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Applicare la “Sufficiency” agli edifici esistenti per velocizzare la decarbonizzazzione

Il nuovo report di BPIE trasforma il concetto di building sufficiency in una strategia climatica che punta al riusi adattivo degli edifici esistenti per ridurre una domanda superflua di nuovi edifici (anche se net zero) a favore di un “migliore” utilizzo

Riuso adattivo: come applicare la Sufficiency all’esistente per decarbonizzare
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Nonostante il consumo di suolo sia inesorabile, il 34% degli europei vive in alloggi “sotto occupati”

L’obiettivo comune del comparto delle costruzioni è quello di creare entro il 2050 un ambiente attraente, conveniente e allineato alle reali esigenze di spazio e accessibilità degli occupanti, il tutto rispettando i “limiti” planetari. Ma esistono due strade complementari e contrapposte per raggiungere questo obiettivo di decarbonizzazione. La prima strada è caratterizzata dalla sempre maggiore efficienza dei processi, degli edifici, degli impianti; dall’altra parte c’è invece il concetto di “sufficiency”, una strategia di riuso adattivo che interviene direttamente sulla domanda di beni, servizi ed energia, limitandone l’uso assoluto. Quindi mentre l’efficienza si concentra su miglioramenti tecnologici incrementali per ottimizzare l’uso delle risorse, la sufficiency punta ad evitare una domanda superflua di energia o, come in questo caso, di edifici.

E’ da questo concetto che parte il nuovo report “Prioritising Existing Buildings for People and Climate”, di BPIE, il Buildings Performance Institute Europe. 

Lo studio si concentra ovviamente sulla Building Sufficiency, ovvero sull’applicazione del concetto generale di sufficiency al settore edilizio, per ridurre l’esigenza di nuovi edifici, ancora prima di costruirne di nuovi anche se più efficienti.

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Riuso adattivo vs Efficienza vs energia rinnovabile

Entro il 2050, quasi l’80% del patrimonio edilizio esistente sarà ancora in piedi ed in uso. Non solo. Il 34% della popolazione dell’UE vive in case “sottoutilizzate”, dove lo spazio disponibile  non è impiegato in maniera efficace rispetto alle esigenze degli occupanti. Una Percentuale che nel caso degli uffici sale al 57%.

Da quando il conteggio delle emissioni del comparto si è esteso all’intero ciclo di vita, inserendo anche il carbonio incorporato, il potenziale dell’inutilizzato è ovviamente cresciuto. 

Per contrastare la carenza di alloggi si costruiscono nuovi edifici, sicuramente più efficienti, ma che comunque necessitano di nuove materie prime, implicano una fase di trasporto ed ovviamente vanno ad occupare altro suolo. 

I professionisti di BPIE suggeriscono invece di puntare maggiormente sul riuso adattivo dell’esistente, applicando contemporaneamente misure di riduzione della domanda e dell’offerta per mantenere una traiettoria allineata con gli obiettivi di neutralità climatica.

Il report mette in luce i tre differenti approcci di decarbonizzazione però complementari tra loro:

  • la sufficiency che affronta le Cause degli impatti ambientali delle attività umane riducendo la domanda di energia e di materiali durante l’intero ciclo di vita degli edifici, attraverso azioni a lungo termine guidate da soluzioni non tecnologiche, come ad esempio, la gestione del territorio e la pianificazione urbanistica. Si consuma meno in termini assoluti e sono determinate da processi biofisici.
  • L’efficienza che affronta i Sintomi dell’impatto ambientale migliorando l’uso dell’energia e dei materiali da costruzione, incrementando l’uso di migliori tecnologie, delle circolarità e costruendo nuovi edifici a zero emissioni.
  • Le energie rinnovabili che affrontano le Conseguenze dell’impatto ambientale, riducendo l’intensità di carbonio dell’approvvigionamento energetico anche attraverso il phase-out delle fossili.

Integrare la Building Sufficiency alle decisioni politiche

La Building sufficiency è quindi un approccio olistico che integra la gestione del territorio, la pianificazione urbana e l’uso efficiente degli spazi per ridurre i consumi in termini assoluti, piuttosto che limitarsi a rendere le attività esistenti più efficienti. 

Ovviamente per ottenere risultati a lungo termine, il riuso adattivo della building sufficiency dovrebbe essere applicato a livello di governance integrando questi concetti nel quadro politico, eliminando gli ostacoli che ne impediscono l’attuazione. 

Secondo il report BPIE, questo cambiamento offre l’opportunità di ridefinire l’abitare, andando oltre la povertà energetica e la nuova costruzione, ampliando il focus per includere disponibilità, accessibilità, inclusività e qualità complessiva dell’alloggio.

Sfruttare la tecnologia per mappare l’inutilizzato

Ma come sfruttare al meglio gli edifici esistenti senza compromettere la qualità dell’abitare?

La tecnologia e la collaborazione tra governo nazionale ed enti locali può fornire un aiuto. 

Il report riporta alcun best practice europee dove il concetto di building sufficiency è stato applicato con successo.
Si parte dalla Francia, che ha attuato il National Plan to Combat Vacancy con il censimento delle proprietà “vuote” da almeno 2 anni e che sono risultate ben 1,1 milioni  (il 3,5% del patrimonio edilizio). Di queste proprietà circa 300.0000 potrebbero essere recuperate e inserite nel mercato. Il Piano fornisce quindi ai Comuni sia i dati ed i riferimenti dei proprietari delle strutture riutilizzabile che possibili soluzioni per il loro recupero.

La seconda best practice ci porta invece in Polonia, dove il toolkit “Adaptation of Empty Spaces for Affordable Apartments” fornisce le linee guida per trasformare gli spazi commerciali inutilizzati in alloggi sociali di qualità. Lo strumento fornisce dati sugli spazi vuoti, descrive meccanismi legali e finanziari e offre raccomandazioni per rendere disponibili gli spazi inutilizzati.

I casi studio inseriti nello studio sono molteplici e tutti di estremo interesse, oltre che facilmente applicabili ad altre realtà urbane con problematiche simili.

Scarica il report Prioritising existing buildings for people and climate

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.