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Salva Casa: le quattro criticità della Sanatoria edilizia di Salvini

Il problema del silenzio assenso, le multe da pagare per sanare l’abuso, il limite troppo lascivo delle tolleranze costruttive, ma anche l’assenza della doppia conformità. Secondo Legambiente il Decreto Salva Casa approvato in CdM presenta numerose criticità che andrebbero corrette per evitare il proliferare di abusi edilizi

Salva Casa
Immagine di freepik

“In Italia le demolizioni delle costruzioni illegali procedono a rilento, eppure si continua a proporre nuove forme di sanatoria”

Si era già espressa criticamente sui potenziali abusi sanabili dalle novità introdotte nel Decreto Salva Casa, ma l’imminente pubblicazione del testo in Gazzetta, ha spinto Legambiente a tornare sulla questione denunciando alcuni punti dolenti della norma. Al centro del dibattito c’è ovviamente lo schema di decreto legge destinato ad introdurre una serie di misure urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica. 

Molte le novità introdotte dalla norma come l’ampliamento delle categorie di interventi in edilizia libera, il perimetro di tolleranze costruttive entro le quali un intervento è considerato a norma e non abusivo, le modifiche al tema della doppia conformità, oltre ad una semplificazione amministrativa burocratica di ampio spettro. 

Cosa prevede la sanatoria 2024 

Il Decreto Salva Casa è un provvedimento sbagliato che richiede modifiche profonde perché rischia di essere un condono mascherato”, esordisce Legambiente. Molte le criticità evidenziate dall’Associazione che punta il dito su alcuni punti chiave: “viene cancellata la clausola della doppia conformità con nuove possibilità di sanatoria, è un colpo di spugna sulle sanzioni per le violazioni superiori al 2%, vengono ricalcolate al ribasso le sanzioni pecuniarie e, soprattutto, vale il principio del silenzio-assenso che sostituisce il silenzio-rigetto per gli abusi edilizi formali”.

Il riferimento va alle modifiche apportate dalla Sanatoria di Salvini al TUE (articolo 36-bis comma 6). Con il Salva Casa, se l’Amministrazione non esamina la pratica nei tempi previsti (45 giorni per permesso di costruire e 30 giorni per la SCIA), l’istanza si considera automaticamente accettata. Punto che ribalta completamente quanto avveniva fino ad ora. 

Nessun Comune sarà mai in grado di esaminare una pratica di sanatoria entro i 45 giorni stabiliti e si potranno quindi presentare sanatorie illegittime senza che nessuno le possa rigettare”, sottolinea Legambiente. “Una norma perfetta per spalancare la strada a nuovi abusi. Presenteremo a tutte le forze politiche i nostri emendamenti per evitare altri guai ad un paese cronicamente maltrattato dal cemento illegale”. 

Le quattro criticità rilevate da Legambiente nel Salva Casa

  1. Modifica delle soglie di tolleranza

L’art.34 prevede che “Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”. Il salva casa introduce l’innalzamento della soglia del 2% fino al massimo del 5% rendendo sanabili difformità che oggi non lo sono.

  1. Silenzio assenso

Come appena accennato le modifiche più significative sono apportate al comma 6 dell’art.36-bis del TUE (DPR 380/2001). “La sanatoria di Salvini prevede che le istanze di accertamento di conformità siano sottoposte al regime del silenzio-assenso da parte degli uffici tecnici, mentre oggi vale esattamente il contrario, ossia il silenzio-diniego. Se il Comune non risponde entro il termine di 45 giorni alla richiesta di sanatoria dell’abuso, questa si intende accolta e decorsi i termini…eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci”. Secondo Legambiente questo farà sì che la gran parte delle istanze saranno automaticamente accolte in maniera definitiva e non revocabile, “anche in presenza, per esempio, di dichiarazioni mendaci o errori, per cui la pubblica amministrazione potrà fare valere le proprie ragioni solo in sede giudiziaria”.

  1. Ricalcolo delle sanzioni pecuniarie per il rilascio del permesso in sanatoria.

Finora l’importo dell’oblazione per il permesso di costruire (art.36) si basava sul doppio del costo di costruzione, valore oggettivamente stimabile da parte della p.a.

Mentre per la SCIA (art.37) si basava sul doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile. “Quest’ultimo talmente aleatorio e difficile da valutare che, quasi sempre, la sanzione corrispondeva al minimo previsto, ossia 516 euro”. La modifica prevista dal comma 5 dell’art.36bis prevede che l’oblazione, in entrambi i casi, faccia riferimento all’aumento del valore venale, tra 1.032 e 30.984 euro. Per Legambiente anche in questo caso accadrà che la sanzione erogata sarà quella minima, con una riduzione significativa degli introiti per le casse comunali.

  1. Cancellazione della “doppia conformità” per gli interventi realizzati in assenza o difformità della SCIA. 

La previsione della doppia conformità viene mantenuta per gli interventi in assenza o difformità del permesso di costruire.

Viene invece abolita (lettera h, comma 1 art.36-bis) per gli interventi realizzati in assenza o difformità della SCIA (prevista invece dal vigente art.37). Quindi, “non sarà più necessario per ottenere la SCIA in sanatoria che l’intervento edilizio fosse conforme alla normativa vigente al momento della sua realizzazione e alla normativa vigente al momento della richiesta. Ciò consentirà di sanare abusi che fino a oggi non potevano esserlo”.

“Il problema di fondo – conclude Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente – è che in Italia, come denunciamo da anni con il report Abbatti l’Abuso, le demolizioni delle costruzioni illegali procedono a rilento, mentre ciclicamente vengono proposte nuove forme di sanatoria. Per fermare il mattone illegale servono interventi decisi e puntali non più rimandabili. Quattro le azioni principali su cui invitiamo tutte le forze politiche a lavorare: serve dare pieno potere ai Prefetti per demolire gli immobili che non vengono abbattuti dai Comuni, sanzioni più severe per chi, violando la legge, consente l’allaccio delle utenze agli abusivi; più risorse per le demolizioni decise dalle amministrazioni locali e dalla magistratura; incentivi ai Comuni per rispondere ai milioni di domande di condono ancora senza risposta”. 

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.