Il parere del Consiglio di Stato sul Correttivo Appalti boccia completamente l’iter procedurale seguito dal Governo. Parere positivo invece sull’equo compenso
Il Consiglio di Stato sul Correttivo Appalti pubblici dice Ni. Se alcuni punti sono piaciuti è pur vero che, ai tecnici di Palazzo Spada non sono sfuggite le molte criticità rilevate nel testo, prima fra tutte il mancato rispetto del corretto iter di approvazione.
Nelle 146 pagine del documento emerge però anche un’approvazione in linea generica all’abolizione dell’equo compenso tradizionale per i professionisti impegnati negli appalti pubblici. Nulla da osservare invece sull’innalzamento a 2 milioni di euro per la soglia oltre la quale scatta l’obbligo del BIM a partire dal 1° gennaio 2025.
L’iter procedurale di approvazione del Correttivo potrebbe anche essere impugnato
Secondo il Consiglio di Stato il percorso seguito per l’approvazione del Correttivo Appalti non rispecchia la medesima procedura seguita per il Codice, una scelta che “non si sottrae a qualche profilo di criticità logico-giuridica”. In particolar modo il mancato coinvolgimento preliminare del Consiglio di Stato nella stesura dell’articolato normativo non rispetterebbe quanto stabilito dalla legge delega. “Da questa discrasia potrebbero, addirittura, derivare rischi di impugnativa” prosegue il consiglio di Stato.
Inoltre non è stato acquisito il parere della Conferenza Unificata Che include un adempimento procedurale necessario e, inoltre, logicamente e opportunamente precedente rispetto al parere del Consiglio di Stato, che deve essere espresso su un testo normativo definitivo e non in fase di elaborazione.
Equo compenso, come cambia nel Correttivo
Prima di entrare nel dettaglio del parere espresso dal Consiglio di Stato sul Correttivo in tema di equo compenso per i professionisti è bene fare un passo indietro.
Il Correttivo Appalti chiarisce i termini dell’applicazione della legge sull’equo compenso (L. 49/2023) al settore dei contratti pubblici.
In particolare definisce una disciplina specifica per i contratti di ingegneria e architettura, disciplina che in parte esula da quanto definito dalla legge sull’equo compenso:
- per contratti sopra i 140.000 euro: I corrispettivi vengono utilizzati per definire l’importo base di gara, comprensivo di compensi e spese. L’aggiudicazione avviene secondo il miglior rapporto qualità/prezzo, con il 65% del prezzo fissato e non ribassabile (per garantire l’equo compenso), mentre il restante 35% è soggetto a ribasso, con un limite al punteggio economico del 30%.
- per i contratti sotto i 140.000 euro: con l’affidamento diretto è possibile ridurre i corrispettivi fino al 20% rispetto ai parametri stabiliti, mantenendo coerenza con le regole del Codice.
Il parere del Consiglio di Stato sul Correttivo arriva quindi ad una conclusione: nel Correttivo Appalti non si applica la legge dell’equo compenso. Tuttavia Palazzo Spada non aggiunge altro e non entra nel merito delle perplessità espresse dall’ANAC in merito al calcolo dell’equo compenso, giudicato penalizzante con rischio di un appiattimento verso il basso.
Criticità anche sul periodo di standstill
Il Consiglio di Stato critica inoltre l’articolo 3 del Correttivo Applati, che riduce da 35 a 30 giorni il periodo di standstill, ovvero il tempo tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto. Questa modifica viene contestata per due motivi principali: da un lato, sembra non essere in linea con la milestone del PNRR; dall’altro, ridurrebbe il diritto dei partecipanti alla gara di tutelarsi presentando ricorso. Inoltre, il Consiglio di Stato sottolinea che il periodo di standstill protegge anche le stazioni appaltanti, consentendo loro di evitare la stipula di contratti illegittimamente aggiudicati, con i conseguenti costi procedurali e finanziari.
In chiusura il Consiglio di Stato ha “suggerito” al Governo di rivedere il Correttivo Appalti prima della definitiva approvazione, evitando di incorrere in errori procedurali che potrebbero addirittura portare ad impugnare il testo.