Il cappotto termico resta l’intervento di efficientamento energetico preferito dagli italiani
(Rinnovabili.it) – Grazie al nuovo indicatore ISEA, Indice di Sostenibilità Economica e Ambientale messo a punto da ENEA, da oggi sarà possibile quantificare l’impatto energetico, economico ed ambientale dei materiali isolanti presenti in un cappotto termico in funzione della tipologia dell’edificio e della fascia climatica. Ridurre le emissioni inquinanti connesse al comparto edilizio è un obiettivo comunitario, ma non sempre siamo in possesso dei dati necessari a calcolare il reale impatto di un sistema isolante piuttosto che di un altro.
L’indicatore fa seguito ad una serie di simulazioni energetiche condotte da ENEA su edifici in 60 città italiane ritenute tra le più rappresentative per numero di abitazioni, popolazione e condizioni climatiche. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista online Sustanaibility.
Come evidenziato più volte dalla stessa ENEA, tra tutti gli interventi di efficienza energetica, il cappotto termico continua ad essere la principale strategia di riduzione della domanda energetica complessiva, in particolare negli interventi di ristrutturazione.
Leggi anche I vantaggi del Cappotto termico: quanto costa e perchè installarlo
“Abbiamo preso in considerazione interventi di riqualificazione dell’involucro edilizio che prevedono l’utilizzo sia dei materiali isolanti più commerciali che di quelli prodotti con materie prime naturali e rinnovabili, anche in accordo alle strategie di economia circolare e di gestione efficiente dell’energia”, spiega Flavio Scrucca, ricercatore della Sezione ENEA di Supporto alle attività sull’economia circolare. “Gli isolanti naturali sono meno diffusi a causa del costo generalmente elevato, ma hanno minor impatto ambientale per tutto il ciclo di vita che, in funzione della zona climatica, può assumere valori compresi tra 1,2 e 2,2 kg di CO2 equivalente/m2, inferiori fino a 4-10 volte rispetto ai materiali sintetici più comuni che presentano invece valori tra 4 e 20 kg”.
Materiali isolanti vs materiali sintetici
“Quando parliamo di impatto economico – inteso come rapporto tra il costo iniziale dell’opera e il conseguente risparmio nel tempo associato alla riduzione dei consumi – i materiali naturali presentano un valore più alto in ogni zona climatica per via del maggiore costo iniziale stimato. L’indice messo a punto ha però consentito di evidenziare come, considerando sia l’aspetto economico che ambientale, la convenienza di questi materiali cresca con l’aumentare del fabbisogno energetico degli edifici, quindi soprattutto nelle zone climatiche più fredde, risultando paragonabile con quella dei materiali isolanti tradizionali”, sottolinea Domenico Palladino, ricercatore del Laboratorio ENEA di Efficienza energetica negli edifici e sviluppo urbano.
Optare per un cappotto termico composto da isolanti naturali può determinare un importante spinta all’abbattimento delle emissioni, soprattutto in un Paese come il nostro dove tra le 31 milioni di unità immobiliari presenti, l’80% è stata costruita prima del 1991 e poco più del 65% poco prima del 1976. Inoltre il maggior numero di abitazioni (circa il 48%) si trova nelle zone climatiche più fredde (E ed F), circa il 45% nelle zone moderate (D e C), mentre meno del 9% in quelle più calde (B e A). Le politiche energetiche fino ad ora adottate a livello nazionale hanno permesso un risparmio energetico cumulativo di circa 1,3 Mtep. Tuttavia il nostro comparto residenziale è responsabile di oltre 30 Mtep del consumo energetico nazionale, il 43% della domanda di energia primaria in Italia nel 2020.
“Questo lavoro rappresenta un primo tentativo di valutazione combinata energetica, economica e ambientale dei materiali isolanti termici e dimostra l’importanza di considerare tutti questi aspetti negli interventi di ristrutturazione edilizia, poiché possono influenzare in modo significativo la scelta dei materiali isolanti da utilizzare”, concludono i ricercatori ENEA.