Ha ricevuto il via libera dal CdM il dlgs sulla riforma del Codice Appalti, ma le modifiche apportate non soddisfano la filiera.
Tra le modifiche al Codice Appalti l’innalzamento delle soglie per l’affidamento diretto, l’appalto integrato, la revisione dei prezzi e la riduzione dei tempi dei procedimenti
(Rinnovabili.it) – Il Consiglio dei Ministri ha approvato in fase preliminare la riforma del Codice Appalti prevista dal PNRR per la semplificazione dell’affidamento delle opere pubbliche. La revisione del testo elaborato prima dal Governo Draghi è arrivata su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini per snellire le procedure.
Purtroppo però le novità introdotte al nuovo Codice Appalti non mette d’accordo tutti. Secondo quanto stabilito dalla Legge Delega, c’è tempo solo fino al 9 gennaio 2023 per varare il nuovo codice, concedendo di fatto 6 mesi per la sua revisione. Il problema è che, dopo la prima bozza del testo il Governo è cambiato e con lui anche il Codice Appalti.
Tutto il lavoro fatto dalla filiera delle costruzioni nella discussione preliminare si è perso. Il Ministro Salvini ha attivato tavoli di confronto e consultazioni, ma ai quali gli attori del settore edile sembrano aver partecipato marginalmente.
Lo scontento degli Architetti
Grande preoccupazione da parte degli architetti sul nuovo Codice Appalti. Per il CNAPPC il testo dimentica completamente l’importanza delle fasi iniziali di progettazione, puntando solo sulla velocità, ma troppo poco sulla qualità dell’opera.
“Non sempre però la semplificazione porta ai risultati sperati: abbassare la soglia dei controlli apre varchi a tante illegalità, penalizza le imprese qualificate e mette in secondo piano qualità del progetto e delle opere pubbliche, con buona pace della invocata maggiore efficienza delle Stazioni Appaltanti”, commenta il Presidente del Consiglio Nazionale Architetti PPC Francesco Miceli.
“Servirebbero, quindi, continua, capacità programmatorie e progettuali in termini di innovazione e di qualità. Gli estensori del testo del nuovo Codice hanno ritenuto, al contrario, che la fase progettuale e, soprattutto, il risultato della qualità dell’opera da realizzare, siano aspetti del tutto secondari e marginali dimostrando di non avere compreso che la fase della progettazione è fondamentale all’interno del processo”.
Critiche sull’appalto integrato
“Avere riportato in auge l’appalto integrato, cioè affidando progettazione esecutiva ed esecuzione all’impresa, conferma il nostro giudizio critico sul nuovo Codice, anche nella considerazione che l’esperienza fin qui svolta ha dimostrato molte criticità. L’appalto integrato ha prodotto per gran parte enormi conteziosi tra imprese e stazioni appaltanti, opere incompiute e risultati del tutto deludenti: riproporlo ed estenderlo è un grave errore”, prosegue il CNAPPC che si scaglia poi anche sul ridimensionamento dell’affidamento dei servizi di progettazione attraverso i concorsi in due fasi.
Sulle soglie di affidamento diretto senza bando, portate a 5mln e 300 mila euro si esprime anche ANCE attraverso un’intervista su Il Corriere della Sera. “Va bene il principio di semplificazione, però forse quella soglia è eccessiva visto che si parla del 90% degli appalti”.
“E’ grave – conclude il Presidente del CNAPPC – che le norme del nuovo Codice privilegino segmenti forti del sistema, basati sul processo organizzato in grado di dare risposte seriali e ripetitive, penalizzando l’ambito professionale impegnato nella ricerca di soluzioni progettuali di qualità”. Positivo il commento di Ance sulla clausola della revisione dei prezzi. “E’ Stata finalmente inserita quando finora sembrava un tabù. Ma il riconoscimento di risarcimento solo dell’80% all’impresa in caso di rialzo dei prezzi ci sembra toppo basso”.
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L’auspicio di tutto è che vengano attivate al più presto tavole di confronto tra il Governo, la filiera delle costruzioni e le varie attività produttive, per correggere il tiro prima che sia troppo tardi.