di Poole a conclusione del suo articolo è forse l’indicazione più intelligente: un po’ meno tecnologia e un po’ più ‘utente finale’ per modellare le città del futuro su chi davvero si troverà a viverle.

Leggi l’articolo completo di Poole

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