La prima proposta di revisione della Direttiva EPBD sulle Prestazioni Energetiche degli Edifici venne presentata il 15 dicembre 2021
(Rinnovabili.it) – Dopo due anni di revisione la Direttiva Epbd sulle Prestazioni Energetiche degli edifici si avvicina alla sua definizione. E’ atteso per domani l’ultimo appuntamento del Trilogo (Parlamento, Commissione e Consiglio dell’UE), che farà luce sul testo licenziato e condiviso dai tre organi decisionali. Se nella sua prima versione i target da raggiungere puntavano in alto, tanto da scatenare le proteste di alcuni Stati membri tra i quali anche l’Italia. Nella sua versione rivista e corretta dopo i primi due appuntamenti istituzionali, sembrerebbe invece prevalere una linea più morbida. Ma quale sarebbe il prezzo di una Direttiva case Green troppo poco incisiva?
Secondo l’European Environmental Bureau (EEB), il più grande network europeo di organizzazioni di cittadini ambientaliste, a rischio c’è il raggiungimento stesso dei target di decarbonizzazione.
Secondo l’EEB il problema è la disinformazione
Il compito della Direttiva EPBD è prima di tutto quello di rendere gli edifici europei “a prova di crisi climatica ed energetica”, migliorando la qualità costruttiva di quel 75% di immobili europei considerato inefficiente dal punto di vista energetico.
“Con la sua ambizione di tagliare la domanda di energia fossile in uno dei mercati di gas più grandi del mondo, l’EPBD è diventata un obiettivo primario per la lobby dell’energia fossile”, sostiene senza mezzi termini l’EEB, scagliandosi poi sulle pubblicità ingannevoli condotte a favore dell’inefficienza delle fonti rinnovabili.
Se il testo della Direttiva EPBD ricalcasse l’ultima bozza uscita dal Trilogo di ottobre, verrebbero meno i target tempistici imposti agli stati membri per intervenire sui singoli edifici energivori.
Nella sua prima versione, quella più rigida proposta dal Parlamento, la Direttiva case Green infatti definiva il raggiungimento minimo almeno della Classe energetica E entro il 2030 per tutti gli edifici residenziali. L’intervento prevedeva di agire in maniera prioritaria sul 15% degli edifici più energivori di ciascuno Stato Membro. Ma l’ultima bozza non piace al Bureau EEB.
“Gli Stati membri e il Consiglio dell’UE hanno fortemente attenuato i requisiti, lasciando quasi completamente il percorso di rinnovamento alla discrezione nazionale. Il rischio di non rispettare i piani nazionali è l’inazione, poiché i governi potrebbero temere una reazione pubblica come è accaduto in Germania. Inoltre, poiché gli impatti sociali e climatici della legge dipendono da 27 piani separati, un monitoraggio efficace da parte della Commissione europea rappresenterà una sfida enorme”, proseguono nella critica.
E’ bene ribadire però che sono sostanziali le differenze del patrimonio immobiliare tra ciascuna nazione europea. Interventi più semplici da raggiungere per uno Stato potrebbero dover richiedere più tempo ad un altro. Di fatto è proprio questo il principale problema di cui era stata accusata al Direttiva EPBD: tempi troppo stretti e poco margine di manovra.
L’ultima parola spetterà domani ai rappresentanti delle tre istituzioni europee, dopodichè sarà compito degli Stati Membri recepire, al meglio, la Direttiva EPBD.