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Prestazione energetica edifici, Ance: calibrare la Direttiva UE su ciascuno Stato Membro

In primis riqualificare l'esistente, stabilizzare gli incentivi e considerare le differenze climatiche di ciascuno Stato. Le proposte di Ance per adeguare la Direttiva UE sulla prestazione energetica degli edifici al nostro Paese.

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I punti chiave di Ance per raggiungere i target di prestazione energetica degli edifici

(Rinnovabili.it) – Intervenire in primis sul parco immobiliare esistente e definire precisi requisiti di prestazione energetica degli edifici ma sempre tenendo conto della collocazione geografica e della zona climatica dell’immobile.

E’ questa in sintesi la puntualizzazione espressa da Ance in audizione presso la Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato nell’ambito della rifusione della Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD).

Lo scorso dicembre infatti la Commissione Europea ha presentato un importante aggiornamento della Direttiva EPBD come parte integrante del pacchetto “Fit for 55” ed elemento indispensabile per ridurre le emissioni di CO2 entro il 2030.

E’ ormai chiaro che il ruolo del comparto delle costruzioni è determinante se si vuole pensare ad una decarbonizzazione e riduzione dei consumi energetici globali.

Per questo, l’aggiornamento della Direttiva Europea sulla prestazione energetica degli edifici era ormai fondamentale.

Ed altrettanto fondamentale è intervenire in primo luogo sul comparto già esistente. Purtroppo, come ricorda Ance, il nostro Paese in questo campo è tutt’altro che virtuoso.

Edifici per il 75% vecchi e costruiti prima dell’entrata in vigore delle norme sul risparmio energetico o sulla sicurezza sismica. “In pratica su 12,2 mln di edifici -sottolinea Ance – oltre 9 mln non sono in grado di garantire le performance energetiche, sia pur minime, richieste per gli edifici costruiti successivamente, e molto lontano dalle prestazioni minime richieste alle abitazioni dei nostri giorni”.

Incentivi determinanti per il futuro

Nel corso dell’audizione Ance ha sottolineato l’estrema importanza del porre attenzione alle tempistiche stabilite dalla Direttiva. E alla trasposizione di tali interventi sul nostro comparto edilizio. Nel caso dell’Italia, entro il 2030, un numero incredibilmente elevato di edifici dovrà garantire prestazioni energetiche adeguate. Per questo l’Associazione dei Costruttori ritiene essenziale che siano accompagnate da misure incentivanti che premino la decarbonizzazione.

Dopotutto, la stessa Commissione in occasione della presentazione di revisione della Direttiva sulla prestazione energetica degli edifici, ha supportato le misure incentivanti come mezzo indispensabile per raggiungere il target del 2030 e poi del 2050.

Altro punto da non trascurare nel calare la Direttiva UE in territorio nazionale, sono le differenze climatiche notevoli tra i vari Paesi europei. Non è possibile fissare un unico requisito per gli edifici ad energia zero a livello comunitario. Piuttosto è essenziale che ciascuno Stato Membro fissi i propri valori di riferimento, tenendo conto delle differenze climatiche e locali.

Ultimo ma non meno importante il concetto di “consumo energetico” degli edifici. Per Ance un approccio di questo tipo rischia di compromettere il risultato. Calcolare la prestazione energetica degli edifici in base al consumo, è un metodo soggettivo che varierà al variare delle abitudini dell’utente finale.

Le proposte si Ance

I punti chiave espressi dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili in merito alla proposta di revisione della EPBD possono essere così sintetizzati:

  • lasciare agli Stati Membri il potere di decisione finale sul valore dei requisiti degli edifici ad energia zero, stabiliti secondo il livello ottimale di costo, distinguendo per edifici esistenti e nuovi, e in base alle zone climatiche locali.
  • Posticipare di almeno 3 anni l’obbligo per le nuove costruzioni di essere ad “energia zero”.
  • Introdurre l’obbligo di riqualificazione energetica del comparto esistente partendo da quelli con prestazioni peggiori.
  • Modificare l’approccio di misurazione delle prestazioni in base al “consumo di energia”.
  • Posticipare di 3 anni l’obbligo dell’introduzione della valutazione del GWP, ovvero il potenziale di riscaldamento globale del ciclo di vita per i nuovi edifici. Serve un periodo di tempo per sperimentare il calcolo del GWP ed avere valori indicativi delle tipologie edilizie nazionali.
  • Prevedere strumenti finanziari anche per le imprese che realizzano interventi di efficientamento e non solo per gli utenti finali. Obiettivo quello di rimuovere le barriere non economiche come la “divergenza di interessi” tra i diversi soggetti.
  • Affidare i lavori esclusivamente ad imprese qualificate.
  • Definire un quadro normativo certo e duraturo per facilitare una pianificazione a lungo termine e stabilizzare il mercato.