Nel caso in cui l’impresa non porti a termine i lavori facendo perdere il diritto alla detrazione, il committente potrà chiedere il Risarcimento del Superbonus perso?
La “perdita di chance” rischia di diventare il prossimo leitmotiv delle sentenze sul Superbonus
I proprietari di un immobile nel quale siano stati avviati lavori per il Superbonus, ma mai portati a termine, può chiedere il risarcimento all’impresa per “perdita di chance”.
E’ quanto ha stabilito il Tribunale di Torino (ma non solo) in riferimento alla denuncia di un committente che, a causa dell’inadempimento da parte dell’impresa esecutrice dei lavori, ha perso la possibilità di accedere alla detrazione fiscale.
Non è il primo caso di questo tipo e certamente non sarà l’ultimo in cui verrà chisto un risarcimento del superbonus perso. Ovviamente non è possibile fare di tutta l’erba un fascio dato che, negli ultimi anni come abbiamo visto, si sono susseguiti problemi notevoli e talvolta insuperabili che le società di costruzione si sono trovate ad affrontare.
Tuttavia, l’eventuale abbandono del cantiere e dei lavori, implica per il committente e nel migliore dei casi, la necessità di affidare i lavori ad un’altra imprese, ottenendo però imposte meno generose dato il decalage che ha caratterizzato il Superbonus.
Lavori incompleti entro le scadenze di legge
Il caso portato al Tribunale di Torino vede un committente proprietario di una villetta unifamiliare, contro l’impresa appaltatrice dei lavori. La richiesta di risarcimento del Superbonus parte da una prima importante negligenza segnata dall’impresa: il mancato completamento del 30% dei lavori entro il 30 settembre 2022.
Questa data ha infatti fatto da spartiacque tra coloro che hanno potuto continuare a beneficiare del Superbonus e coloro che si sono ritrovati senza detrazione.
Il mancato adempimento dell’impresa ha spinto il proprietario a rivolgersi al Tribunale sia per chiedere l’annullamento del contratto, sia per chiedere il risarcimento del Superbonus.
A nulla sono valse le giustificazioni fornite dall’impresa per spiegare il ritardo, citando la difficoltà di raggiungere accordi di subappalto e le troppe richieste dimodifica fatte dal committente. Come sottolineato dal tribunale, l’impresa ha accettato di “Occuparsi, quale unico referente, dell’intero progetto di riqualificazione energetica, senza che il comportamento di terzi subappaltatori influisse sull’adempimento”.
Come quantificare la “perdita di chance”
Una volta chiarito l’obbligo per l’impresa del risarcimento per il Superbonus perso, si passa però al dover conteggiare questa “perdita di chance”. L’importo del risarcimento deve tener conto dell’eventuale residua possibilità per i committente di accedere ad altre detrazioni fiscali, anche se di importo inferiore. A meno che, ovviamente, non sia possibile dimostrare il contrario.
Nel caso specifico, il committente chiedeva un risarcimento pari all’importo della detrazione che avrebbe dovuto ottenere con il Superbonus al 110%. Secondo il proprietario infatti, a causa delle restrizioni tipologiche imposte dalla nuova normativa, il suo immobile non avrebbe potuto accedere al Superbonus 90% ancora disponibile. Ma il Tribunale era di un altro parere. “Non è stata viceversa provata l’esistenza di preclusioni ai bonus nella misura del 65% e del 50%, ipotesi ancora astrattamente percorribili dall’attrice presentando una nuova pratica edilizia ed usufruendo dei correlati benefici fiscali”.
In assenza di prove contrarie quindi, il committente avrebbe potuto accedere agli altri Bonus edilizi ordinari. Per questo motivo, il risarcimento del danno subito che l’impresa dovrà restituire al proprietario è stato determinato in base alla differenza tra la detrazione che il committente avrebbe avuto diritto di ricevere e quelle ancora disponibili sul mercato.