Nuovo studio per aiutare la facciata a “comportarsi ” come un organismo vivente
(Rinnovabili.it) – Facciate dinamiche in grado di mutare l’aspetto esterno degli edifici ma anche il microclima interno. Per il mondo dell’architettura non si tratta più di una novità. Gli involucri adattativi si sono ritagliati nel tempo una nicchia di mercato, grazie a diverse innovazioni che hanno raggiunto la maturità commerciale. E oggi si contano quasi un centinaio di applicazioni in edifici di tutto il mondo.
Nonostante ciò le potenzialità sfruttate sono minime e le applicazioni finali richiedono ancora diversi anni di ricerche e studi. Si inserisce in questo trend anche il lavoro condotto da un gruppo di ingegneri dell’Università di Toronto. Il team ha ideato un nuovo sistema di ombreggiamento dinamico che consentirebbe alle facciate di comportarsi come un organismo vivente. Non sorprende dunque che l’ispirazione alla base del concept sia proprio un animale. Per la precisione il krill, piccolo crostaceo in grado di cambiare colore per proteggersi dalle radiazioni solari. Questi minuscoli organismi marini sono solitamente quasi trasparenti, ma hanno la capacità di aggregare i pigmenti delle cellule per ottenere un cambiamento fisiologico e morfologico del colore. In altre parole diventano più scuri o più chiari a seconda delle necessità.
Facciate dinamiche, come funzionano le celle optofluidiche?
Gli ingegneri dell’ateneo canadese hanno ripreso questo concetto per elaborare nuove facciate dinamiche bioispirate. Il prototipo è composto da celle optofluidiche che possono passare da trasparente a opaco su richiesta, utilizzando relativamente poca energia. All’interno della cella è contenuto uno strato di olio minerale di 1 mm stretto tra due fogli di plastica. Per pigmentarlo, una piccola quantità di acqua contenente un colorante viene iniettata nella cellula attraverso un tubicino collegato, creando una sorta di “fioritura” colorata più scura. Più pigmento viene pompato, maggiore sarà la fioritura, mentre una differente portata cambia la forma finale. Le basse portate creano uno schema circolare, mentre le velocità più elevate producono strutture ramificate simili ad alberi. Il processo è ovviamente reversibile.
“Siamo interessati a come i ‘fluidi confinati’, di sostanze chimiche ecologiche e sostenibili, possono essere utilizzati per modificare le proprietà dei materiali”, afferma professor Ben Hatton, che ha supervisionato il lavoro. “È molto versatile: non solo possiamo controllare la dimensione e la forma dell’acqua in ogni cellula, ma possiamo anche regolare le proprietà chimiche o ottiche del colorante nell’acqua. Può essere qualsiasi colore o opacità che vogliamo”.
Edifici vivi per un’estetica in cambiamento
Oltre ai prototipi, il team ha lavorato con Alstan Jakubiec della Daniels Faculty of Architecture, per costruire modelli computerizzati che simulassero il modo in cui un sistema completamente automatizzato basato su queste celle possa essere comparato ad uno captato di persiane motorizzate o finestre elettrocromiche.
“Quello che abbiamo scoperto è che il nostro sistema potrebbe ridurre l’energia necessaria per il riscaldamento, il raffreddamento e l’illuminazione fino al 30% rispetto alle altre due opzioni”, afferma il ricercatore Raphael Kay. “La ragione principale di ciò è che abbiamo un controllo molto più preciso sull’estensione e sui tempi della schermatura solare. Il nostro sistema è analogo all’apertura e alla chiusura di centinaia di minuscole persiane in luoghi e orari diversi su una facciata. Possiamo ottenere tutto questo con un flusso di fluido semplice, scalabile ed economico”.
Il gruppo ritiene che l’invenzione abbia potenzialità anche in campo artistico. Grandi array di celle potrebbero, infatti, agire come pixel, creando display optofluidici in grado di produrre opere d’arte in stile puntinista. Nei loro modelli, il team ha persino simulato immagini di personaggi famosi come Albert Einstein e Marilyn Monroe.
Hatton spera che l’idea di utilizzare facciate dinamiche fornisca una nuova arma per la decarbonizzazione delle costruzioni. “Nel mondo sviluppato, gli edifici sono responsabili di qualcosa come il 40% delle nostre emissioni, che è più di qualsiasi altro singolo settore”, afferma lo scienziato. “In parte il motivo è che abbiamo progettato gli edifici in modo da essere rigidi.Quelli dinamici e adattivi potrebbero ridurre i gradienti di temperatura e luce diurna contro i quali dobbiamo lottare e potenzialmente risparmiare molta energia. Ci auguriamo che il nostro contributo susciti l’immaginazione delle persone”.