Secondo il report JLL il retrofitting energetico degli edifici di per sé implica un aggiornamento degli spazi, ovvero affitti maggiori, tassi di occupazione più elevati, ridotto rischio finanziario e aumento della soddisfazione dei fruitori.
Si stima che il solo comparto uffici avrà bisogno di oltre 3mila miliardi di dollari
(Rinnovabili.it) – Ristrutturare un edificio esistente ha un impatto diretto sui profitti dello stesso immobile. A sottolineare l’importanza del retrofitting energetico degli edifici sono gli esperti delle JLL, che proprio in queste ore stanno presentando il report dedicato in occasione della COP27.
Secondo i dati raccolti dalla società nel Retrofitting Buildings to be Future-Fit, la mancata decarbonizzazione comporta un rischio finanziario significativo. La spiegazione è semplice. Per molti edifici esistenti una riconversione secondo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi significa un adeguamento degli spazi attuali. Ovvero una trasformazione che di per sé porta ad applicare affitti più alti, a ridurre il rischio finanziario per la vendita, a generare tassi di occupazione più elevati, nonché ad aumentare i tassi di soddisfazione degli inquilini.
“Il retrofit degli edifici esistenti è il modo più rapido ed economico per accelerare la decarbonizzazione nell’ambiente costruito“, ha affermato Guy Grainger, JLL Global Head of Sustainability Services ed ESG. “Che si tratti di affittuari di immobili o di occupanti di edifici, i requisiti stanno cambiando e gli asset reali diventeranno illiquidi a meno che non ci sia un piano per trasferirli”.
Passare dall’1% al 3% di interventi nel retrofitting energetico degli edifici
L’80% degli edifici per uffici esistenti oggi sarà ancora in uso nel 2050. Secondo la ricerca di JLL il livello di retrofitting energetico degli edifici deve triplicare dall’1% attuale ad almeno il 3% l’anno, per garantire un reale raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. La stima parla di circa 3.000 miliardi di dollari nel solo settore degli uffici per poter raggiungere l’obiettivo. Nei Paesi in via di sviluppo invece, dove si stima che il 70% degli edifici debbano essere ancora costruiti, ci sarà bisogno di un approccio che dia priorità all’abbattimento delle emissioni ed alla massima efficienza, assicurando così una resilienza ai cambiamenti climatici ed un futuro sostenibile.
L’unione dei due mondi in termini di competenze, forza lavoro e ridimensionamento della tecnologia è dunque fondamentale per accelerare il ritmo di retrofitting energetico degli edifici.
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“Il retrofit non deve necessariamente essere uno sforzo tutto in una volta. Ma la rendicontazione e la divulgazione non sono sufficienti: ciò richiede investimenti intenzionali e un approccio strategico”, prosegue Grainger. “I retrofit sono sia più fattibili che responsabili se considerati insieme a un più ampio riposizionamento delle risorse che risponde alle mutevoli dinamiche del luogo di lavoro e alla resilienza climatica. Abbiamo sufficienti elementi di prova che dimostrano che abbiamo sottovalutato il rendimento positivo dell’intervento e sottovalutato il valore negativo dell’inazione”.
In conclusione secondo la JLL, il retrofitting energetico del comparto edile richiederà una collaborazione sulla scia della circolarità, coinvolgendo non solo i costruttori ed i futuri proprietari, ma anche i fornitori, il team di gestione, i futuri inquilini e persino i governi locali.