Nomisma: “Negli obiettivi di riduzione al 2030 della Direttiva Case Green, sono compresi gli interventi del Superbonus”
Siamo al giro di boa per la famosa Energy Performance of Building Directive (EPBD), o Case Green. Una volta entrata in vigore tutti gli Stati Membri dovranno attivarsi per recepirla entro 48 mesi. Le novità più rilevanti del nuovo testo riguardano le abitazioni private, alle quali è richiesta una riduzione progressiva dei consumi sull’intero patrimonio. Ciò significa che, entro il 2030, circa 5 milioni di famiglie dovranno riqualificare casa migliorando in un modo o nell’altro le performance energetiche. “Ma come mettere le famiglie italiane nelle condizioni di intervenire sulla propria casa per recepire la direttiva e contribuire così alla richiesta del Parlamento Europeo?”. E’ questa la domanda che si pone Nomisma provando a suggerire una strategia nazionale per non farci trovare impreparati.
Interventi del Superbonus rientrano nell’obiettivo UE
L’obiettivo rimane la neutralità climatica entro il 2050, anche se rispetto al primo testo di revisione della Direttiva Case Green, presentato a dicembre 2021, la nuova versione è decisamente più tollerante negli obiettivi. “Un testo meno ambizioso, più tiepido e flessibile rispetto alla prima versione, che non parla più di classi energetiche, ma di emissioni, e che posticipa alcuni traguardi e affida ai singoli stati membri l’individuazione di un piano nazionale per ristrutturare gli edifici residenziali più energivori”, ribadisce Marco Marcatili, Direttore Sviluppo di Nomisma, commentando la nuova direttiva europea.
Per le abitazioni private il primo traguardo è fissato al 2030, quando ciascuno Stato Membro dovrà assicurare una riduzione del 16% dei consumi di energia primaria sull’intero patrimonio immobiliare nazionale (e di conseguenza nelle emissioni).
“Di positivo c’è che per contabilizzare l’effettiva riduzione, l’anno zero è stato fissato al 2020. Quindi nel calcolo sono compresi gli interventi di efficientamento energetico effettuati con il Superbonus, che hanno coinvolto il 3,5% circa del parco residenziale del Paese, e tutte le misure di incentivazione edilizie che hanno consentito di raggiungere una riduzione certa dei consumi al 2022 del -4,4%, stimabile ad oggi in un -6%”, prosegue Marcatili.
I prossimi passi: ripristinare la cessione del credito e diversificare gli incentivi
La sfida, oggi e nel prossimo futuro, è dunque quella di allargare la platea di soggetti in grado di aderire alla transizione per riqualificare casa nel miglior modo possibile.
1- PIANO NAZIONALE di RIQUALIFICAZIONE. Secondo Nomisma la strada da percorrere è certamente quella di definire con cura un Piano Nazionale credibile per sostenere il percorso di riqualificazione del patrimonio immobiliare. “Oggi, con il susseguirsi delle crisi finanziarie, la piccola proprietà è più frammentata e fragile e non sempre ha le capacità di tenersi al passo con gli obiettivi di transizione energetica e ambientale”.
2- RIATTIVARE CESSIONE DEL CREDITO. In secondo luogo, per la società di consulenza sarà indispensabile riattivare la cessione del credito, “combinato con un incentivo diversificato per ‘condizione condominiale’ e ‘profondità dell’intervento’”, e dagli strumenti di tipo Esco (Energy Service company), in grado di anticipare alle famiglie italiane i benefici del risparmio energetico”. Un suggerimento che certamente non andrà a genio al Ministero dell’Economia che nell’ultimo DL n.39/29024 ha ribadito la sua contrarietà alle misure alternative alla detrazione diretta degli incentivi per l’edilizia.
3- RIORGANIZZARE I BONUS EDILIZI. La strategia organica suggerita da Nomisma, inoltre, dovrebbe riordinare il quadro attuale in materia di sussidi e bonus, “che rischiano di finanziare i piccoli interventi, insufficienti a garantire da soli gli obiettivi richiesti dalla direttiva, e non le ristrutturazioni profonde, che agiscono sull’intero edificio e gli impianti e permettono, invece, di ridurre le emissioni in modo più performante”.
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Riqualificare casa ne aumenta il valore del 15%-25%
Un approccio di questo tipo permetterebbe tra l’altro di aumentare il valore degli immobili ribadisce Nomisma. “Come abbiamo visto negli ultimi anni, infatti, esiste un green premium del valore immobiliare tra il 15% e il 25%, che ancora una volta deve responsabilizzare le istituzioni a interpretare le politiche dei bonus come strumento di redistribuzione. “Senza questi interventi, e soprattutto senza un piano nazionale equo, ponderato e accessibile a tutte le famiglie italiane, il rischio è che possa aumentare ancora la forbice sociale tra chi recepisce la direttiva e chi, invece, resta indietro e vede inesorabilmente deperire il valore del proprio immobile. Un errore da non ripetere, visto quanto accaduto con il Superbonus”, conclude Marcatili.