Le città sono sia le vittime che le responsabili del climate change. Il World Cities Report 2024 fornisce un'analisi ampia e approfondita degli impatti climatici attuali e previsti su diverse regioni e città, nonché delle diverse vulnerabilità che le popolazioni urbane affrontano a causa di povertà, disuguaglianza, etnia, genere, disabilità e altre caratteristiche.
“Quasi nessun residente urbano sarà immune da questo fenomeno, con miliardi di persone esposte a temperature più elevate o al rischio di inondazioni e altre minacce”, UN-Habitat
Si sono aperti ieri i lavori della Cop29 di Baku durante i quali si proverà a raggiungere un accordo su numerose questioni poste sul tavolo e direttamenta collegate al rispetto dell’Accordo di Parigi. Più volte, anche in contesti differenti, è stato ribadito il ruolo cruciale che le città del mondo giocheranno nella lotta al climate change, ma a che punto siamo? Secondo l’ultimo World Cities Report 2024 pubblicato da UN-Habitat, la strada da fare è ancora molta e tutta in salita, al punto che gli sforzi avviati per l’adattamento climatico delle città sono considerati “inadeguati” alle sfide da affrontare.
Diversi i problemi legati anche al divario di finanziamenti tra erogazione e reale fabbisogno, tema che suscita dubbi sul reale interesse dei governi locali nel portare avanti azioni preventive e non solo curative post disastro.
Oltre 2 miliardi i cittadini che avranno a che fare con il surriscaldamento delle temperature
Il World Urban Forum 2024 avverte che oltre 2 miliardi di abitanti delle città potrebbero dover affrontare un ulteriore aumento della temperatura di almeno 0,5°C entro il 2040. Eppure l’azione per il clima nelle città non riesce ad essere all’altezza della portata delle sfide da affrontare.
Più del 36 % della popolazione mondiale inoltre, sarà costretta ad affrontare annualmente temperature superiori ai 29°C.
Come emerge dal report, i più a rischio restano coloro che quotidianamente si trovano ad affrontare disuguaglianze croniche e strutturali.
“Gli insediamenti informali e le baraccopoli, solitamente situati in aree sensibili dal punto di vista ambientale e privi di infrastrutture protettive, spesso subiscono il peso dei disastri legati al clima o degli eventi estremi ”, ha sottolineato Anacláudia Rossbach, Direttore esecutivo di UN-Habitat.
Quasi sempre questi insediamenti non solo non hanno la possibilità di avviare programmi di adattamento climatico, ma non riescono nemmeno a ricevere supporto in seguito al verificarsi un una catastrofe.
Gli interventi climatici “fatti male” peggiorano la situazione
Il report rivela un ulteriore dato quasi paradossale: in alcuni casi gli interventi di adattamento climatico nelle città hanno inavvertitamente peggiorato le condizioni delle comunità vulnerabili. Tra questi casi rientra la “gentrificazione verde“, ovvero quando misure benefiche come la creazione di parchi, comportano lo spostamento delle famiglie più povere o aumentano il valore degli immobili, determinandone di fatto l’esclusione, ed evidenziano la necessità di soluzioni climatiche più eque.
“È necessaria cautela nell’accelerare gli sforzi di adattamento e mitigazione del clima nelle città per evitare conseguenze indesiderate ed escludenti”.
Ma non saranno solo i luoghi più vulnerabili a subire pesanti danni, eppure un intervento è ancora possibile.
“Sebbene le proiezioni mostrino che senza misure appropriate le città subiranno impatti considerevoli a causa di eventi meteorologici estremi associati al cambiamento climatico, questi scenari peggiori non sono affatto inevitabili. Le decisioni che prendiamo ora, sia in termini di mitigazione delle cause del cambiamento climatico attraverso la decarbonizzazione sia di rafforzamento dell’adattamento rendendo le città più resilienti, determineranno in larga misura la loro gravità. Se i governi nazionali e locali sono disposti a impegnarsi in un approccio veramente trasformativo, allora l’azione per il clima potrebbe fungere da strumento vitale per realizzare un programma più ampio di inclusione e giustizia sociale”, prosegue il World Cities Report 2024.
Insomma le aree urbane non andrebbero considerate solo come parte del problema, ma anche come parte della soluzione.
Il divario tra finanziamenti erogati e reale fabbisogno
L’altro problema interessante sollevato dal report di UN-Habitat è il divario nei finanziamenti.
Le stime parlano di un investimento necessario per l’adattamento climatico delle città compreso tra i 4.500 e 5.400 miliardi di dollari all’anno per sviluppare e mantenere sistemi resilienti al clima, ma il finanziamento attuale ammonta a soli 831 miliardi di dollari, solo una frazione dell’importo richiesto.
Questo deficit espone sempre di più le città, e in particolare le loro popolazioni più vulnerabili, al rischio.
“Con investimenti coraggiosi e una buona pianificazione e progettazione, le città offrono immense opportunità per ridurre le emissioni di gas serra , adattarsi agli effetti del cambiamento climatico e sostenere in modo sostenibile le popolazioni urbane“, ha affermato il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres nella prefazione del rapporto.
Il rapporto chiede un’attenzione più decisa alle aree urbane per promuovere ambiziosi impegni nazionali, sottolineando l’importanza di allineare l’azione per il clima con obiettivi di sviluppo più ampi, come il miglioramento dei servizi, la riqualificazione degli insediamenti, la riduzione della povertà e la salute pubblica.