Quando il rispetto per la natura incontra l'efficienza energetica, nascono le eccellenze architettoniche: un rifugio alpino autosufficiente, modulare, temporaneo e confortevole.
Se scalando le alte vette del Monte Bianco, vi capita di imbattervi in una costruzione in legno sorprendentemente futuristica, niente panico, si tratta di LEAP, Living Ecological Alpine Pod, un rifugio alpino di ultimo grido ma ad impatto zero. Una vera e propria baita “tubolare” temporanea ad energia solare, composta secondo una struttura modulare, con materiali di riciclo ma di alta qualità e ad impatto zero. La paternità del progetto è tutta italiana, ed è nata nel segno della sostenibilità e del rispetto ambientale, argomento più che mai importante considerando la sua collocazione geografica: a 3.000 metri d’altitudine sul ghiacciaio Fréboudze.
La struttura pesa complessivamente 2.000kg, ma la modularità della struttura permette di decidere a priori di quali e quanti ambienti avrò a bisogno. Prescindendo dal contesto nel quale è stato attualmente inserito, il progetto LEAP, racchiude in se tutte le caratteristiche indispensabili delle strutture temporanee d’eccellenza, dove il carattere passeggero dell’edificio non influisce sull’elevata qualità degli spazi e sul bassissimo impatto ambientale, un modello esportabile ed eventualmente utilizzabile anche in situazioni di emergenza.
Un modulo per ogni esigenza
La tipologia installata sul Monte Bianco è composta da sei moduli, raggiungendo una superficie di 29mq interni in grado di ospitare fino a 12 persone: servizi igienici, zona notte, unità giorno munita di cucina elettrica, unità ingresso dotata di bussola termoisolante per evitare dispersioni di calore, modulo di copertura con film fotovoltaico incorporato, la testata trasparente composta da lastre acriliche antiabrasione che si apre sull’ambiente circostante.
Ecologia di qualità
L’ambiente che circonda il rifugio è incontaminato, la natura domina completamente il panorama e la tecnologia della struttura LEAP non cerca in nessun modo di mimetizzarsi al contesto, volutamente i progettisti hanno interpretare questo rifugio come un elemento di passaggio, che prima o poi, nello stesso modo in cui è arrivato, se ne andrà, venendo trasportato nuovamente a valle senza lasciare tracce di alcun tipo.