Nel progetto Lavaforming, l'architetto islandese Palmadottir ha immaginato tre possibili soluzioni per sfruttare la lava fusa delle eruzioni vulcaniche come materiale da costruzione
Le eruzioni vulcaniche emettono cinque volte meno emissioni del processo di produzione del calcestruzzo
(Rinnovabili.it) – Gli scenari del mondo futuro non sono decisamente rosei e le ondate di calore che si sono abbattute sull’Europa ed in altre parti del mondo non hanno sicuramente aiutato. Ma cosa succederebbe se uno dei comparti più impattanti a livello ambientale, imparasse a sfruttare al meglio le risorse naturali a disposizione trasformandole in materiali da costruzione inusuali, ma comunque efficaci? E’ da qui che è partito il lavoro di ricerca dell’architetto islandese Arnhildur Pálmadóttir e del suo progetto Lavaforming. L’idea è quella di usare la lava fusa dell’eruzione dei vulcani, quale materiale da costruzione innovativo e ad emissioni ridotte.
Si perchè a livello di CO2 prodotte, un’eruzione vulcanica resta comunque 5 volte sotto i livelli di emissione prodotti dalla produzione di calcestruzzo.
Tre scenari possibili secondo il progetto Lavaforming
Il progetto Lavaforming è stato l’oggetto di una recente mostra a Reykjavík durante la quale l’architetto ha illustrato le possibili soluzioni che consentirebbero di “imprigionare” la lava per farne un materiale da costruzione.
La prima immagina la realizzazione di apposite trincee in cui far confluire la lava durante una classica eruzione naturale. Un evento tutt’altro che raro per l’Islanda, dove il fenomeno si ripete circa ogni 5 anni. Ma la soluzione potrebbe essere riadattata anche a qualsiasi altro vulcano nel mondo. Le trincee condurrebbero la lava attraverso le fondamenta di una ipotetica nuova città.
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La seconda soluzione si applica prima che una eruzione avvenga. Sondando il terreno si individuano le sacche di magma incandescente. In questo modo si potrebbe sfruttare sia l’energia geotermica che trivellare direttamente fino al magma per poi estrarlo. E qui si inserisce la terza ipotesi del progetto Lavaforming, nella quale si immagina di modellare la lava grazie all’ausilio di stampanti 3D.
Sia la NASA che il Mit stanno già studiando soluzioni per sfruttare il vetro fuso o l’argilla fusa per la stampa 3D, rendendo il progetto islandese un po’ meno lontano dalla realtà.
Nonostante sembri unicamente utopistico, Lavaforming punta più che altro a mostrare le potenzialità che potrebbero avere materiali naturali insoliti.