Un team dell’Università di Waterloo ha sviluppato una facciata a doppia pelle contenente un bioreattore a microalghe che oltre ad isolare termicamente l’edificio permette di produrre energia
Grazie all’apprendimento automatico il bioreattore ha aumentato dell’80% la produzione di biomassa
Arriva dall’Università di Waterloo la duplice sperimentazione che permetterà di trasformare l’involucro dell’edificio in un produttore di energia sfruttando il potenziale delle microalghe. Il fulcro della sperimentazione è la possibilità di sfruttare al meglio la superficie verticale degli edifici soprattutto in contesti climatici dove il clima è più rigido ed a causa delle nevicate, i pannelli fotovoltaici in copertura risultano meno efficaci nel contribuire al fabbisogno energetico complessivo.
E se a fare la “magia” sono organismi microscopici contenuti in fotobioreattori interni alla faccia a doppia pelle, il successo del progetto è garantito.
Il potere delle microalghe inserite nella facciata
Emissioni e sprechi purtroppo accomunano gran parte degli edifici. Migliorare la qualità termica dell’involcuro è perciò un obiettivo comune del comparto, sia che ci si trovi ad operare in climi caldi che in climi più freddi.
Ma se oltre a proteggere dalle temperature esterne, la pelle dell’edificio diventasse essa stessa un produttore di energia pulita e rinnovabile?
E’ questo l’obiettivo del duplice progetto del dott. Mohamad Araji, direttore di Ingegneria architettonica e professore presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Waterloo, che ha combinato il potere delle microalghe e quello del machine learning (apprendimento automatico) per creare una facciata a doppia pelle smart ed energeticamente autosufficiente.
“L’applicazione di microalghe negli edifici trasforma l’architettura efficiente dal punto di vista energetico in sistemi viventi e sostenibili che catturano il carbonio, riducono i carichi termici e riducono la domanda e i costi energetici” ha sottolineato Araji.
Il primo passaggio del progetto ha previsto l’inserimento di un fotobioreattore che coltiva microalghe, all’interno dell’intercapedine tra i due strati vetrati di una facciata a doppia pelle.
Il sistema aumenta l’isolamento termico assorbendo la luce solare indispensabile per la sopravvivenza delle microalghe. Ma è con il secondo passaggio che la ricerca punta a trasformare l’involucro in un produttore di energia.
Apprendimento automatico aumenta la produttività dell’80%
In questo caso il merito va ad un software di apprendimento automatico sviluppato da Araji e Adham Elmalky, un neolaureato di dottorato del Dipartimento di Ingegneria meccanica e meccatronica. Il software ha permesso di studiare tutte le possibili geometrie utilizzabili per la costruzione della facciata a doppia pelle, fino ad individuare quella migliore per la produttività delle microalghe.
La configurazione vincente ha consentito al bioreattore di aumentare la crescita della biomassa dell’80%. Dotando l’edificio della giusta infrastruttura, questa biomassa potrebbe essere trasformata in biocarburante per la generazione di energia pulita in loco.
In futuro, gli ingegneri di Waterloo intendono collaborare con l’industria e altri team di ricerca per migliorare la progettazione del fotobioreattore, concentrandosi sulla riprogettazione della parete interna in vetro.
Le ricerche “Optimization models for photosynthetic bioenergy generation in building façades” e “Neural Networks for Monitoring Microalgae Biomass in Building Façades”, sono state pubblicate rispettivamente sulle riviste Renewable Energy Journal e Journal of Technology|Architecture + Design.