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Salva Casa, le linee guida del MIT, infografica e Pdf alla sanatoria edilizia 2025

La guida al Salva casa per conoscere tutti gli abusi sanabili con il mini condono edilizio 2024, quanto costa e quale documentazione presentare

Salva Casa: la guida completa alla sanatoria edilizia 2024
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Indice dei contenuti

Cosa prevede il Decreto Salva casa 2025

Il 28 luglio 2024, il Decreto Legge n.69/2024 meglio conosciuto come DL Salva Casa, è stato ufficialmente convertito nella Legge 105/2024. 

Il testo recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica” apporta molteplici modifiche al Testo Unico Edilizia (TUE). 

Grazie alla nuova Sanatoria edilizia 2025 sarà possibile regolarizzare diverse tipologie di irregolarità presenti sugli immobili: difformità formali rispetto allo stato legittimo degli immobili, difformità interne con un regime di tolleranze costruttive più favorevole e difformità parziali o variazioni essenziali rispetto al titolo edilizio.

Il Salva Casa inoltre presta un’attenzione particolare agli abusi edilizi commessi ante ‘77, ovvero prima dell’entrata in vigore della Legge Bucalossi n. 10/1977. 

Nel dettaglio le novità introdotte dalla Sanatoria voluta da Salvini ed introdotte in parte anche a seguito degli emendamenti al Salva Casa riguardano:

  • Edilizia libera, art. 6, comma 1, lett. B-bis e b-ter) d.P.R. n. 380/2001
  • Stato legittimo, art. 9 bis d.P.R. n. 380/2001
  • Cambio di destinazione d’uso, art. 23 ter d.P.R. n. 380/2001
  • Tolleranze costruttive ed esecutive, percentuali e cubature art. 34 bis d.P.R. n. 380/2001
  • Interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo,  art. 34 ter d.P.R. n. 380/2001
  • Accertamento di conformità per difformità parziali e variazioni essenziali – art. 36 bis d.P.R. n. 380/2001
  • Variazioni essenziali ed immobili vincolati, art. 32 d.P.R. n. 380/2001
  • Deroga ai requisiti igienico sanitari in attesa del DM Salute – art. 24 d.P.R. n. 380/2001
  • Recupero sottotetti, art. 2 bis d.P.R. n. 380/2001
  • Alienazione immobili abusivi, art. 31 d.P.R. n. 380/2001
  • Le Sanzioni ed il Costo della sanatoria,  art. 1, comma 2, D.L. n. 69/2024
  • Strutture amovibili temporanee-covid 19, art. 2 D.L. n. 69/2024

Quando scade la sanatoria edilizia 2025?

In linea generale la Legge Salva Casa n.105/2024 non ha scadenza. Tuttavia gli abusi e le piccole difformità sanabili sono solo quelle passate e già commesse, non si applica il mini condono edilizio agli abusi futuri. 

Nel caso delle tolleranze costruttive ed esecutive potranno essere sanati tutti i lavori difformi realizzati prima del 24 maggio 2024 (entrata in vigore del Decreto legge).

La Legge di conversione è invece entrata in vigore il 28 luglio 2024.

Cosa si può Sanare con il Salva Casa

L’obiettivo principale del Dl n.69/2024 è liberare il mercato edilizio e gli uffici tecnici da quegli edifici non vendibili a causa di piccole difformità o variazioni essenziali che rientrano in un certo perimetro. 

Rispetto alla versione originaria del Decreto legge, gli emendamenti al Salva Casa hanno apportato non poche modifiche al testo, allargando la sanatoria ad un maggior numero di abusi. 

Edilizia libera

Il Decreto Salva Casa apporta importanti modifiche al Testo Unico Edilizia TUE dpr 380/01 facendo rientrare nel regime dell’Edilizia Libera anche:

  • gli interventi di installazione delle VePa, Vetrate Panoramiche scorrevoli amovibili e totalmente trasparenti;
  • Le pergotende e le pergole bioclimatiche a protezione dal sole e dagli agenti atmosferici.

VePa, Vetrate panoramiche

E’ importante ricordare che per rientrare nel regime di Edilizia libera, ovvero l’installazione senza dover richiedere un titolo edilizio, le vetrate VePA devono essere temporanee, amovibili e totalmente trasparenti. Non devono configurare spazi stabilmente chiusi, ne creare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile.

Secondo un emendamento al Salva Casa potranno essere installate:

  • su balconi aggettanti, 
  • sulle logge rientranti all’interno dell’edificio
  • o nei porticati.

Non potranno invece passare come edilizia libera le Vetrate VePa realizzate: 

  • su porticati gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche.

Pergotende, Pergola bioclimatica

Ammesse in Edilizia Libera anche le tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile.

Dovranno essere opere caratterizzate da elementi di protezione solare mobili o regolabili, a condizione che: 

  • siano addossate agli immobili o alle unità immobiliari anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera;
  • non determinano la creazione di uno spazio stabilmente chiuso con conseguente variazione di volumi e superfici;
  • abbiano caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente;
  • siano in armonia con le preesistenti linee architettoniche.

Stato legittimo 

Il testo del Salva Casa modifica anche l’Art. 1, comma 1, lettera b) del TUE dpr 380/01, semplificando l’elenco dei documenti necessari per la dimostrazione dello Stato legittimo.

Lo Stato legittimo di un immobile è indispensabile per concludere una compravendita, per accedere alle detrazioni fiscali e per realizzare interventi edilizi sulla stessa unità.

Lo Stato Legittimo accerta che l’immobile sia in regola e non presenti abusi o difformità dal titolo edilizio.

Grazie al Salva Casa lo Stato Legittimo di un immobile può essere dimostrato da:

  • titolo abilitativo della costruzione
  • titolo abilitativo dell’ultimo intervento edilizio a patto che il Comune abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi
  • titoli rilasciati dopo accertamento di conformità in sanatoria (art.36 e nuovo 36bis e dopo il pagamento della relativa sanzione)
  • pagamento della sanzione a seconda della difformità rilevata
  • dall’avvenuta regolarizzazione delle varianti ante ’77 con pagamento della relativa oblazione (nuovo art. 34ter).

Prima del Salva casa (prima del 19 maggio 2024) lo Stato legittimo era invece stabilito csia dal titolo che ne aveva previsto la costruzione, sia da quello che disciplina l’ultimo intervento edilizio.

Le Sanzioni da pagare per riconoscere lo Stato Legittimo

Tra le possibilità offerte dal Salva Casa per farsi riconoscere lo Stato Legittimo c’è anche la possibilità di pagare un’oblazione (sanzione) in base all’intervento eseguito ovvero:

  • interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (articolo 33 del TUE);
  • gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (articolo 34 del TUE);
  • gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA segnalazione certificata di
    inizio attività e accertamento di conformità (articolo 37 del TUE).

Per conoscere le sanzioni da pagare per la sanatoria dell’abuso al fine di ottenere lo Stato Legittimo leggi il Capitolo dedicato: “Quanto costa la Sanatoria edilizia Salva Casa

Certificato di Stato Legittimo

Ad attestare lo Stato Legittimo deve essere un tecnico abilitato che rilascerà il “certificato di stato legittimo” ai sensi dell’art. 34-bis comma 3 del D.P.R. 380/2001.

Nell’Attestato il tecnico dichiara sotto la propria responsabilità che l’immobile è urbanisticamente conforme, rientra nelle tolleranze costruttive e non presenta violazioni edilizie. 

Come certificare lo Stato Legittimo degli immobili senza titolo abilitativo

Molti professionisti si troveranno nella condizione di dovere certificare lo Stato Legittimo di un immobile senza titolo edilizio, o con titolo irreperibile perchè costruito prima dell’obbligo. In questo caso il titolo abilitativo potrà essere ricavato:

  • dalle informazioni catastali di primo impianto,
  • dalle riprese fotografiche, dagli estratti cartografici, dai documenti d’archivio, 
  • da altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza,
  • dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. 

Cambio di destinazione d’uso

Il cambio di destinazione d’uso di una unità immobiliare o di un intero immobile potrebbe comportare un aumento del carico urbanistico. Di conseguenza è essenziale capire tra quali categorie funzionali avverrà il cambio.

Le novità introdotte dal Decreto Salva Casa in merito al mutamento di destinazione d’uso sono: 

  • è sempre consentito il cambio di destinazione d’uso con e senza opere  tra la stessa categoria funzionale. Sempre nel rispetto della norma Comunale (art.1-bis);
  • è consentito il cambio di destinazione d’uso nelle zone A), B) e C) di cui all’art. 2 del D.M. 1444/1968 tra le categorie:
    • a) residenziale;
    • a-bis) turistico-ricettiva;
    • b) produttiva e direzionale;
    • c) commerciale.
  • si potranno cambiare a qualsiasi destinazione (non solo residenziale), anche i seminterrati ed i piani terra.

A patto che la nuova forma di utilizzo sia conforme a quella prevalente.

Ad esempio nel caso di un immobile di un piano con tre locali ad uso commerciale, non sarà possibile convertire una delle unità in una residenza, andando contro al principio di prevalenza.

Al contrario se questo principio è rispettato, non sarà necessario reperire altre aree per servizi di interesse generale (Dm n.1444/68) né tantomeno assicurarsi della dotazione minima obbligatoria di parcheggi.

Resta obbligatorio il pagamento degli oneri di urbanizzazione secondaria.

Il problema del recepimento regionale è di estrema importanza e purtroppo, ad ora, non ha ancora trovato una risposta. Come avremo modo di approfondire in seguito molte delle prescrizioni del Salva Casa, ed in particolar modo quelle inerenti al cambio di destinazione d’uso, dovranno fare i conti con le disposizioni dei Comuni prima di poter essere attuate. 

Cosa non si può sanare con il salva casa?

Con il Salva Casa non potranno essere sanati abusi che compromettono la struttura dell’edificio. Anche i requisiti legati all’efficienza energetica ed il rispetto dei regolamenti dedicati all’eliminazione delle barriere architettoniche non rientrano nel regime della sanatoria 2024.  

Quali titoli servono per il cambio di destinazione d’uso?

Anche in questo caso l’ultima parola va alle Regioni che potranno decidere di subordinare determinati cambi di destinazioni d’uso a differenti titoli edilizi. 

Per il momento il Dl 69/2 in sede di conversione, ovvero dopo l’ok agli emendamenti al Salva Casa, ha previsto che:

  • per i cambi d’uso senza opere è necessario sempre presentare la SCIA;
  • per i cambi con opere occorre presentare il titolo richiesto per l’esecuzione delle stesse. Nel caso di interventi soggetti a CILA, si dovrà procedere comunque con SCIA.

Tolleranze Costruttive ed Esecutive

La nuova sanatoria edilizia 2024 introduce importanti modifiche alle percentuali di tolleranza ammesse per i piccoli “abusi” edilizi e le difformità edilizie. 

In tutti i casi è prevista una tolleranza costruttiva del 2% per il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari. 

Con il Salva Casa tutti gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto delle altezze, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto nel limite:

  • 2% per superficie utile > 500m2
  • 3% per superficie utile tra i 300 e 500 m2
  • 4% per superficie utile tra i 100 e 300 m2
  • 5% per superficie utile < 100 m2
  • 6% per superficie utile < 60m2 

Per Tolleranze esecutive si intendono invece le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile.

In questo caso rientrano nelle tolleranze esecutive gli interventi realizzati prima del 24 maggio 2024 con:

  • minore dimensionamento dell’edificio;
  • mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;
  • irregolarità geometriche e modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e difforme ubicazione delle aperture interne;
  • difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;
  • errori progettuali corretti in cantiere e errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

Tolleranze anche per i rapporti aeroilluminanti e per le distanze tra edifici

Se quanto detto sopra non dovesse bastare è bene sottolineare che il Salva Casa permetterà di Non considerare Abuso edilizio, un intervento che rispetta il 2% di tolleranza anche per quanto riguarda:

  • requisiti igienico-sanitari e i rapporti aeroilluminanti di ⅛;
  • le distanze legali come ad esempio i 10 metri dagli altri edifici o i 5 metri dal confine.

Nel nuovo art.34 ter del TUE, viene inoltre esteso il regime delle tolleranze a tutte le parziali difformità realizzate durante i lavori per l’esecuzione di un titolo abilitativo (e non solo a quelle ante ‘77) a condizione che: 

  • siano state accertate all’esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia;
  • in seguito a tali verifiche non sia seguito un ordine di demolizione o riduzione in pristino;
  • sia stata rilasciata l’abitabilità/agibilità

Abitabilità e requisiti igienico sanitari

Un aspetto che sta influenzando senza dubbio il mercato immobiliare ed è stato cavallo di battaglia del Ministro Salvini durante la campagna di lancio del Salva Casa è certamente la questione dei Micro-appartamenti e le nuove disposizioni in termini di Abitabilità. 

“Una misura che rimette sul mercato numerosi appartamenti andando incontro alle necessità di studenti e lavoratori – specialmente nelle grandi città – oltre a favorire la riduzione del consumo del suolo” affermava il Ministro.

Modifiche che hanno influito anche sui requisiti igienico sanitari.

Con le nuove regole del Salva Casa saranno considerati abitabili i locali:

  • con altezza minima inferiore a 2,70 metri fino al limite massimo di 2,40 metri;
  • monostanza con superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 mq, fino al limite massimo di 20 mq, per una persona,
  • per due persone inferiore a 38 mq, fino al limite massimo di 28 mq.

Tra l’altro a questi stessi parametri sono applicabili le tolleranze del 2%.

Leggi l’approfondimento >> Abitabilità e requisiti igienico sanitari: la toppa del Salva Casa al DM Salute

Recupero dei sottotetti

Direttamente collegato all’ampliamento dell’offerta abitativa è stato inserito nel Salva Casa un nuovo comma all’art.2-bis del Dpr 380/01 che amplia le possibilità offerte per il recupero dei sottotetti nei limiti e secondo le procedure previsti dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, ed a condizione che:

  • siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio, 
  • che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali,
  • che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione. 

Leggi l’approfondimento >> Recupero dei sottotetti: tutte le norme da conoscere per valorizzare l’esistente

La Regione Piemonte ha approvato la LR 25/2024 che colma un vuioto normativo venutosi a creare negli utlimi anni, definendo nuove regole per il recupero dei sottetti in Piemonte. Leggi qui il nostro approfondimento >> Recupero sottotetti in Piemonte e variazioni essenziali: le nuove regole 

Accertamento di conformità e sanatoria semplificata

Entriamo nel cuore del Salva Casa per provare a capire quali siano le difformità sostanziali e formali sanabili con le novità introdotte al Testo Unico Edilizia. 

Quello che inizialmente era stato definito “condono edilizio” in realtà consente di regolarizzare solo abusi interni o difformi dal titolo.

La nuova sanatoria delle difformità edilizie può essere suddivisa in:

  • casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo con variante ante ‘77;
  • accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità;
  • accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali;
  • doppia conformità ;
  • sanatoria semplificata.

Sanare un abuso commesso su un edificio ante ‘77

La prima casistica da analizzare è stata introdotta dal nuovo articolo 34-ter al DPR 380/01

In questo caso il Salva Casa permette di sanare le parziali difformità degli interventi realizzati in variante in corso d’opera rispetto a titoli edilizi presentati prima dell’entrata in vigore della legge n.10 del 1977 anche conosciuta come “Legge Bucalossi”. 

In questo caso gli abusi possono essere sanati anche se non rientrano nelle già citate Tolleranze Costruttive.

Essenziale dunque dimostrare l’epoca di realizzazione delle varianti.

Per farlo il Salva Casa permette di sfruttare:

  • le informazioni catastali
  • riprese fotografiche 
  • estratti cartografici 
  • documenti d’archivio 
  • atti pubblici o privati

Nel caso in cui non sia possibile attestare l’anno dei lavori, il professionista può certificare l’epoca dell’intervento con una dichiarazione sotto la propria responsabilità, anche penale.

Una questione che non è piaciuta ai Consigli Nazionali di Architetti ed Ingegneri seriamente preoccupati sulle possibili ripercussioni verso i tecnici, “sovraccaricati” di responsabilità.  

Quanto costa sanare:  Queste difformità potranno essere sanate con la presentazione di una Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) e il pagamento di un’oblazione (sanzione) per l’accertamento di conformità per le parziali difformità e le variazioni essenziali. 

Assenza di titolo o totale difformità

Assenza di titolo (Articoli 31 e 33 del TUE), titolo inesistente (mai chiesto o mai rilasciato) o un titolo esistente, ma privo di efficacia, sia in origine, sia a seguito di revoca del comune o provvedimento del giudice amministrativo.

Totale difformità (articoli 31 e 33 del TUE), la realizzazione di manufatti completamente diversi per caratteristiche tipologiche, planivolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso, e per l’esecuzione di volumi oltre i limiti indicati nel progetto e autonomamente utilizzabili.

In caso di interventi realizzati in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire o dalla Scia in alternativa al PdC (art.23) è possibile sfruttare l’accertamento di conformità previsto dall’art.36 del TUE e che permette di ottenere il permesso di costruire in sanatoria se l’intervento risulta conforme alla Doppia Conformità ovvero:

  • sia alla disciplina urbanistica e edilizia al momento della realizzazione dello stesso intervento,
  • sia alla disciplina urbanistica e edilizia al momento della presentazione della domanda. 

Quanto costa sanare: Sarà anche in questo caso necessario pagare una sanzione pari al doppio del contributo di costruzione, oppure in caso di gratuità, in misura pari a quella prevista dall’art. 16 del TUE.

Parziali difformità e di variazioni essenziali

Difformità comprese tra:

  • i limiti delle tolleranze costruttive (articolo 34-bis); e
  • i limiti delle variazioni essenziali (che sono definiti dalla legislazione regionale) 

Per quanto riguarda gli eventuali abusi commessi in parziale difformità dalla Scia o dal Permesso di Costruire o con variazioni essenziali è possibile avviare l’accertamento di conformità seguendo la procedura Semplificata che abbandona il requisito della Doppia Conformità. 

In questo caso il proprietario potrà ottenere il Permesso di Costruire e presentare la Scia in sanatoria se l’intervento risulta conforme:

  • alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda,
  • e alla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.

Il permesso di costruire in questo caso viene rilasciato dallo Sportello Unico Edilizio che condizionare il rilascio alla realizzazione degli interventi edilizi necessari per la sicurezza (Sanatoria Condizionata).

Quanto costa sanare: Anche in questo caso sarà necessario pagare una sanzione, oblazione, pari al doppio del contributo di costruzione o, in caso di gratuità, in misura pari al contributo di costruzione, incrementato del 20%. Tale incremento non si applica nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (c.d. doppia conformità).

Variazioni essenziali (articolo 32 del TUE)

Intervento completamente diverso – per caratteristiche costruttive o destinazione d’uso – rispetto a quanto oggetto di permesso e se ci sono variazioni essenziali (i cui criteri sono individuati all’articolo 32 del TUE e declinati dalla legislazione regionale)

E’ bene dedicare un momento al concetto di Variazioni essenziali così come modificato dal DL 69/2024. Il Salva Casa stabilisce che NON possono essere considerate variazioni essenziali solo se realizzate su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali.

L’essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:

  1. mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;
  2. aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
  3. modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
  4. mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito; 
  5. violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

Purtroppo, come sottolineato anche dall’ANCE ciascuna Regione recepirà queste disposizioni con differenze anche sostanziali. 

Leggi l’approfondimento >> Variazioni essenziali Salva Casa: il recepimento regionale

Salva Casa in Zona vincolata

Assenza o difformità dall’Autorizzazione Paesaggistica

Le modifiche apportate al Testo Unico Edilizia dal Salva Casa incidono in parte anche sugli interventi eseguiti in zona paesaggistica o vincolata. 

A disciplinare le nuove possibilità offerte dalla sanatoria paesaggistica in aree vincolata è l’articolo 36-bis del TUE.

Nel caso in cui sia stato costruito un manufatto in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica che comporta un aumento di volume o di superficie utile anche in aumento rispetto a quelli legittimamente realizzati, sarà possibile chiedere un accertamento di compatibilità paesaggistica.

La sanatoria paesaggistica del Salva Casa vale solo per le difformità meno rilevanti identificate dall’articolo 36-bis del TUE ovvero:

  • parziale difformità o variazioni essenziali dal Permesso di Costruire o dalla Scia alternativa al PdC;
  • assenza o difformità dalla SCIA ordinaria.

La procedura da seguire è la seguente:

  • il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati;
  • Entro 180 giorni, l’autorità competente deve pronunciarsi sulla richiesta di accertamento di conformità paesggistica, previo parere vincolante della soprintendenza (entro 90 giorni);
  • Se i pareri non arrivano entro i termini, varrà il principio del Silenzio Assenso  e il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. 
  • Le disposizioni si applicano anche nei casi in cui gli interventi risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.

La possibilità di Sanare senza doppia conformità è applicabile agli interventi realizzati entro l’11 maggio 2006 per i quali il titolo che ne ha previsto la realizzazione è stato rilasciato dagli enti locali senza previo accertamento della compatibilità paesaggistica.

Sanzioni per la compatibilità paesaggistica

Una volta che sia stata accertata la compatibilità paesaggistica, sarà necessario pagare una sanzione determinata previa perizia di stima ed uguale al 

  • maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.

In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione per la demolizione di cui all’articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 4.

Silenzio Assenso 

Dove prima vigeva il silenzio rigetto ora vige il Silenzio Assenso. Un’altra modifica sostanziale introdotta dalla sanatoria degli abusi edilizi con il Salva casa.

Il responsabile del provvedimento dell’ufficio comunale o il dirigente si dovranno pronunciare entro:

  • 45 giorni nel caso di Permesso di costruire in sanatoria;
  • 30 giorni nel caso di SCIA;

Se il parere non è espresso entro questi termini si considera accolta la richiesta. 

Quanto costa la sanatoria edilizia Salva Casa?

Il costo per aderire al nuovo condono 2024 Salva Casa è compreso tra i 516 euro ed i 10.328 euro e varia in base alla gravità dell’abuso e a seconda che l’intervento realizzato presenti o meno la doppia conformità. 

Le sanzioni previste sono:

  • Rilascio del PdC in sanatoria
    • importo pari al doppio del contributo di costruzione o, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari al contributo di costruzione, incrementato del 20%. Tale incremento non si applica nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (c.d. doppia conformità).
  • Rilascio SCIA in sanatoria
    • importo pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro
    • in misura non inferiore a 516 euro e non superiore a 5.164 euro ove l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (c.d. doppia conformità). 
  • Assenza o in difformità dalla SCIA
    • triplo dell’aumento del valore venale dell’immobile e in misura non inferiore a 1.032€
  • Parziale difformità dal PdC
    • se possibile si pocede alla rimozione o demolizione 
    • se la rimozione non può avvenire, si applica una sanzione pari al
      • triplo del costo di produzione della parte dell’opera realizzata in difformità se ad uso residenziale 
      • triplo del valore venale per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale Viste le molteplici disparità che potrebbero venirsi a creare tra Regione e regione in base alle tipologie di Sanatoria esistenti, il Ministro delle Infrastrutture (Mit) ha preannunciato l’imminente arrivo di una Circolare che definirà un Listino Prezzi per il Salva Casa.

Il Salva Casa nell’edilizia regionale

Come è ormai chiaro a tutti, la sanatoria 2025 è tutt’altro che semplice. La Legge 105/2024 è fatta di rimandi al testo Unico Edilizia, aggiunte, abrogazioni e modifiche talvolta piccole, ma sostanziali.

Ed i problemi stanno iniziando a venire all’osso. Il recepimento regionale è ben più complesso di quanto si possa immaginare. Le regioni italiane che fino ad oggi si sono espresse sul Salva Casa intervenendo con circolari di recepimento sono:

Regione Emilia Romagna >> Come cambia l’edilizia regionale: l’Emilia Romagna sulla sanatoria Salva casa

Regione Lazio >> Salva Casa Lazio: come ottenere l’accertamento Paesaggistico

Regione Sicilia >> Quali articoli del Salva Casa in Sicilia entrano immediatamente in vigore?

Città di Roma >> Le prime indicazioni della Capitale sul Salva Casa Roma

Regione Umbria >> Salva Casa Umbria: come si applica la sanatoria edilizia

Regione Liguria >> Anche la Liguria recepisce il Salva casa

Regione Campania >> Salva Casa in Campania, come si applica la nuova sanatoria edilizia

Regione Veneto >> Salva Casa Veneto: come sanare gli abusi in zona sismica

Inoltre c’è un problema di modulistica da aggiornare e formazione che non è stato tenuto in considerazione dalla legge, una problematica di non poco conto sollevata da UNITEL e che dovrà al più presto trovare risposta.

Le Linee Guida al Salva Casa

Dopo mesi d’attesa il MIT, Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ha finalmente pubblicato le tanto attese Linee di Indirizzo al Salva Casa, una serie di FAQ alla sanatoria edilizia 2025.

Le Linee Guida al Salva Casa sono state inserite in una circolare del MIT e provano a rispondere alle numerose sollecitazioni arrivate al Ministero dagli operatori del settore ancora dubbiosi sulla modulistica da utilizzare per applicare il DL n.69/2024 e sul costo della sanatoria edilizia.

Di seguito le Faq al Salva Casa suddivise per macro aree di intervento:

  • stato legittimo,
  • mutamento della destinazione d’uso
  • tolleranze costruttive
  • sanatoria interventi ante ’77

Le Faq sullo Stato legittimo

FAQ D1.1.1 – Come è possibile concretamente provare il requisito della verifica della legittimità dei titoli pregressi?

  • Principio generale sulla legittimità dell’immobile:
    • Se l’Amministrazione, al momento del rilascio dei titoli edilizi precedenti, non ha rilevato difformità, queste non possono successivamente essere utilizzate per contestare la legittimità dell’immobile.
    • Questo principio tutela i proprietari da contestazioni tardive su aspetti che avrebbero dovuto essere verificati in fase di autorizzazione.
  • Condizioni per considerare valido il titolo edilizio più recente. Si considera che l’Amministrazione abbia verificato la legittimità dell’immobile nei seguenti casi:
  1. Titolo edilizio rilasciato con formale provvedimento (caso b1)
    • Se il titolo più recente è stato concesso con un provvedimento esplicito, che attesta chiaramente la conformità agli atti precedenti, si presume che l’Amministrazione abbia già effettuato i dovuti controlli.
    • Questo principio si applica anche nei casi in cui il provvedimento contenga clausole standard che dichiarano la verifica della conformità.
  2. Titoli formatisi implicitamente per silenzio-assenso (caso b2)
    • Se il titolo edilizio è stato rilasciato con il meccanismo del silenzio-assenso (es. SCIA o SCIA alternativa al permesso di costruire), si considera comunque che l’Amministrazione abbia verificato i titoli pregressi, a condizione che:
      • Nel nuovo titolo siano stati indicati gli estremi del titolo originario e di quelli successivi riguardanti l’immobile o l’unità immobiliare.
      • L’Amministrazione, dopo aver ricevuto la documentazione, non abbia formulato contestazioni su eventuali difformità rispetto allo stato legittimo dell’immobile.
    • Questo significa che il silenzio dell’Amministrazione, in presenza di documentazione adeguata, vale come una conferma implicita della regolarità dell’immobile.
  • Implicazioni per la modulistica e il richiedente
    • Requisiti per la modulistica
      • I moduli per le nuove istanze dovranno richiedere l’indicazione degli estremi dei titoli pregressi.
      • Questo permetterà di garantire un’applicazione uniforme delle semplificazioni previste dalla normativa e di facilitare la verifica della legittimità edilizia.
  • Poteri dell’Amministrazione
    • L’Amministrazione può richiedere integrazioni documentali, se necessarie per completare l’analisi del caso.
    • Tuttavia, non può utilizzare la verifica dello stato legittimo per contestare difformità che non erano state rilevate nei titoli edilizi precedenti.
  • Facoltà del richiedente in caso di difficoltà nella ricostruzione documentale
    • Se il proprietario non è in grado di ricostruire la successione dei titoli edilizi per verificare la conformità alle condizioni b1 o b2, ha la possibilità di richiedere l’accesso agli atti presso gli archivi dell’Amministrazione.

Questa richiesta dovrà avvenire secondo le regole vigenti, permettendo così al richiedente di ottenere i documenti necessari per dimostrare la legittimità edilizia del proprio immobile.

FAQ D1.2.1 –Come posso comprovare gli interventi regolarizzati mediante pagamento di una sanzione?

Mediante l’indicazione degli estremi o della ricevuta del pagamento della sanzione, come previsto dalla modulistica.

FAQ D1.3.1 – In che modo il pagamento di sanzioni (cd. fiscalizzazioni) e le dichiarazioni sulle tolleranze si rapportano allo stato legittimo?

Il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6 (cd. fiscalizzazioni) e le dichiarazioni sulle tolleranze di cui all’articolo 34-bis “concorrono” alla dimostrazione dello stato legittimo. 

A seguito delle modifiche introdotte dal DL Salva Casa le difformità oggetto di fiscalizzazione o rientranti nella disciplina sulle tolleranze potranno essere considerate pienamente sanate anche ai fini della dimostrazione dello stato legittimo attraverso la mera esibizione delle attestazioni quali:

  • il pagamento della sanzione o
  • la dichiarazione del tecnico asseveratore. 

Tale innovazione consente di superare le incertezze risultanti dalla precedente normativa, che portavano a “tollerare”, ma non a “sanare” le difformità interessate da fiscalizzazioni o dalla disciplina sulle tolleranze. 

Il pagamento delle sanzioni e le dichiarazioni sulle tolleranze, non costituendo “titoli abilitativi”, non potranno essere utilizzate per dimostrare, a monte, la legittimità dei titoli pregressi, secondo quanto previsto dal meccanismo di semplificazione formale di cui al primo periodo del comma 1-bis. 

Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo, tali atti potranno affiancare (in funzione integrativa) il titolo originario ovvero l’ultimo titolo, che sono i soli dal quale può essere avviata la dimostrazione dello stato legittimo. 

Ne deriva che non tutti gli atti citati al comma 1-bis possono essere fatti valere automaticamente dal legittimo proprietario o dall’avente titolo coerentemente con l’obiettivo di semplificazione formale che consente di dimostrare lo stato legittimo anche solo con l’ultimo titolo che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare. In particolare, si osserva che gli obiettivi di semplificazione formale non possono automaticamente essere associati

  • al pagamento delle sanzioni di cui articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6, del Testo unico, che per loro natura non sono idonee ad attestare la verifica dei titoli pregressi da parte delle competenti amministrazioni. Fa eccezione il pagamento della sanzione prevista dall’articolo 38, comma 1, per il caso di intervento eseguito in base a permesso di costruire annullato, che produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria;
  • alle dichiarazioni relative alle tolleranze presentate da un tecnico abilitato, in quanto esclusivamente funzionali alla rappresentazione di lievi scostamenti non costituenti violazione edilizia. 

A titolo esemplificativo, si pensi al caso in cui un immobile sia stato interessato dai seguenti interventi: 

  • (a) costruzione, previo rilascio del permesso di costruire;
  • (b) manutenzione straordinaria ‘pesante’ sull’intero immobile, previa SCIA; 
  • (c) difformità rispetto alla SCIA sub-b), seguiti dal pagamento della sanzione prevista dall’articolo 37 del Testo unico. 

Volendo avvalersi della semplificazione formale introdotta dal primo periodo dell’articolo 9-bis, comma 1-bis del DL Salva Casa, lo stato legittimo dell’immobile sarà quello stabilito dalla SCIA (lettera b). 

Tuttavia, essendo stato eseguito un intervento difforme rispetto alla SCIA, lo stato di fatto non coinciderà con quello di diritto e, pertanto, occorrerà affiancare al predetto titolo anche la fiscalizzazione operata ai sensi dell’articolo 37. In questi termini deve essere interpretata la locuzione “concorre” di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, terzo periodo, del Testo unico.

Le Faq sul cambio di destinazione d’uso

D.2.1.1 – Cosa si intende per “specifiche condizioni”?

Le condizioni individuate dopo l’entrata in vigore del DL Salva Casa dai competenti enti territoriali con apposite determinazioni.

Posto che i poteri pianificatori degli enti locali in materia di destinazioni territoriali e dei singoli edifici possono estrinsecarsi nell’imposizione di condizioni, limitazioni o divieti, si chiarisce preliminarmente che:

  • le “condizioni” menzionate all’articolo 23-ter, commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, dovranno risolversi in criteri oggettivi e non discriminatori, tali, quindi, da non imporre arbitrarie limitazioni o restrizioni. 
  • Tali condizioni, peraltro, potranno riferirsi ai soli aspetti concernenti il mutamento di destinazione d’uso e non anche alle modalità di realizzazione degli interventi nelle ipotesi di esecuzione di opere edilizie contestuale al mutamento stesso. 
  • In secondo luogo le condizioni dovranno essere specifiche, e, quindi, non potranno essere implicitamente desunte dagli strumenti urbanistici comunali vigenti, in considerazione del fatto che quanto disposto dal novellato articolo 23- ter del Testo unico prevale sulle previsioni restrittive o impeditive negli stessi contenute. 

Le condizioni fissate dovranno essere sorrette da adeguata motivazione, in punto, per esempio, della necessità, valutata in concreto dall’amministrazione, di salvaguardare il decoro urbano o la salute e la sicurezza pubblica. 

Pertanto, le “specifiche condizioni” potranno essere definite nelle forme ritenute idonee dal comune, nel rispetto del Testo unico degli enti locali, anche traendo dagli strumenti urbanistici vigenti le previsioni che si intendono far valere quali condizioni ai fini dell’attuazione delle novelle in esame. Alla luce di quanto precede, le condizioni possono rivestire una triplice finalità e, segnatamente:

  • a) possono limitare, in relazione a specifiche e motivate esigenze, l’operatività della legge statale, la quale, in loro assenza, consente senz’altro il mutamento di destinazione d’uso orizzontale (comma 1-bis) e il mutamento verticale (comma 1- ter) di una singola unità immobiliare, nel rispetto delle normative di settore; 
  • b) possono consentire la piena operatività della legge statale, qualora gli strumenti urbanistici comunali siano abilitati a individuare specifiche zone ove applicare la disciplina in commento anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate (comma 1-quater); 
  • c) possono modulare l’operatività della legge statale, nell’ipotesi di apposizione della speciale condizione volta a consentire il mutamento di destinazione d’uso verticale di una singola unità immobiliare soltanto in conformità alla forma di utilizzo prevalente nell’immobile.

FAQ D.2.1.2 – Cosa si intende per prevalenza funzionale?

Il requisito della prevalenza funzionale può essere letto alla luce del parametro costituito dal numero assoluto delle unità immobiliari destinate ad un determinato uso all’interno dell’immobile. Si ritiene, infatti, che la prevalenza non debba necessariamente essere accertata sulla base della superficie complessiva occupata dalle singole unità immobiliari destinate ad un determinato uso all’interno dell’immobile. Ciò in quanto rilevare, per ogni unità immobiliare, la superficie esatta, imporrebbe oneri informativi eccessivamente gravosi, soprattutto laddove si trattasse di edificio condominiale. Resta ferma in ogni caso la possibilità per gli enti territoriali di declinare tale requisito secondo gli specifici criteri definiti nella legislazione regionale di settore.

FAQ D.2.1.3. – Come è regolato il mutamento per unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate? 

Il cambio di destinazione d’uso delle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate è disciplinato dalla legislazione regionale.

La legislazione regionale dovrà prevedere i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni di semplificazione concernenti il mutamento di destinazione d’uso verticale introdotte dal DL Salva Casa si applicano anche a tali unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate. 

Nell’ambito della pianificazione locale, il mutamento di destinazione d’uso verticale delle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate, dovrà tenere conto:

  • della tipologia di zona territoriale omogenea, in quanto limitazioni o restrizioni al mutamento si giustificano tendenzialmente all’interno delle zone A), ove più spesso possono manifestarsi esigenze legate alla necessità di preservare il decoro urbano, mentre dovrebbero affievolirsi nelle altre zone, ove generalmente non si registrano esigenze di salvaguardia di pari intensità.
  • Quanto alla nozione di primo piano fuori terra, dovrà farsi riferimento alla voce n. 20 dell’Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo che definisce “piano fuori terra” quale piano dell’edificio il cui livello di calpestio sia collocato in ogni sua parte ad una quota pari o superiore a quella del terreno posto in aderenza all’edificio. A titolo esemplificativo, in presenza di una unità seminterrata, il primo piano fuori terra coinciderà con il cd. piano rialzato.

FAQ D.2.1.4 – Come deve essere intesa la deroga dall’assolvimento degli oneri urbanistici?

Il mutamento di destinazione d’uso cd. verticale relativo ad una singola unità immobiliare di cui al comma 1-ter non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale né al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi, né al pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria, fermo restando il pagamento di quelli di urbanizzazione secondaria.

1. Esenzioni per il mutamento di destinazione d’uso verticale (comma 1-ter)

  • Il mutamento di destinazione d’uso verticale di una singola unità immobiliare non è soggetto a:
    • Obbligo di reperire ulteriori aree per servizi di interesse generale.
    • Obbligo di dotazione minima di parcheggi.
    • Pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria.
  • Resta invece dovuto il pagamento degli oneri di urbanizzazione secondaria, ove previsto.

2. Il principio dell’esonero dal reperimento delle aree (comma 1-quater, secondo periodo)

  • La disposizione stabilisce un esonero generale dal reperimento di ulteriori aree per servizi pubblici.
  • Questo esonero vale sia in assenza che in presenza di specifiche norme urbanistiche locali (ad esempio, nelle Norme Tecniche di Attuazione – N.T.A. dei Piani Regolatori Generali – P.R.G.).
  • La norma statale prevale sulle disposizioni urbanistiche comunali che impongano obblighi contrari.

3. Ratio della disposizione e aree urbanizzate

  • La norma è pensata per semplificare i cambi di destinazione d’uso di singole unità immobiliari (escluse quelle rurali).
  • Nelle zone A, B e C del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, il mutamento avviene in un contesto già urbanizzato, dove l’incremento del carico urbanistico è considerato compensato o ridimensionato.
  • Per questo motivo, non è previsto il pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria, poiché:
    • Sono già state realizzate le opere necessarie all’utilizzo dell’edificio.
    • La richiesta di questi oneri comporterebbe una duplicazione di costi per servizi già esistenti (es. strade, fognature, rete idrica, illuminazione pubblica).
  • Tali oneri non sono dovuti, anche se la normativa regolamentare comunale prevede diversamente.

4. Gerarchia normativa e applicazione della norma (comma 3, articolo 23-ter)

  • I principi generali dell’articolo 23-ter hanno applicazione diretta.
  • Di conseguenza, qualsiasi regolamento comunale in contrasto con tali principi deve essere disapplicato.
  • Tuttavia, il pagamento degli oneri di urbanizzazione secondaria rimane dovuto, se previsto dalla legislazione regionale.
  • Questi oneri sono giustificati dal fatto che finanziano servizi necessari alla vita sociale della zona, come:
    • Asili nido e scuole materne.
    • Mercati e impianti sportivi di quartiere.
    • Aree verdi, attrezzature culturali e sanitarie.

5. Mutamenti di destinazione d’uso orizzontali (comma 1-bis)

  • Per i mutamenti di destinazione d’uso orizzontali, l’interpretazione sistematica dell’articolo 23-ter stabilisce che:
    • Non sono dovuti né gli oneri di urbanizzazione primaria né quelli di urbanizzazione secondaria.
    • La legislazione statale considera a priori il mutamento d’uso orizzontale come neutro rispetto al carico urbanistico.

Di conseguenza, non è richiesta l’adeguata dotazione di nuove aree per servizi pubblici né la realizzazione di nuove opere di urbanizzazione.

FAQ D.2.2.1 Quale titolo è necessario per il mutamento di destinazione d’uso in base agli interventi che si intendono realizzare?

Quale intervento sto realizzando?Quale titolo è necessario per il mutamento delladestinazione d’uso?
Assenza di interventiSCIA
Edilizia libera (ex articolo 6)SCIA
Interventi soggetti a CILA (ex articolo 6-bis)SCIA
SCIA Interventi soggetti a SCIA (ex articolo 22)SCIA
Interventi soggetti a SCIA alternativa a permesso SCIA alternativa a permesso di costruire dicostruire (ex articolo 23)SCIA alternativa a permesso di costruire
Interventi soggetti a permesso di costruire (ex Permesso di costruire articolo 10)Permesso di costruire

FAQ D.2.2.2 Come si procede nei casi che non rientrano nelle semplificazioni del DL Salva Casa?

La disciplina relativa al mutamento dovrà rinvenirsi nella fonte di livello regionale o locale. Per i casi non rientranti nelle semplificazioni introdotte con il DL Salva Casa, resta fermo quanto previsto in generale dall’articolo 10, comma 2, del Testo unico che demanda alla legge regionale l’individuazione del titolo necessario. In particolare, in caso di mutamento di destinazione d’uso verticale di un intero immobile si evidenzia che l’intera disciplina relativa al mutamento dovrà rinvenirsi nella fonte di livello regionale o locale, senza che, in tal caso, siano previste eccezioni quanto alla disciplina dei titoli richiesti per il mutamento.

FAQ D.2.3.1 Qual è il rapporto intercorrente tra legislazione statale e regionale in materia di mutamento di destinazione d’uso?

 È fatta salva la possibilità per le regioni di prevedere livelli ulteriori di semplificazione, anche in relazione ai titoli richiesti per il mutamento di destinazione d’uso.

FAQ D.2.4.1 Cosa si intende per “intero immobile”? 

Per immobile deve intendersi “l’elemento minimo inventariabile che ha autonomia reddituale e funzionale, esistente su una particella nell’ambito del Catasto dei Fabbricati, ferma restando l’ipotesi di fabbricati costituiti da un’unica unità immobiliare”. Conseguentemente, ne discende che, per il caso di immobile costituito da un’unica unità immobiliare, non possono ritenersi applicabili le disposizioni di cui all’articolo 23-ter, comma 1-bis.

FAQ D.2.4.2 Cosa cambia rispetto al passato? 

Nulla cambia se non la disciplina dei titoli richiesti per il mutamento, che dovrà essere quella di cui al comma 1-quinquies. Si evidenzia come, in linea con l’originaria formulazione dell’articolo 23-ter, il mutamento di destinazione d’uso orizzontale di un intero immobile sia sempre possibile, salva diversa previsione della legge regionale o dagli strumenti urbanistici comunali. In tale ipotesi, l’intera disciplina relativa al mutamento dovrà rinvenirsi nella fonte di livello regionale o locale, di talché, ad esempio, potrà essere possibile, per gli strumenti urbanistici comunali, fissare, oltre che condizioni, anche limitazioni o divieti.

Le Faq sulle Tolleranze costruttive

FAQ D.3.1.1 Cosa accade nel caso di plurime difformità di cui solo alcune rientrino nelle soglie di tolleranza? 

Ove la difformità riguardi due distinti parametri (ad esempio, superficie coperta e altezza) e soltanto uno dei due superi la percentuale massima di scostamento indicata al comma 1-bis o al comma 1, potrà procedersi a dichiarare la tolleranza con riferimento alla difformità rientrante nella predetta percentuale, mentre occorrerà un procedimento edilizio in sanatoria per quella che superi tale soglia.

Rispetto al richiamo – tanto al comma 1-bis come al comma 1 – ad una pluralità di parametri, occorre preliminarmente evidenziare come le tipologie di difformità indicate dal legislatore non siano cumulative, ma alternative. La disposizione di cui al comma 1-bis – al pari di quella contenuta all’interno del comma 1- trova applicazione, pertanto, anche laddove ricorra anche una sola delle difformità indicate, nei limiti della soglia percentuale prevista dal legislatore.

FAQ D.3.1.2 Cosa si intende per “superficie utile”? 

La superficie di pavimento degli spazi di una unità immobiliare, misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, così come definita dal regolamento edilizio tipo (RET) sancito con intesa del 20 ottobre 2016, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni (di seguito, il “Regolamento Edilizio Tipo”).

Nel computo della superficie utile occorrerà, in ogni caso, tener conto di quanto previsto dal titolo originario che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, senza, quindi, considerare eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo (comma 1-ter, primo periodo). Tale regola costituisce, in sostanza, una clausola di salvaguardia, volta ad evitare che, in forza dei frazionamenti, si possa determinare l’applicazione di percentuali più elevate di tolleranza, rendendo, quindi, irrilevanti situazioni che, complessivamente considerate, potrebbero, di converso, integrare nette divergenze rispetto al progetto di impianto originario.

La regola vale solo per il computo della superficie utile ai sensi del comma 1-bis, e, quindi, per gli interventi sottoposti al regime “speciale” valevole per le difformità realizzate fino alla data del 24 maggio 2024: infatti, la disposizione di cui al comma 1-ter non ha richiamato il comma 1, circoscrivendo il proprio campo applicativo ai soli interventi di cui al comma 1-bis. 

FAQ D.3.1.3 Quali sono le soglie di scostamento per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024? 

Si riportano di seguito, a fini di maggior chiarezza, le soglie percentuali massime di scostamento rispetto alle misure indicate nel titolo abilitativo previste dal nuovo comma 1-bis per le ipotesi di interventi realizzati entro il 24 maggio 2024:

  • a) 2%, per le unità immobiliari > 500 mq di superficie utile;
  • b) 3%, per le unità immobiliari da ≤ 500 mq a ≥ 300 mq di superficie utile;
  • c) 4%, per le unità immobiliari da < 300 mq a ≥ 100 mq di superficie utile;
  • d) 5%, per le unità immobiliari da < 100 mq a ≥ 60 mq di superficie utile;
  • e) 6%, per le unità immobiliari < 60 mq di superficie utile. 

FAQ D.3.1.4 Come opera il regime delle tolleranze in relazione alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienicosanitari? 

La soglia applicabile sarà sempre quella del 2 per cento, sia nel caso in cui l’intervento sia stato realizzato prima del 24 maggio 2024, sia nel caso in cui si stato realizzato successivamente, atteso che la regola non ha rinviato alle tipologie di difformità ma agli scostamenti.

Pertanto, laddove la difformità rispetto al progetto riguardi le misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari, lo scostamento tollerato sarà sempre quello del comma 1 e non quello del comma 1- bis.

Un ulteriore aspetto riguarda il rapporto tra la disposizione di cui al comma 1-ter, secondo periodo, e le regole racchiuse all’interno dell’articolo 24, commi 5-bis, 5-ter e 5-quater del Testo unico.

Infatti, il DL Salva Casa, con le modifiche introdotte in sede di conversione, ha rivisto anche le misure minime in materia di requisiti igienico-sanitari, con una regola destinata a valere fino alla definizione dei requisiti igienico-sanitari di carattere prestazionale degli edifici ai sensi dell’articolo 20-bis, comma 1-bis, del Testo unico. Al riguardo, occorre chiarire che la portata meramente ricognitiva della disposizione di cui all’articolo 34-bis, comma 1-ter, secondo periodo, non consente l’applicazione delle nuove regole ai casi di asseverazione relativi ad interventi realizzati prima della data di entrata in vigore del citato articolo 24, commi 5-bis, 5-ter e 5-quater (i.e. 28 luglio 2024). Deve, quindi, operarsi una distinzione sulla base delle misure minime in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari operanti al momento di redazione del progetto. Con particolare riferimento agli edifici esistenti:

  • a) ove il progetto venga redatto dopo il 28 luglio 2024, lo stesso potrà tenere conto delle nuove misure minime di cui all’articolo 24, commi 5-bis e ss. Di conseguenza, la soglia del 2 per cento verrà computata sui nuovi parametri;
  • b) ove, al contrario, il progetto sia stato redatto alla luce dei parametri previgenti al 28 luglio 2024, la difformità di quanto realizzato dovrà essere sempre rapportata alle misure minime vigenti ratione temporis. 

FAQ D.3.1.5 Come si coordina il regime delle tolleranze costruttive con l’autorizzazione paesaggistica? 

Gli interventi ricadenti nel regime delle tolleranze di cui al comma 1-bis non necessitano di autorizzazione paesaggistica, ove integrino interventi e opere ricomprese nell’allegato “A” del citato d.P.R. n. 31 del 2017 e nell’articolo 4 del medesimo articolato normativo.

Infatti, la disposizione di cui all’articolo 3, comma 1, del DL Salva Casa ha previsto che gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 di cui all’articolo 34-bis, comma 1-bis, del Testo unico, sono soggetti al regime di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31.

FAQ D.3.2.1 Come si coordina il regime delle tolleranze esecutive in caso di immobile vincolato? 

Se l’immobile è sottoposto a tutela ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 non potrà operare questo specifico regime delle tolleranze, dovendosi provvedere ad eventuali sanatorie mediante gli ordinari strumenti previsti dal Testo unico.

Del resto, conformemente a questa impostazione, la disposizione di cui all’articolo 3, comma 1, del DL Salva Casa, ha disposto, come ricordato in precedenza, l’applicazione del regime di cui all’articolo 2, comma 1, del d.P.R. n. 31 del 2017 alle sole tolleranze costruttive di cui al comma 1-bis dell’articolo 34-bis, senza, quindi, richiamare il comma 2-bis del medesimo articolo.

FAQ D 3.3.1 Come si prova l’avvenuta realizzazione dell’intervento? 

Mediante la comunicazione di fine lavori (che, ovviamente integrerà una chiara evidenza della data di ultimazione dell’opera) ovvero nel caso in cui la dichiarazione di fine lavori non sia stata presentata in considerazione del titolo abilitante o della tipologia di intervento, la prova dell’epoca di realizzazione dell’intervento potrà essere fornita ricorrendo alla documentazione indicata dall’articolo 9-bis, comma 1-bis, del Testo unico. Si segnala che risulta a carico del privato la prova dell’avvenuta realizzazione dell’intervento entro la data del 24 maggio 2024, trattandosi di un presupposto per accedere ad un regime amministrativo diverso da quello ordinario, e operando, quindi, i tradizionali principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa.

FAQ D3.3.2 Come opera il regime delle tolleranze in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche?

Per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche che non siano classificate a bassa sismicità il tecnico dovrà attestare che gli interventi rientranti nelle soglie di tolleranza rispettino le prescrizioni delle norme per le costruzioni in zone sismiche poste dal Testo unico. Trattasi di apposito procedimento di verifica che è presupposto per la dichiarazione di cui all’articolo 34-bis, comma 3. L’attestazione deve essere riferita al rispetto delle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell’intervento, fermo restando quanto previsto dall’articolo 36-bis, comma 2, con riferimento ai poteri conformativi attribuiti agli sportelli unici edilizi, che saranno oggetto di specifica trattazione in una sezione successiva di questo documento. Inoltre, l’attestazione deve essere corredata della documentazione tecnica sull’intervento predisposta sulla base del contenuto minimo richiesto dall’articolo 93, comma 3, del Testo unico. L’attestazione – unitamente alla documentazione – va, poi, inviata allo sportello unico per l’acquisizione “postuma” dell’autorizzazione sismica dell’ufficio tecnico regionale, oppure per l’esercizio delle modalità di controllo previste dalle Regioni ai sensi dell’articolo 94-bis, comma 5, del Testo unico per le difformità costituenti interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza sismica. 

La disposizione è, in sostanza, funzionale a verificare se gli interventi rientranti nell’ambito applicativo delle c.d. tolleranze siano, comunque, in linea con le prescrizioni previste per l’edificazione delle costruzioni in area sismica. 

Tale disposizione regolamenta un procedimento autonomo e speciale, differente da quelli previsti nella sezione II del capo IV della parte II del Testo unico. Infatti, la disposizione è relativa ad interventi già realizzati e, come già spiegato, è semplicemente finalizzata ad effettuare le verifiche che assicurino il rispetto delle prescrizioni in materia sismica e, quindi, l’assenza di rischi per la sicurezza e l’incolumità derivanti dalle opere rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 34-bis. 

Il rinvio operato dalla disposizione alle previsioni contenute nel capo IV non può, quindi, intendersi come integrale sottoposizione della specifica disciplina dettata dall’articolo 34-bis, comma 3-bis, alle regole contenute nel medesimo capo IV della parte II del Testo unico. 

Ciò in quanto si è rinviato a specifiche disposizioni contenute in tale capo e per precise finalità funzionali al procedimento di regolarizzazione previsto. 

In particolare, il legislatore ha rinviato: 

  • a) all’articolo 83, al solo fine di individuare il perimetro applicativo dell’istituto, escludendo, tra l’altro, le zone a bassa sismicità; 
  • b) alle prescrizioni di cui alla sezione I del capo IV, al solo fine di rinviare alle prescrizioni tecniche valevoli nelle zone sismiche, riferite, tra l’altro, alle sole prescrizioni esistenti al momento della realizzazione dell’intervento; 
  • c) all’articolo 93, comma 3, al solo fine di indicare il contenuto della documentazione tecnica da allegare; 
  • d) agli articoli 94 e 94-bis, al solo fine di consentire quelle verifiche sul rispetto delle prescrizioni sismiche da parte degli enti competenti. 

La specificità del procedimento e l’assenza di un integrale richiamo alle previsioni racchiuse nel capo IV conduce ad escludere che, in relazione al procedimento di cui all’art. 34-bis, comma 3-bis, possa venire in rilievo una violazione delle prescrizioni del capo IV, che è presupposto per l’applicazione delle regole di cui alla sezione III, tra cui quelle contenute nell’articolo 96. Pertanto, a titolo esemplificativo, deve escludersi che l’applicazione del procedimento di cui all’articolo 34-bis, comma 3-bis, comporti la trasmissione del processo verbale di cui all’articolo 96, comma 2, del Testo unico. 

In ragione di quanto esposto, deve, altresì, escludersi che il processo verbale di cui all’articolo 96, comma 2, debba essere compilato al fine di segnalare dichiarazioni mendaci dei tecnici che hanno redatto la relazione tecnica a struttura ultimata e/o il collaudo statico. Qualora il tecnico o gli altri soggetti di cui all’articolo 103 del Testo unico individuassero dichiarazioni mendaci, dovranno darne comunicazioni all’autorità giudiziaria non ai sensi e con le forme di cui al citato articolo 96, ma ai sensi delle generali disposizioni previste dall’ordinamento per la repressione dei fatti di reato. 

Nelle zone a bassa sismicità, l’eventuale certificazione di idoneità statica prevista dalla legislazione regionale sarà invece trasmessa al SUE, che provvederà all’acquisizione della stessa ai fini dell’archiviazione nel fascicolo edilizio. 

Le Faq sulla regolarizzazione degli interventi ante ’77

FAQ D3.4.1.1 Qual è l’epoca della realizzazione degli interventi rilevante ai fini della semplificazione ante ’77? 

Gli interventi realizzati come varianti che costituiscono parziali difformità devono essere stati eseguiti nell’ambito degli interventi riconducibili ad un titolo rilasciato prima dell’entrata in vigore della legge n. 10 del 1977. Da ciò consegue che gli stessi possono essere stati realizzati anche in data successiva al 30 gennaio 1977, purché entro i limiti di validità temporale del titolo che permettono di caratterizzare gli interventi come variante. 

Pertanto, ai fini dell’accertamento dei presupposti per l’applicabilità del regime prefigurato dall’articolo 34-ter, occorrerà indicare l’epoca di realizzazione della variante, al fine di poterla ricondurre alla validità temporale del titolo abilitativo rilasciato ante ’77 cui essa si riferisce. 

FAQ D3.4.1.2 Come devono qualificarsi gli interventi ai fini della semplificazione ante ’77? 

Gli interventi realizzati come varianti, da un lato, devono costituire parziali difformità dal titolo e, dall’altro, non possono qualificarsi quali tolleranze. In relazione a queste ultime, infatti, trova applicazione la disciplina di cui all’articolo 34-bis. 

A tal fine, un utile ausilio è certamente offerto dalla giurisprudenza formatasi in ordine alla previsione di cui all’articolo 34 del Testo unico, la quale ha chiarito che la parziale difformità si configura quando l’intervento, sebbene contemplato dal titolo abilitativo, risulti realizzato secondo modalità diverse da quelle previste a livello progettuale, e, quindi, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 ottobre 2024, n. 8072). Inoltre, va ricordato che tale valutazione deve essere effettuata sulla base di un esame complessivo e non parcellizzato delle singole difformità, non potendosi dunque ammettere una qualificazione di ognuna di esse come difformità solo parziale dell’immobile assentito rispetto a quello realizzato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 ottobre 2020, n. 6432). 

FAQ D3.4.1.3 Quali sono i titoli che possono essere interessati dalla semplificazione ante ’77?

 I titoli che possono essere interessati dalla semplificazione sono: 

  • 1. licenza edilizia di cui alla legge n. 1150 del1942; nonché 
  • 2. ogni altro titolo, autorizzazione, nulla osta comunque denominato rilasciato a fini edilizi anteriormente alla suddetta legge n. 1150 del 1942, come accaduto spesso in base ai Regolamenti edilizi comunali di molte grandi città italiane.

FAQ D3.4.1.4 Qual è il rapporto con le altre normative di settore?

 La procedura di regolarizzazione di cui ai commi 2 e 3 riguarda esclusivamente gli aspetti edilizi. Nei casi in cui l’intervento sia stato effettuato in area sottoposta ad altri regimi – ad esempio, sismico o paesaggistico – sarà, comunque, necessario coinvolgere le altre Autorità competenti per ottenere le prescritte autorizzazioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati. 

FAQ D.3.4.1.5 Come si prova l’epoca di realizzazione delle varianti? 

La prova dell’epoca di realizzazione delle varianti può essere fornita: 

  •  in via generale, mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo, del Testo unico;
  • nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione sopra indicata, mediante attestazione della data di realizzazione da parte del tecnico incaricato con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. Il tecnico incaricato potrà limitarsi ad attestare, più in generale, l’epoca di realizzazione della variante, come desumibile da un’interpretazione sistematica che tiene conto del combinato disposto dell’articolo 34-ter, primo periodo (ove si fa riferimento all’ “epoca di realizzazione”) e secondo periodo (ove si fa riferimento alla “data di realizzazione”). 

Occorre, altresì, chiarire che, trattandosi di una parziale difformità occorrerà allegare all’istanza il titolo rispetto al quale si è verificata in sede esecutiva una parziale difformità. E ciò al fine di consentite all’Amministrazione di poter operare quella verifica sopra indicata in ordine alla ricorrenza di una difformità parziale e non totale.

FAQ D3.4.1.6 In che misura deve essere pagata la sanzione a titolo di oblazione per le varianti ante ’77? 

La sanzione è quella prevista dall’articolo 36-bis, comma 5, lettera b), prima parte, e sarà, pertanto, pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro. 

Il rinvio alla lettera b), prima parte, si desume dalle seguenti circostanze:

  • – l’individuazione della sanzione di cui al comma 5, lettera b) (anziché di quella di cui alla lettera a) si giustifica alla luce della ratio della disposizione, che risponde ad esigenze di agevolazione e tende a valorizzare, in luogo del titolo cui si correla la variante, il titolo richiesto per la regolarizzazione (SCIA); 
  • – l’individuazione della sanzione esclusivamente a quella di cui alla prima parte si spiega alla luce del fatto che tra i presupposti della regolarizzazione in esame non è richiesta la verifica della conformità dell’intervento alla disciplina edilizia e urbanistica (come meglio illustrato alla sezione D.3.4.1.7). 

In relazione alla quantificazione della sanzione da applicare in concreto da parte dei competenti uffici comunali, si rinvia alla sezione D3.5.6.1. 

Si ricorda che per gli interventi eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica resta ferma la sanzione di cui all’articolo 36-bis, comma 5-bis.

FAQ D.3.4.1.7 È richiesta la doppia conformità urbanistica e/o edilizia? 

Ai fini del perfezionamento della SCIA in sanatoria non è richiesta la sussistenza della doppia conformità, rigida o semplificata, di cui agli articoli 36 e 36-bis del Testo unico. Il rinvio operato all’articolo 36-bis, commi 4 e 6, è volto esclusivamente a regolare aspetti di natura procedurale e non può, pertanto, estendersi alle disposizioni che regolano la verifica di conformità ivi disciplinata. 

In particolare, si conferma: 

  •  l’applicazione della procedura relativa agli interventi realizzati in zone vincolate sotto il profilo paesaggistico; e 
  •  l’operatività dell’istituto del silenzio assenso.

FAQ D3.4.2.1 È necessario che il titolo sia stato rilasciato in data antecedente all’entrata in vigore della legge 10/77? 

No, il titolo può essere stato rilasciato anche in data successiva. Rispetto all’ipotesi prevista dai precedenti tre commi, in questo caso non è riprodotto il presupposto relativo al rilascio del titolo in data antecedente all’entrata in vigore della legge n. 10 del1977; di conseguenza, questa specifica ipotesi di regolarizzazione opera anche per interventi realizzati durante l’esecuzione dei lavori oggetto di titolo abilitativo rilasciato successivamente all’entrata in vigore della predetta legge n. 10 del 1977, ricorrendo gli altri presupposti stabiliti dalla disposizione. 

FAQ D3.4.2.2 In che modo può ritenersi accertata la sussistenza di parziali difformità in sede di sopralluogo o ispezione?

È sufficiente che gli accertamenti in sede di sopralluogo o ispezione si siano limitati ad una generica o generale constatazione sulle difformità.

Sono ricomprese le varie tipologie di sopralluogo o ispezione previste, nel corso del tempo, dall’ordinamento, purché queste siano state dirette ad un accertamento anche di carattere edilizio. Con riferimento alle ipotesi più risalenti, può farsi l’esempio del rilascio del certificato di abitabilità da parte del Sindaco previo sopralluogo dell’ufficiale sanitario o dell’ingegnere delegato, che era diretto a riscontrare la conformità dell’opera, la sussistenza di muri prosciugati e l’assenza di causa di insalubrità (articolo 221 del R.D. n. 1265 del1934). Si tratta di tipologie di accertamenti che sono stati molto frequenti nella prassi, stante la lunga vigenza di tale disposizione, abrogata solo con il D.P.R. n. 425 del 1994, il quale ha introdotto un meccanismo di silenzio assenso che, di converso, esclude la possibilità di applicare la regolarizzazione di cui all’articolo 34-ter, comma 4, in esame, ai certificati di agibilità/abitabilità formatisi con quel meccanismo, difettando in tali casi un accertamento da parte di un tecnico pubblico. Inoltre, occorre che tali accertamenti abbiano constatato la sussistenza di parziali difformità. In relazione al contenuto di tale accertamento occorre, poi, considerare come i verbali redatti in passato fossero, molto spesso, privi di una puntuale analisi di conformità edilizia, anche in considerazione delle tecniche utilizzate all’epoca. Alla luce di ciò, ipotizzare l’applicazione della disposizione in esame ai soli casi in cui l’accertamento sia stato effettuato in modo particolarmente rigoroso significherebbe restringerne notevolmente il campo di applicazione, nonché deprivare la ratio della regola, che è volta a valorizzare l’affidamento riposto dal cittadino sulla base del rilascio di un certificato di agibilità/abitabilità redatto all’esito di un sopralluogo appositamente finalizzato anche alle verifiche edilizie e maturato anche in considerazione della mancata adozione di successivi provvedimenti repressivi. Pertanto, si ritiene che anche ove tali accertamenti si siano limitati ad una generica o generale constatazione sulle difformità (effettuata anche mediante la mera apposizione di rilievi rappresentativi delle stesse sul progetto, come spesso riscontrato nella prassi) possa, comunque, trovare applicazione la disposizione in esame. Inoltre, occorre che il certificato di agibilità o abitabilità – rilasciato all’esito del procedimento sopra indicato – non sia suscettibile di annullamento in autotutela ex art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 (con conseguente necessità di verifica di tutti i presupposti di tale disposizione). Va ulteriormente chiarito che, ai fini dell’operatività della disposizione, non può ritenersi sufficiente la circostanza che il certificato riporti la sussistenza di difformità edilizie, le quali devono essere, invece, accertate – nei termini sopra indicati – nei verbali di sopralluogo o ispezione. In ogni caso, non si ritiene indispensabile che il certificato richiami il sopralluogo o l’ispezione, nei casi in cui dalla documentazione relativa al procedimento possa, comunque, evincersi che il certificato sia stato redatto tenendo conto dell’esito di tale accertamento. Si pensi ai casi di certificati rilasciati ai sensi dell’articolo 221 del R.D. n. 1265 del 1934, che necessariamente presuppongono l’avvenuta ispezione, con la conseguenza che l’eventuale verbale antecedente a tale certificato sarà di per sé prova del preventivo accertamento.

FAQ D3.4.2.4 Qual è il rapporto con il regime delle tolleranze?

 La parziale difformità in esame non dovrà essere oggetto di un procedimento amministrativo di sanatoria, applicandosi il regime delle tolleranze di cui all’articolo 34-bis.

Di conseguenza troveranno applicazione in questo caso le regole in precedenza illustrate, ivi incluse quelle in materia di unità immobiliari ricomprese in zona sismica. Di converso, il regime paesaggistico dell’intervento sarà regolato dalle disposizioni ordinarie, non trovando applicazione la deroga di cui all’articolo 3, comma 1, del DL Salva Casa, esclusivamente riferibile alle tolleranze costruttive ante 24 maggio 2024.

Le Faq sul procedimento di sanatoria

FAQ D3.5.1.1 Quando è attivato il procedimento nel caso di variazioni essenziali? 

Alla luce di quanto disposto dall’articolo 31, comma 2 del Testo unico, la richiesta di sanatoria potrà essere presentata entro il termine previsto dall’articolo 31, comma 3, comprese le eventuali proroghe, previste dall’ultimo periodo del medesimo comma.

FAQ D3.5.2.1 È possibile presentare, unitamente all’istanza di sanatoria, ulteriori istanze ad essa connesse? 

Si. Si consideri, ad esempio, il caso di sanatoria di un intervento a cui sia connessa un’istanza di mutamento di destinazione d’uso ex articolo 23-ter, condizionata alla sanatoria. Anche in questo caso l’istanza potrà essere unitaria e presentata allo Sportello unico per le (pur diverse) valutazioni che occorrono per ritenere l’intervento suscettibile di sanatoria e per assentire, altresì, il cambio di destinazione d’uso. In sostanza, in un caso come quello in esame potrà presentarsi un’unica istanza e l’Amministrazione verificherà nel medesimo procedimento i presupposti per la sanatoria delle opere e il cambio di destinazione d’uso condizionato al previo ottenimento dei titoli in sanatoria.

FAQ D3.5.2.2 Come si procede nel caso in cui siano richiesti autorizzazioni o atti di assenso da parte di altre amministrazioni per gli interventi edilizi prescritti?

 Trattandosi di interventi condizionanti il rilascio del titolo o la formazione dello stesso, gli stessi dovranno essere acquisiti dallo Sportello unico edilizia prima del formale rilascio del permesso di costruire in sanatoria; in caso di SCIA in sanatoria la realizzazione è presupposto per la formazione del titolo. In ogni caso, l’istanza relativo al titolo in sanatoria – anche per la parte che presuppone il rilascio di autorizzazioni o atti di assenso di altre amministrazioni – potrà essere presentata direttamente allo Sportello unico edilizia, che ai sensi dell’articolo 36-bis procederà poi a trasmettere la documentazione alle competenti amministrazioni. Si pensi al caso dell’autorizzazione sismica o dell’autorizzazione paesaggistica. Nel primo caso, il Comune dovrà inviare la documentazione all’ufficio regionale competente per la verifica sismica; nel secondo alla Soprintendenza territorialmente competente. In entrambi i casi sono possibili, in ogni caso, richieste di integrazioni documentali, ove necessarie. 

Si ribadisce sul tema che anche per la parte relativa all’acquisizione dell’accertamento della compatibilità paesaggistica in sanatoria la disciplina applicabile è quella dell’articolo 36-bis, comma 4 ( e non quella dell’articolo 146, comma 4 o 167, commi 4 e 5, del Codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), la quale specifica che spetta al Comune acquisire il parere vincolante all’autorità preposta alla gestione del vincolo anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati. Il medesimo articolo 36-bis, comma 4 individua i tempi per l’espressione del parere della soprintendenza e per la determinazione dell’autorità competente, specificando che sono soggetti a silenzio-assenso. 

D.3.5.3.1 Come si prova l’epoca di realizzazione degli interventi?

La prova dell’epoca di realizzazione delle varianti può essere fornita:

  •  in via generale, mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo, del Testo unico;
  • nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione sopra indicata, mediante attestazione della data di realizzazione da parte del tecnico incaricato con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. Il tecnico incaricato potrà limitarsi ad attestare, più in generale, l’epoca di realizzazione della variante, come desumibile da un’interpretazione sistematica che tiene conto del combinato disposto dell’articolo 36-bis, comma 3, secondo periodo (ove si fa riferimento all’ “epoca di realizzazione”) e terzo periodo (ove si fa riferimento alla “data di realizzazione”).

FAQ D.3.5.5.1 Quali sono le differenze tra il regime di cui all’articolo 36- bis, comma 4 e l’articolo 167 del codice dei beni culturali e del paesaggio?

Quella prevista dall’articolo 36-bis, comma 4, e quella prevista dall’articolo 167 del codice dei beni culturali e del paesaggio sono procedure distinte. 

La nuova disciplina del silenzio-assenso consente di evidenziare le differenze tra la regola di cui all’articolo 36-bis del testo unico e la previsione di cui all’articolo 167, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004, secondo cui “il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. 

L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni”. 

La disciplina, sopra richiamata, dell’art. 167 è connotata da elementi procedurali del tutto diversi da quelli posti alla base della disciplina del silenzio assenso ex art. 17 bis della legge n. 241 del 90. Nelle ipotesi dell’articolo 167, infatti, non occorre un accordo tra plurime amministrazioni co-decidenti – di regola, preposte alla cura di interessi pubblici differenziati – in ordine ad uno schema di provvedimento predisposto dall’Amministrazione procedente. Piuttosto, è l’Amministrazione interpellata (Soprintendenza) a dovere assumere la decisione sostanziale sul contenuto del provvedimento finale da adottare (senza essere vincolata da un previo schema di provvedimento), mentre il ruolo dell’Amministrazione procedente, preposta alla gestione del vincolo, è quello di statuire in conformità. Rispetto alle conseguenze discendenti dalla condotta inerte della soprintendenza, inoltre, l’articolo 167, comma 5 del D. Lgs. N. 42704 ha qualificato come “perentorio” il termine entro cui la Soprintendenza deve esprimere il parere di competenza, in tale maniera regolando (implicitamente) gli effetti dell’inerzia. Come precisato dal Consiglio di Stato Sez. V, 17 marzo 2015, n. 1374, la natura perentoria di un termine, esplicitata dal legislatore o desumibile dalla normativa di riferimento, implica la produzione di un effetto decadenziale per il caso di sua inosservanza, non potendosi ritenere persistente il potere non tempestivamente esercitato.Di conseguenza, come pure precisato dal Consiglio di Stato (Sezione VI, 19 novembre 2020, n. 7193), l’inutile decorrenza del termine perentorio di novanta giorni ex art. 167, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004 determina – anziché la formazione di un atto di assenso tacito – la decadenza dall’esercizio dello specifico potere assegnato dal legislatore e, dunque, dalla possibilità di vincolare l’amministrazione procedente nella decisione finale. Secondo la giurisprudenza si è, dunque, in presenza di una disciplina che, pure non equiparando l’inerzia all’atto di assenso, assicura le esigenze di tempestività dell’azione amministrativa, nel rispetto della rilevanza costituzionale dell’interesse (paesaggistico ex art. 9 Cost.) tutelato. L’articolo 36-bis del testo unico edilizia ha inteso discostarsi dalla ricostruzione degli effetti del comportamento inerte della Soprintendenza, come desumibile dalla giurisprudenza sopra richiamata relativa all’articolo 167, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004. Nelle ipotesi soggette al nuovo accertamento di conformità di cui all’articolo 36-bis, infatti, l’inerzia della Soprintendenza equivale ad assenso, senza possibilità di intervenire dopo il decorso del termine nel procedimento, fintantoché il provvedimento finale non sia assunto, al fine di rappresentare il proprio punto di vista sul tema in decisione.

FAQ D3.5.5.2 Cosa succede nel caso di vincolo sopravvenuto? 

Le disposizioni si applicano anche per interventi che risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.

FAQ D3.5.6.1 Come deve essere calcolata in concreto la sanzione di cui al comma 5, lettera b)? 

Sulla base delle valutazioni relative all’incremento del valore venale del bene dell’Agenzia delle entrate, anche tenendo in considerazione le prassi applicative già utilizzate nella vigenza dell’articolo 37, comma 4, del Testo Unico. Le modalità di quantificazione della sanzione mutuano quelle già previste dal previgente articolo 37, comma 4, per il quale prevedeva che: “il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio”. Pertanto, le amministrazioni competenti potranno fare riferimento alle prassi applicative già in uso. In particolare, si ricorda che già prima dell’entrata in vigore del DL Salva Casa, proprio in virtù dell’articolo 37, comma 4, l’amministrazione competente richiedeva all’Agenzia delle entrate la quantificazione dell’incremento del valore venale del bene in conseguenza dell’intervento realizzato, ai fini della determinazione della misura della sanzione tra il minimo ed il massimo edittale. 

Ai fini della liquidazione delle somme da corrispondere a titolo di oblazione i competenti uffici comunali potranno pertanto far riferimento alle prassi in essere, che in particolare prevedono: 

  • a) la richiesta di quantificazione dell’incremento del valore venale da parte del Comune all’Agenzia delle entrate; 
  • b) all’esito della quantificazione di tale incremento, il Comune potrà determinare la sanzione applicabile secondo criteri di proporzionalità rispetto alla variazione percentuale del valore venale dell’immobile valutato dall’Agenzia delle entrate. A titolo esemplificativo, in caso di incrementi del valore venale dell’immobile pari al 20%, il Comune potrà applicare un incremento del 20% del minimo edittale. Resta ferma in ogni caso la facoltà del Comune di orientare l’attività dei competenti uffici rispetto alla determinazione delle sanzioni, parametrando le sanzioni in base ai predetti parametri sull’incremento del valore venale, nonché in base ad ulteriori criteri discrezionalmente individuati dal Comune, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.

Per i casi di interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA ai sensi dell’articolo 37, si precisa che, qualora il Comune ritenga che tale intervento non abbia aumentato il valore venale dell’immobile si applicherà l’oblazione nelle soglie minime edittali di cui all’articolo 36-bis, comma 5, lettera b) (i.e. euro 1.032 e 516), senza la necessità di coinvolgere i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate. 

FAQ D3.5.6.2 In quale fasi del procedimento si pagano le oblazioni?

 Il pagamento delle sanzioni si articola di regola in due fasi: 

  • 1) il pagamento del contributo dovuto, a titolo di anticipazione dell’oblazione, ai fini della presentazione della richiesta di rilascio di titoli in sanatoria (si rinvia, sul punto, all’apposita modulistica in fase di definizione). A seconda della modulistica di riferimento, tale contributo può essere individuato nel minimo edittale ovvero in un valore autonomamente stabilito dal richiedente (va infatti evidenziato che ai sensi dell’articolo 36- bis, comma 5 il pagamento delle oblazioni è presupposto per l’efficacia del titolo); 
  • 2) il pagamento del conguaglio risultante dalla differenza del valore dell’oblazione, determinato dall’amministrazione competente, e il valore del contributo già versato. 

FAQ D3.5.7.1 Come si correlano il meccanismo del silenzio assenso e il pagamento dell’oblazione? 

Intervenuto il silenzio assenso il titolo è valido ma, in assenza del pagamento integrale della sanzione a titolo di oblazione, non è idoneo a produrre i suoi effetti. Ad esempio, il titolo non potrà essere utilizzato per dimostrare lo stato legittimo in occasione di una successiva pratica edilizia ovvero in occasione di trasferimento della proprietà dell’immobile. Ne consegue che il privato otterrà, con il decorso dei termini e in presenza degli altri presupposti previsti, un titolo certamente valido che, tuttavia, diverrà efficace con l’integrale adempimento dell’obbligazione pecuniaria connessa.

Le Faq sul recupero dei sottotetto

FAQ D4.1.1 In quali regioni opera la semplificazione in materia di sottotetti introdotta dal DL Salva Casa? 

Solo nelle regioni che sono intervenute con proprie disposizioni a regolare gli interventi di recupero dei sottotetti. 

Quindi il recupero dei sottotetti è consentito qualora esista una norma regionale che definisca le condizioni che consentano tale recupero (e.g. in tema di definizione di sottotetto, condizioni per la realizzazione degli interventi, disciplina del rapporto aeroilluminante). La disciplina semplificatrice introdotta, pertanto, non deve essere intesa come una liberalizzazione ma piuttosto, nei limiti e secondo le procedure previste dalle esistenti leggi regionali, come un quadro regolatorio minimo di condizioni necessarie per considerare ammissibili gli interventi di recupero dei sottotetti, quando questi non consentono il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, derogabile in presenza di leggi regionali più favorevoli. 

Numerose Regioni si sono dotate di disposizioni sul recupero a scopo abitativo dei sottotetti. Solo in relazione a queste ultime, pertanto, troveranno applicazione le disposizioni di semplificazione minima di cui al DL Salva Casa. In merito all’applicabilità della disposizione in esame, a nulla rileva la data di emanazione della disposizione regionale (antecedente o successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL Salva Casa). Ciò che il legislatore statale richiede e’ l’esistenza di una disciplina legislativa regionale che disciplini le modalità di recupero dei sottotetti, individuando le relative procedure e i criteri. Eventuali parziali dichiarazioni di incostituzionalità della legislazione regionale sul recupero dei sottotetti da parte della Corte costituzionale non possono indurre automaticamente a ritenere insoddisfatto il rinvio legislativo alla disciplina regionale di settore, nella misura in cui la disciplina regionale di risulta sia comunque idonea a individuare i presupposti essenziali per il recupero dei sottotetti. 

Di converso, per quelle Regioni che non si sono dotate di tale disciplina, la norma in esame è volta a stimolare l’adozione di una normativa in materia di recupero di sottotetti, ciò sempre nell’ottica di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa.

Le Faq sull’Edilizia Libera

FAQ D4.2.1 Cosa si intende per logge e porticati?

 Quelli definiti alle voci n. 37 e 39 dell’Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo. In particolare: 

  • con il termine loggia (o loggiato) si intende “l’elemento edilizio praticabile coperto, non aggettante, aperto su almeno un fronte, munito di ringhiera o parapetto, direttamente accessibile da uno o più vani interni”.
  • con il termine porticato (o portico) si intende “l’elemento edilizio coperto al piano terreno degli edifici, intervallato da colonne o pilastri aperto su uno o più lati verso i fronti esterni dell’edificio”.

Le Faq sui requisiti igienico sanitari

FAQ D4.3.1 Come è regolato il regime transitorio in considerazione della prossima adozione del decreto di cui all’articolo 20?

 La disciplina transitoria rimarrà in vigore sino all’adozione del decreto del Ministro della salute previsto dall’articolo 20, comma 1-bis, del Testo Unico. Sino all’adozione del suddetto decreto, rimangono fermi gli effetti delle segnalazioni certificate di inizio attività presentate, ai fini dell’agibilità, dalla data di entrata in vigore dei commi 5-bis, 5-ter e 5-quater dell’articolo 24 del Testo unico (i.e. 28 luglio 2024) e perfezionatesi per decorso dei termini del procedimento. 

Si evidenzia che il decreto di cui all’articolo 20, comma 1-bis, del Testo unico, il quale risulta all’attualità in via di definizione presso gli uffici ministeriali competenti, recherà disposizioni in continuità con quanto previsto dal regime transitorio, le cui innovazioni, quindi, verranno ad essere stabilizzate.

Scarica il PDF delle Linee Guida al Salva Casa.

Scarica la nostra Infografica sul Salva casa 2025

articolo del 4 ottobre 2024 aggiornato in data 6 febbraio 2025

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.