Per diventare legge, la Direttiva EPBD dovrà ora essere approvata formalmente anche dal Consiglio dell’Unione europea
(Rinnovabili.it) – Con 370 voti a favore, 1999 contrari e 46 astenuti, anche il Parlamento Europeo ha dato il suo benestare alla revisione della Direttiva EPBD, conosciuta anche come Case Green. Un iter lungo ed impegnativo iniziato nel dicembre del 2021 quello che ha portato alla definizione delle nuove regole per ridurre il consumo energetico e le emissioni di gas serra del settore edilizio. Ad un anno dall’approvazione della proposta negoziale da parte del PE, poi sottoposta al Trilogo, il testo si è decisamente ammorbidito rispetto alla versione iniziale, lasciando decisamente più margine di manovra agli Stati Membri. Vediamo come è cambiata la Direttiva Case Green.
I nuovi edifici nella Direttiva Case Green
Secondo la nuova Direttiva Energy performance of buildings tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere ad emissioni zero a partire dal 2030 (prima era a partire dal 2028). Target anticipato al 2028 per gli edifici nuovi occupati da autorità pubbliche.
Ristrutturare il patrimonio esistente
Il nuovo testo abbandona l’idea della classe energetica minima, a favore di un approccio più generalizzato. dove prima c’era l’obiettivo della Classe energetica E entro il 2030 e D entro il 2033, oggi per gli edifici residenziali, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035.
Ciascuno Stato membro dovrà inoltre tenere conto, nel calcolare le emissioni, del potenziale impatto sul riscaldamento globale del corso del ciclo di vita di un edificio, inclusi la produzione e lo smaltimento dei prodotti da costruzione utilizzati per realizzarlo. Per il non residenziale invece, la nuova Direttiva Case Green impone agli Stati membri la ristrutturazione del 16% degli edifici con le peggiori prestazioni entro il 2030 e del 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica.
Le esenzioni
Da sempre la Direttiva EPBD ha previsto determinate esenzioni per edifici con caratteristiche particolari. La nuova normativa non si applica agli edifici agricoli e agli edifici storici, e i Paesi membri potranno decidere di escludere anche gli edifici protetti per il particolare valore architettonico o storico, gli edifici temporanei, le chiese e i luoghi di culto.
Addio caldaie a combustibile fossile
Entro il 2040 gli Stati membri dovranno predisporre misure vincolanti per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento eliminando, gradualmente, i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffreddamento entro il 2040.
A partire dal 2025, sarà vietata la concessione di sovvenzioni alle caldaie autonome a combustibili fossili. Saranno tuttavia ancora possibili gli incentivi a favore degli impianti ibridi che usano una quantità significativa di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore.
Direttiva EPBD: gli impianti solari
Se tecnicamente ed economicamente fattibile, i Paesi membri dovranno garantire l’installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici e non residenziali, in funzione delle loro dimensioni, e in tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030. Per diventare legge, la direttiva dovrà ora essere approvata formalmente anche dal Consiglio dell’Unione Europea
I favorevoli ed i contrari
Soddisfatto Ciarán Cuffe, relatore della Direttiva EPBD che ha dichiarato in chiusura dei lavori: “La direttiva sulle prestazioni energetiche nell’edilizia mostra chiaramente come la politica climatica possa avere benefici reali e immediati per le fasce di popolazione più vulnerabili della nostra società. Questa legge contribuirà a ridurre le bollette energetiche e ad affrontare le cause profonde della povertà energetica, offrendo nel contempo migliaia di posti di lavoro locali di alta qualità in tutta l’economia europea. Nonostante la direttiva sia il pezzo finale del più grande puzzle che è il Fit for 55%, ciò non ne diminuisce l’importanza. Contrastando il 36% delle emissioni di CO2 dell’Europa, aggiunge un pilastro assolutamente essenziale al Green Deal europeo. Il risultato di oggi dimostra che il Parlamento continua a sostenere un Green Deal che garantisca, nella stessa misura, equità e ambizione”.
Sul fronte nazionale non tutti sono soddisfatti di questo nuovo testo, aspramente criticato nella sua versione originale. E’ il caso di Confedilizia, che attraverso le parole del suo presidente Giorgio Spaziani Testa, ha dichiarato: “Per due anni la Confedilizia si è battuta – con successo, al termine del percorso – per eliminarne le parti più pericolose per il risparmio degli italiani: quelle, in particolare, che imponevano rilevanti e costosi interventi su milioni di immobili entro scadenze quasi immediate. Rimane un testo dagli obiettivi finali ben difficilmente realizzabili (emissioni zero nel 2050), che la nuova legislatura europea farebbe bene a ripensare”. “Occorre pensare a una distribuzione equilibrata nel tempo degli interventi e ad adeguate misure economiche e fiscali di sostegno. Il tutto, senza dimenticare che il nostro territorio ha una priorità che a Bruxelles non scalda i cuori quanto il green: quella del miglioramento sismico degli edifici”.