Il processo di costruzione ha fornito una sorta di ambiente-laboratorio, permettendo agli abitanti dei villaggi locali di apprendere le tecniche di costruzione
Adattandosi alla scarsità di materie prime del luogo, i due progettisti hanno rimpiazzato la vecchia scuola – realizzata all’interno di un vecchio e ormai fatiscente hangar – con una nuova costruzione decisamente più ecofriendly e in grado di integrarsi perfettamente con l’ambiente circostante. Il progetto ha mixato i moderni dettami dell’architettura passiva con le tecniche di costruzione tradizionali ricorrendo ad uno dei materiali più ampiamente disponibili nella zona: i blocchi di argilla.
Il processo di costruzione ha fornito una sorta di ambiente-laboratorio, permettendo agli abitanti dei villaggi locali di apprendere le tecniche di costruzione dei blocchi di argilla e degli edifici risultanti. Pareti, tetto e pavimenti sono stati pertanto realizzati esclusivamente con mattoni di terra compressi idraulicamente, del peso di 8,5 chili ciascuno e in grado di resistere ad una pressione di 15 N/mm2.
L’unico altro elemento inserito nei blocchi è stato un 3-4% di cemento per impermeabilizzare la struttura, avendo escluso a priori l’impiego del legno dal momento che le latifoglie autoctone sono scarse nella zona. Poiché la temperatura del luogo raggiunge facilmente 40 gradi C e oltre, per i due architetti uno degli imperativi di progettazione è stato quello di creare un clima indoor confortevole. Ecco perché la scuola è stata disegnata e realizzata massimizzando il flusso d’aria e la ventilazione naturale grazie a dei doccioni inseriti nella parte superiore della struttura, al fine di mantenere più basse le temperature interne e favorire la luce naturale.
Il progetto ha realizzato con gli stessi principi anche le case degli insegnati adiacenti alla scuola per incoraggiare gli insegnanti a trasferirsi nella regione del Dogon.