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La Princeton scopre come rinfrescare casa utilizzando la plastica

Una ricerca della Princeton University ha scoperto il potenziale inespresso di molti materiali comuni nel riflettere il calore radiante riuscendo a rinfrescare casa in estate e scaldarla in inverno

Rinfrescare casa
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 “Questi materiali rasentano il banale, ma la stessa scalabilità che li rende comuni significa anche che potremmo vederli termoregolare gli edifici nel prossimo futuro”

Un gruppo di scienziati della Princeton University e della UCLA sono riusciti ad identificare un meccanismo passivo che consente di rinfrescare casa in estate e riscaldare in inverno utilizzando materiali del tutto comuni, come la plastica.

Il segreto alla base della ricerca sarebbe la modalità con cui i differenti materiali “riflettono” i raggi solari creando un flusso di calore radiante verso gli altri edifici e verso l’ambiente a specifiche lunghezze d’onda. Seguendo questo principio, i rivestimenti progettati con materiali comuni possono ottenere un risparmio energetico e un comfort termico che va oltre ciò che i tradizionali involucri edilizi possono raggiungere.

Raffreddamento passivo di un edificio 

“Con l’aumento delle temperature globali, mantenere gli edifici abitabili è diventata una sfida globale”, sottolinea il ricercatore Jyotirmoy Mandal, assistente professore di ingegneria civile e ambientale a Princeton. “Gli edifici scambiano la maggior parte del calore con l’ambiente sotto forma di radiazione e, adattando le proprietà ottiche dei loro involucri per sfruttare il modo in cui le radiazioni si comportano nel nostro ambiente, possiamo controllare il calore negli edifici in modi nuovi e di grande impatto”.

La ricerca della Princeton parte da un presupposto molto semplice: il calore radiante, trasportato dalle onde elettromagnetiche, è onnipresente, lo si percepisce sulla pelle attraverso i raggi del sole o avvicinandosi ad un termosifone in funzione. Altrettanto semplici sono le pratiche diffuse da sempre per controllare questo calore radiante, come l’impiego di tende o l’applicazione di vernici di colore bianco a tetti e pareti.

Ma se raffrescare casa modificando la colorazione del tetto è abbastanza semplice, lo stesso non si può dire delle superfici trasparenti e delle pareti. I tetti sono quasi sempre orientati verso l’alto, questo consente alla luce solare di riflettere sulla superficie e irradiare calore a onde lunghe verso il cielo infine nello spazio. Le pareti e le finestre invece, subiscono il calore irradiato non solo dal sole, ma anche dai vicini edifici, dalla strada, dal marciapiedi, creando quello che si definisce effetto isola di calore. Ciò significa che, anche se muri e vetrate irradiano calore verso il cielo, verranno comunque riscaldati da terra.

La soluzione dei ricercatori di Princeton

Secondo il team di ricercatori la soluzione sta nella differenza di modalità con cui il calore si sposta dagli edifici al suolo o dagli edifici al cielo. In quest’ultimo caso il calore radiante si muove dagli edifici al cielo in una porzione ristretta dello spettro infrarosso nota come finestra di trasmissione atmosferica (narrowband). A livello del suolo invece il calore si muove attraverso l’intero spettro infrarosso (broadband).

“Rivestendo pareti e finestre con materiali che irradiano o assorbono calore solo nella finestra atmosferica, possiamo ridurre il guadagno di calore a banda larga dal suolo in estate e la perdita in inverno, mantenendo l’effetto rinfrescante del cielo. Riteniamo che questa idea non abbia precedenti e vada oltre ciò che i tradizionali involucri di tetti e pareti possono ottenere”, ha affermato Mandal.

Il risultato è importante per due motivi. In primo luogo la ricerca dimostrano che molte prestazioni passive per raffrescare casa con successo potrebbero arrivare semplicemente dall’applicazione di materiali comuni su pareti, tetti e finestre che irradiano calore nella narrowband e bloccano il calore nella broadband. Materiali come il fluoruro di polivinile, già utilizzato come materiale di rivestimento, potrebbero essere adattati allo scopo, così come anche le plastiche più comuni. In secondo luogo il team si è accorto che gli impatti energetici su scala edilizia del loro sistema sono sostanzialmente paragonabili a quelli ottenuti verniciando di bianco pareti e tetti, ma con costi decisamente più ridotti. 

“Il meccanismo che abbiamo proposto è completamente passivo, il che lo rende un modo sostenibile per riscaldare e rinfrescare casa con le stagioni e ottenere risparmi energetici non sfruttati”, ha affermato Mandal. “In effetti, i vantaggi dei meccanismi e dei materiali che mostriamo sono maggiori per gli edifici nel sud del mondo. Quindi, potrebbe essere una soluzione più equa nelle comunità povere di risorse, tanto più che vedono aumentare la domanda di raffreddamento e la mortalità legata al caldo”.

L’articolo è stato pubblicato sulla rivista Cell Reports Physical Science.

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.