Secondo il CNI è urgente definire un Piano Nazionale di Ristrutturazione per fornire alle famiglie le risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi imposti dalla Direttiva EPBD
Secondo le stime del CNI, mettere mano al 43% degli edifici più energivori significherà intervenire su 11,8 mln di alloggi residenziali
(Rinnovabili.it) – Al nostro Paese serve una visione ed una volontà politica a lungo termine, per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di efficientamento stabiliti dalla Direttiva sulle Prestazioni Energetiche degli edifici. La sfida è complessa, lo sa bene il Consiglio Nazionale degli Ingegneri che, prima che sia troppo tardi, propone di avviare un Piano Nazionale di Ristrutturazione, per aiutare le famiglie ed i proprietari degli immobili che saranno oggetto di intervento.
Come raggiungere gli obiettivi della Direttiva EPBD
Secondo quanto stabilito dalla Direttiva Case Green, i Paesi membri dovranno provvedere a ridurre del 16% i consumi energetici degli edifici al 2030, considerando come anno di inizio il 2020 e attestarsi ad una riduzione del 20-22% al 2035, intervenendo sia con nuove costruzioni ad impatto zero che, soprattutto, attraverso opere di ristrutturazione di edifici esistenti, intervenendo in una prima fase sul 43% di quelli più energivori.
Inoltre dal 2025 non sarà possibile usufruire di incentivi per le caldaie a combustibili fossili, in quanto dal 2040 questo tipo di impianti sarà vietato, mentre resteranno incentivabili i sistemi di riscaldamento ibridi (caldaie e pompe di calore). Entro il 2025 ciascuno Stato Membro dovrà presentare alla Commissione una strategia di obiettivi per recepire la Direttiva, arrivando alla totale decarbonizzazione del patrimonio edilizio entro il 2050.
Ecco perché, secondo il CNI, è necessario predisporre sin da ora un Piano Nazionale di Ristrutturazione che individui l’esatto percorso e le metodologie di intervento finalizzate a raggiungere il taglio dei consumi energetici derivanti da fonti fossili. “Sullo sfondo restano, tuttavia, molti punti essenziali da chiarire e soprattutto fondamentali questioni di metodo da definire”. “Non possiamo negare che siano in atto cambiamenti climatici poco favorevoli e che dobbiamo provare a contrastare il fenomeno anche agendo sul parco edilizio. Occorre ovviamente intervenire in modo graduale ed essere anche realisti: tutto subito è materialmente e economicamente impossibile”, sottolinea il Presidente del CNI, Angelo Domenico Perrini.
Prima di ristrutturare serve un censimento degli edifici esistenti
“Abbiamo di fronte una sfida importante – afferma Remo Giulio Vaudano, Vice Presidente Vicario del CNI -e siamo convinti di quanto sia importante il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei consumi energetici legati al patrimonio edilizio nei tempi stabiliti. Perché questo avvenga occorre individuare con esattezza il campo di azione e poi definire un mix di interventi di ristrutturazione profonda e di efficientamento energetico a seconda dello stato degli edifici”. Come aveva sottolineato in una recente intervista ai nostri microfoni l’ing. Vaudano, prima di procedere all’obiettivo è necessario conoscere nel dettaglio lo stato di fatto del nostro patrimonio edilizio esistente. Un censimento che ci consentirebbe di strutturare un Piano Nazionale delle Ristrutturazioni, basato su obiettivi fattibili e raggiungibili.
“Non possiamo permetterci di sbagliare”, prosegue l’ing. Remo Giulio Vaudano. “Un secondo aspetto che intendiamo sottolineare è che non potremo procedere all’efficientamento energetico disgiuntamente da quello strutturale e antisismico. Inoltre, il messaggio che il Consiglio Nazionale degli Ingegneri intende lanciare con forza è che il Governo non dovrebbe attendere l’approvazione della Direttiva EPBD da parte del Consiglio UE, ma dovrebbe sin da ora iniziare ad attivare una sorta di “cantiere” che porti alla predisposizione del Piano nazionale di ristrutturazione. Se pensiamo che si tratti di un piano di massima, questa volta abbiamo proprio sbagliato”.
I suggerimenti del Centro Studi CNI
Il Centro Studi CNI ha già predisposto un’analisi sui prossimi step da compiere.
Individuare tecniche e tecnologie da mettere in campo, la Direttiva Case Green infatti lascia a ciascuno Stato la possibilità di scegliere il mix di strumenti da mettere in campo. “Sulla base dell’esperienza condotta dal settore dell’ingegneria nell’ambito del Super ecobonus, il doppio salto di classe energetica, pur rilevante, appare oggi troppo vincolante. l Consiglio Nazionale degli Ingegneri, considerata la mole delle attività di progettazione di cantiere degli ultimi tre anni, è convinto che si possano mettere in campo mix di interventi differenti, a seconda di condizioni strutturali diverse, per raggiungere gli obiettivi fissati dalla Direttiva, garantendo efficienza tecnica e efficacia in termini di spesa”.
Predisporre un quadro preciso delle condizioni di dispersione termica ed anche strutturale degli edifici, partendo prima di tutto da un censimento di quali sono realmente gli edifici più energivori e che, secondo ENEA, rappresentano il 70% del totale dei 12 milioni di immobili italiani. “Senza sprechi di risorse finanziarie, un intervento così massiccio come richiesto dalla Direttiva EPBD richiede un livello di dettaglio ben più elevato di quello di cui si dispone attualmente. Da tempo, infatti, il Centro Studi CNI ha messo in evidenza la carenza di dati di dettaglio sullo stato effettivo del patrimonio edilizio e la mancanza di diagnosi energetiche degli edifici (l’APE non è una diagnosi energetica) che consentano sia di stabilire una scala di priorità che un insieme di interventi differenziati a seconda delle condizioni dei singoli edifici su cui si intende intervenire”.
Rinnovo progressivo degli impianti termici, dato che saranno ammessi solo quelli ibridi e poi vietati quelli alimentati da fonti fossili. Secondo il CNI è occorre definire sin da ora un modus operandi, “perché non è possibile lasciare alle singole famiglie la scelta ottimale su aspetti tecnici che avranno peraltro costi considerevoli”.
Reperimento e la predisposizione di un piano finanziario, un piano che deve necessariamente essere compartito tra pubblico e privato. “Occorre trovare una via di mezzo e mettere in campo strumenti che siano molto più evoluti di una semplice detrazione fiscale. In questo senso la Direttiva EPDB dedica alla questione dei finanziamenti dei Piani nazionali di ristrutturazione diversi punti della prima parte, in particolare i punti da 59 a 63, che tuttavia rimandano l’individuazione di strumenti ai singoli Stati, parlando di mutui ipotecari verdi e di misure a sostegno delle famiglie meno abbienti”.
Prevedere un piano di messa in sicurezza antisismica e statica, in modo tale che l’efficientamento energetico degli edifici più vetusti non “nasconda” danni strutturali più rilevanti.
Il CNI mette poi in guardia sulle tempistiche: entro la fine del 2025 i Paesi membri dovranno recepire la direttiva con piani nazionali ad hoc, avendo poi a disposizione poco meno di 4 anni per attuare il primo step al 2030. “Dato il pochissimo tempo a disposizione, esse dovrebbero sin da ora iniziare a raccogliere i dati per definire con più esattezza lo stato del patrimonio edilizio, dovrebbero individuare il perimetro di intervento, dovrebbero definire una strategia per “cerchi concentrici” individuando con esattezza il primo cerchio più energivoro e via via i cerchi meno energivori”. Se si comprendono le caratteristiche e lo stato degli edifici di ciascun “cerchio ideale”, si è in grado di definire il mix di interventi da apportare per raggiungere quelle soglie di risparmio definite in sede europea ed elaborare al meglio il Piano Nazionale di Ristrutturazione.