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Mercato immobiliare: dopo 2 anni di crescita si prospetta un’inversione di tendenza nel 2023

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Pubblicato il XXXIII Rapporto Congiunturale e Previsionale del Cresme sul mercato immobiliare

(Rinnovabili.it) – Dopo un 2022 di grande crescita con tassi da anni ’60, il mercato immobiliare è purtroppo destinato a subire i danni dell’inflazione, con un 2023 che dovrà presto fare i conti anche con i cassetti fiscali pieni di crediti e poca liquidità. A confermare il futuro poco roseo che attende il comparto è il XXXIII Rapporto Congiunturale e Previsionale del Cresme.

Il picco del 2022

La discesa del 2023 sarà ancora più evidente dopo due anni di grande crescita del settore, trainato dalla ristrutturazioni edilizie, dagli incentivi fiscali, dagli aumenti dei prezzi degli immobili e dalle opere pubbliche. Un valore di investimenti che nel 2022 ha toccato i 232 miliardi, ben 91 miliardi in più rispetto al 2019 (141 mld).

Quantità del costruito e prezzi hanno determinato due anni eccezionali di crescita sia per le nuove costruzioni residenziali che per quelle non residenziali. E il mercato immobiliare è cresciuto portando con sé un livello di compravendite addirittura superiore al biennio 2007-2008. Nonostante i livelli di inflazioni che, secondo fonti ufficiali, hanno alzato i prezzi di un 15-20% in più rispetto al 2019; un incremento che secondo il CRESME ha invece raggiunto il 25-30% in più.

Superbonus e incentivi a fare da traino con ricadute positive anche sull’occupazione

Durante i due ani di pandemia famiglie e imprese hanno accumulato risparmi che si sono poi riversati nel mercato delle costruzioni del 2022. A fare da traino di questa importante iniezione di risorse private, senza dubbio sono stati gli incentivi e il PNRR.

Nella riqualificazione e nelle aggiudicazioni dei bandi di opere pubbliche la crescita è stata del 45-50% in un solo anno. Questo panorama ha avuto ricadute positive sul PIL e sull’occupazione. Grazie all’aumento dei cantieri, i posti di lavoro nella filiera delle costruzioni sono cresciuti in due anni di ben 460mila unità.

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Nel 2023 sarà un anno di transizione

Il Rapporto del Cresme prospetta però un biennio 2023-2024 anomali, con determinati settori determinati a rallentare, ed altri pronti ad accelerare.

La domande alle quali rispondere sono tante. Come inciderà la frenata degli incentivi sul settore privato e sul PIL? Allo stesso tempo le grandi opere pubbliche in partenza con il PNRR riusciranno a partire o mancheranno le imprese per farlo? Si delinea una fase ciclica nuova nella quale la produttività è comunque destinata a cambiare.

Quello che è già percepibile sin da ora è che si è entrati in una fase di eccessi in cui il rapporto tra domanda e offerta è sbilanciato. E dato che il 2022 non è riuscito a coprire l’intera domanda, si entra nel 2023 con tanti cantieri da completare, soprattutto per le riqualificazioni, ma pochi liquidi a disposizione e gli incentivi in riduzione. A maggio del prossimo anno, quando si presenteranno i bilancio del 2022, si dovranno anche fare i conti con i cassetti fiscali accumulati e con i rischi di tenuta di molti operatori.

Si apre quindi il tema delle infrastrutture e delle opere pubbliche finanziate dal PNRR. Oltre 1.400 interventi che dovranno essere appaltati o banditi entro l’anno. Una mole di lavori che vale circa 20 miliardi. Ma l’incognita rimane: al di là delle grandi opere come Ferrovie ed Autostrade, riusciranno le Amministrazioni a completare i lavori o a vincere sarà l’inflazione che ha già cominciato a incidere sui comportamenti della domanda ma senza che stipendi e salari vengano adeguati?

Come conferma il Cresme, i prossimi 10 anni saranno decisivi.

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