Il caso Oggioni ha indotto Palazzo Marino a costituirsi parte civile e chiedere di non portare avanti l'iter legislativo, oggi fermo al Senato

Il Comune di Milano ha ufficialmente ritirato il suo sostegno al disegno di legge Salva Milano e ha chiesto l’interruzione dell’iter legislativo. La decisione, annunciata il 5 marzo, arriva dopo l’arresto di Giovanni Oggioni, ex dirigente comunale e vicepresidente della commissione per il Paesaggio, indagato per corruzione, falso e depistaggio nell’ambito di un’inchiesta della Procura su presunti abusi edilizi.
“Alla luce delle ipotesi di reato emerse dall’Ordinanza del GIP del 21 febbraio 2025, che il Comune di Milano ha ricevuto oggi e ha potuto leggere integralmente, l’Amministrazione considera di costituirsi parte civile”, scrive Palazzo Marino in una nota, aggiungendo che “gli elementi di novità, e purtroppo di maggiore gravità, descritti negli atti di accusa inducono questa Amministrazione a non sostenere più la necessità di proseguire nell’iter di approvazione della proposta di legge cosiddetta ‘Salva Milano’”.
Salva Milano, cronaca di un naufragio
Approvato alla Camera nel novembre 2024 con 172 voti favorevoli, il Salva Milano nasceva come misura transitoria per sbloccare 150 progetti edilizi congelati dalla magistratura.
Il cuore della norma risiedeva nella sostituzione dei piani attuativi comunali con una semplice Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) per interventi in aree già urbanizzate.
In pratica, consentiva demolizioni e ricostruzioni con volumetrie diverse senza passare dall’approvazione di dettagliati piani urbanistici, purché in “ambiti edificati”. Uno strumento necessario per riavviare cantieri paralizzati da anni garantendo anche gli standard energetici e ambientali, secondo i sostenitori della proposta. Per i critici, tra cui Avs e Movimento 5 Stelle, solo un condono mascherato, con ripercussioni sulla pianificazione territoriale e rischi di speculazione edilizia.
Sul dibattito è poi piombato il caso Oggioni. Rivelando un presunto sistema di pressioni illecite per influenzare l’approvazione del provvedimento. Secondo gli atti giudiziari, l’ex dirigente avrebbe orchestrato un network tra funzionari pubblici, progettisti e immobiliaristi per rilasciare titoli edilizi irregolari. Oltre ad aver manipolato il testo legislativo stesso, cercando di orientare le norme a vantaggio di interessi privati. E la magistratura vaglia anche l’ipotesi di tentativi di far cadere la giunta Sala.
Con il termine per gli emendamenti slittato al 12 marzo, il provvedimento è tecnicamente ancora in gioco al Senato. Ma senza l’appoggio del Comune – principale beneficiario della norma – le chances di approvazione appaiono remote.