Una fitta rete di piccolissimi tunnel che collegano lo spazio interno all'esterno per facilitare la ventilazione, ridurre l'inquinamento indoor e massimizzare il comfort interno. Un esempi perfetto di bioedilizia? No, la descrizione di un Termitaio
L’obiettivo della ricerca è produrre il metamateriale stampato in 3D per edifici passivi capaci di autoregolarsi a livello termico
(Rinnovabili.it) – Ancora una volta è la natura ad ispirare la creatività umana. Tra le innumerevoli costruzioni prodotte dal mondo animali, i termitai sono senza dubbio un esempio unico di ingegneria. Sono esattamente queste costruzioni ad aver ispirato il team di ricercatori dell’Università di Lund e della Nottingham Trent University impegnati nella realizzazione di edifici passivi capaci di consumare meno energia, mantenendo elevato il comfort interno e abbattendo le emissioni di carbonio connesse all’uso di aria condizionata.
In uno studio pubblicato su Frontiers in Materials i ricercatori hanno mostrato come gli intricati tunnel dei termitai possano ispirare l’ingegneria delle costruzioni.
Il complesso d’uscita
I ricercatori si sono concentrati sullo studio di una particolare tipologia di macro termite della Namibia. I termitai di questa specie possono essere composti oltre un milione di individui, nonostante ciò il micro clima interno alla costruzione di fango è sempre perfetto, nonostante il variare delle temperature esterne. A fare la differenza è l’intricata rete di tunnel esterni larghi tra i 3 mm e i 5 mm che collega i condotti più ampi dell’interno. Durante la stagione delle piogge, tra novembre ed aprile, la rete esterna si estende sulla superficie a nord direttamente esposta al sole di mezzogiorno. Negli altri periodi dell’anno invece le termiti tengono bloccati i tunnel d’uscita esterna. In questo modo il complesso termitaio è pensato per consentire l’evaporazione dell’umidità in eccesso, pur mantenendo sempre adeguata la ventilazione. Ma in che modo si potrebbe trasferire questa caratteristica alla progettazione di edifici passivi?
Riprodurre il metamateriale con la stampante 3D
Per capire il funzionamento di questo ingegnoso meccanismo, i ricercatori hanno riprodotto con la stampa 3D un frammento di questa rete di tunnel di uscita dello spessore di circa 4 cm con un volume di 1,4 litri e il 16% dei tunnel.
Con un altoparlante hanno simulato il vento guidando una miscela di ossigeno e CO2 attraverso il frammento, monitorando il trasferimento dell’aria grazie ad un sensore. Sono riusciti così a determinare che, a determinate frequenze, il vento in ingresso genera delle particolari turbolenze interne, il cui effetto è quello di allontanare i gas nocivi e l’umidità dal cuore del termitaio.
“Quando si ventila un edificio, si vuole preservare il delicato equilibrio di temperatura e umidità creato all’interno, senza ostacolare il movimento dell’aria viziata verso l’esterno e l’aria fresca verso l’interno. La maggior parte dei sistemi HVAC fanno fatica a farlo. Qui abbiamo un’interfaccia strutturata che consente lo scambio di gas respiratori, semplicemente guidati da differenze di concentrazione tra un lato e l’altro. Le condizioni all’interno sono così mantenute”, ha spiegato il Dr. Rupert Soar, professore associato presso la School of Architecture, Design and the Built Environment della Nottingham Trent University.
Ciò che i ricercatori proveranno a fare nel prossimo futuro sarà trasferire le proprietà igrotermiche del termitaio all’involucro degli edifici passivi. Il risultato saranno muri stampati in 3D contenenti una rete di micro tunnel aperti verso l’esterno, attraverso sensori e attuatori incorporati l’aria verrà spostata a seconda dell’esigenza, utilizzando piccolissime quantità di energia.
“La stampa 3D su scala edilizia sarà possibile solo quando saremo in grado di progettare strutture complesse come in natura. Il complesso di uscita dei tunnel è un esempio di una struttura complicata che potrebbe risolvere più problemi contemporaneamente: mantenere il comfort all’interno delle nostre case, mentre si regola il flusso di gas respiratori e umidità attraverso l’involucro dell’edificio” conclude Soar. “Siamo vicinissimi alla transizione verso una costruzione simile alla natura: per la prima volta, potrebbe essere possibile progettare un vero edificio vivente e che respira”.