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Decarbonizzazione edifici: Ance, senza incentivi serviranno 630 anni per efficientarne il 15%

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Prima del Superbonus gli interventi di riqualificazione totale erano in media poco meno di 2.900 interventi l’anno

(Rinnovabili.it) – Secondo l’ANCE senza un adeguato sistema di incentivi e finanziamenti che vada almeno ad equiparare il risultati raggiunti con il Superbonus, servirebbero ben 630 anni per la decarbonizzazione degli edifici del solo 15% del patrimonio, il primo step imposto dalla Direttiva UE Case Green.

E se si arriva a guardare al 2050, ovvero la totale decarbonizzazione degli edifici, l’orizzonte si amplia fino ad arrivare addirittura a 3.800 anni.

Sembrano cifre incredibili eppure è il calcolo a cui è giunta Ance, Associazione Nazionale Costruttori Edili, partendo dalle esperienze maturate sino ad ora. Le ultime stime parlano di un patrimonio immobiliare per il 60% in classe energetica F e G, le meno performanti.

Gli obiettivi posti dalla Direttiva coinvolgeranno fino al 2033, circa 2 milioni di edifici, un numero che, secondo le stime dell’Ance, si traduce in circa 200.000 interventi su singoli edifici (di cui 180.000 privati), per un costo che può aggirarsi tra i 40 e i 60 miliardi di euro ogni anno”. Sottolinea l’Associazione in occasione dell’audizione alla Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo.

Politiche finanziare ed incentivi per aiutare i privati alla decarbonizzazione degli edifici

Una sfida molto ambiziosa, commenta Romain Bocognani, il Vicedirettore generale dell’associazione, se si pensa che grazie al Superbonus 110%, ovvero l’incentivo che ha visto la partecipazione maggiore, sono stati realizzati poco meno di 100mila interventi nel 2021 e circa 260mila nel 2022. E’ chiaro che per garantire il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione egli edifici imposti dalla Direttiva Ue sulle prestazioni energetiche degli edifici, non basteranno le sole disponibilità economiche dei proprietari.

L’esperienza dei risultati precedenti al Superbonus di interventi su interi edifici (quelli che l’Europa ci impone di realizzare) mostra numeri insignificanti (2.900, in media di anno, tra il 2018 e il 2020)”. Per poterci attenere alle disposizioni europee dovremmo dunque almeno mantenere il tasso di rinnovamento raggiunto nell’ultimo anno, possibile solo grazie ad una misura di grande aiuto alle famiglie, ma allo stesso tempo “poco sostenibile” da parte della Stato.

Non bisogna poi dimenticare che rispetto alla media europea il Bel Paese preferisce abitare il case di proprietà piuttosto che in affitto. I dati Eurostat parlano del 75,1 per cento di persone proprietarie di casa per l’Italia, rispetto ai 63 per cento della Francia o al solo 42% della Svizzera. Una variabile che rende ancora più difficile la gestione dei vincoli imposti dalla Direttiva ed alla quale si aggiungeranno le inevitabili svalutazioni degli immobili nelle classi meno performanti.

Coinvolgimento degli operatori

Tra le critiche sollevate da Ance c’è poi un chiaro riferimento al mancato coinvolgimento degli operatori economici nel processo di formazione degli atti che “hanno un impatto sulle loro attività”. Che tradotto è un chiaro riferimento al recente aggiornamento del Manuale di Eurostat sulla quantificazione del debito e del deficit degli Stati membri riferito alla pagabilità o meno dei crediti edilizi generati con il Superbonus.

Il ricorso a procedure di comitatologia o similari, ha di fatto escluso completamente le imprese dalla possibilità di esprimere le loro considerazioni relativamente ad un documento decisivo per la cessione dei crediti fiscali relativi ai bonus edilizi, per le politiche di riqualificazione degli edifici in Italia e per migliaia di famiglie e imprese che aspettano di capire se riusciranno a completare e vedere pagati i cantieri in corso”.

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