Passare dall'acciaio e cemento a case fatte solo di legno è l'unica soluzione vincente per contrastare il cambiamento climatico. Ma solo dopo un'attenta pianificazione dei suoli.
Costruire solo case in legno entro il 2100 richiederebbe 140 mln di ettari di legname aggiuntivo
(Rinnovabili.it) – Uno dei dubbi che spesso vengono sollevati sull’incentivare la costruzione di grattacieli e case in legno su larga scala è la provenienza del legname necessario. Se da oggi in poi, volessimo costruire edifici utilizzando unicamente il legno, al posto di cemento ed acciaio, faremmo davvero bene all’ambiente o sottrarremmo solo suolo utile all’agricoltura ed alla biodiversità?
I ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) hanno provato a rispondere a questa domanda ed il risultato è sicuramente incoraggiante.
Attraverso uno studio pubblicato su Nature Communications, gli scienziati hanno per la prima volta analizzato l’impatto sull’uso del suolo di una transizione su larga scala verso città fatte di legno. All’interno delle studio si è tenuto conto dello stoccaggio a lungo termine del carbonio nei prodotti legnosi, delle emissioni prodotte dal cambio d’uso del suolo e del conseguente impatto sulla produzione alimentare dovendo aumentare il numero di piantagioni di alberi per il settore edile.
Un bilancio nettamente positivo
Nonostante sembrino prendere sempre più piede gli studi che sostengono che la popolazione mondiale possa diminuire entro la fine del secolo, è bene fare le dovute considerazioni qualora lo scenario al 2100 sia invece quello dipinto dall’ONU, che vede l’umanità crescere fino a superare i 10 miliardi di persone. Secondo il team della PIK, dirottare l’industria delle costruzioni verso case in legno tra i 4 e i 12 piani, piuttosto che in acciaio e cemento, permetterebbe una riduzione delle emissioni di CO2 di 100 Gt entro il 2100.
“La produzione di legno ingegnerizzato rilascia molto meno CO2 rispetto alla produzione di acciaio e cemento”, afferma Abhijeet Mishra autore dello studio. “Il legno ingegnerizzato immagazzina anche carbonio, rendendo le città del legno un unico pozzo di carbonio a lungo termine: entro il 2100, ciò permetterebbe di risparmiare oltre 100 Gt di emissioni di CO2 aggiuntive, equivalente al 10% del bilancio di carbonio rimanente per l’obiettivo di 2°C”.
Più case in legno, ma nessuna riduzione di terreni agricoli
Con l’aiuto del software open source MagPIE per mappare l’allocazione dell’uso del suolo, il team ha analizzato 4 differenti scenari: uno convenzionale che vede prevalere cemento e acciaio, e tre che considerano invece un aumento della domanda di legname. Il risultato ha evidenziato che, se accuratamente progettato, l’uso intensivo di legname, si rivelerebbe la scelta migliore per l’ambiente.
Per non impattare sull’uso del suolo a destinazione agricola, il legno necessario (circa 140 mln di ettari aggiuntivi) proverrebbe da piantagioni forestali compatte che occupano ridotta superficie. Oltre che da una normale manutenzione dei boschi naturali.
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Ovviamente devono essere esclusi dalla conversione in piantagioni per l’edilizia, tutte le foreste e le aree protette, essenziali per la biodiversità mondiale. In questo modo, il quantitativo di CO2 stoccata all’interno del legno, ovvero quella assorbita dagli alberi durante la loro vita, andrebbe ad impattare in maniera decisamente positiva sul bilancio finale.
Mishra conclude: “Il nostro studio sottolinea che le case urbane fatte di legno potrebbero svolgere un ruolo vitale nella mitigazione dei cambiamenti climatici a causa del loro potenziale di stoccaggio del carbonio a lungo termine. Sono però necessarie una forte governance e un’attenta pianificazione per limitare gli impatti negativi sulla biodiversità e garantire un transizione sostenibile verso le città in legno”.