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Greenwashing nel real estate: come evitare che un valore si trasformi in rischio 

Un interessante report della deepki fornisce un quadro completo sui rischi, le conseguenze e le strategie di trasparenza per evitare fenomeni di greenwashing nel real estate

Greenwashing nel real estate
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Secondo il Global Investor Survey 2023 della PwC, il 94% degli investitori dichiara di non aver fiducia nelle rendicontazioni aziendali sull’ESG a causa di sospetto greenwashing nei report di sostenibilità. Potrebbero apparire distanti eppure il problema del Greenwashing nel real estate è fortemente sentito dai gestori dei portafogli di investimenti.

Perchè il Greenwashing è un problema per il real estate

Secondo l’Autorità di Vigilanza Europea (ESA) il greenwashing è definito come: “una pratica in cui dichiarazioni, azioni o comunicazioni relative alla sostenibilità non riflettono in modo chiaro e corretto il profilo di sostenibilità sottostante di un’entità, di un prodotto finanziario o di servizi finanziari”.

In altre parole potremmo dire che il greenwashing di portafoglio si verifica quando i gestori degli investimenti dichiarano un impatto ambientale positivo senza gestire i fondi in modo coerente con questo stesso impatto.

Tra le pratiche più diffuse c’è l’uso improprio della terminologia ESG, un problema che si accomuna alla mancanza di un sistema di certificazione ed etichettatura uniforme a livello globale. L’etichettatura volontaria infatti può anche dare adito a forme di greenwashing involontarie che aumentano ancor più la confusione e la disinformazione. 

Greenhushing e il greenwishing cosa sono

Ad occuparsi del problema del greenwashing nel real estate è deepki, società leader nella consulenza globale sulla sostenibilità. Secondo l’azienda, questo fenomeno si può manifestare in due modi: sottoforma di Greenhushing o come greenwashing. Vediamo la differenza tra i due.

Secondo deepki, il greenhushingè una soluzione a cui ricorrono alcune aziende per evitare il greenwashing. “Il greenhushing, o la sotto-segnalazione dei progressi sulle iniziative di sostenibilità, non è una soluzione praticabile a lungo termine” ribadisce la società di consulenza. Il fatto di omettere informazioni su determinate azioni, si ritorce contro l’azienda stessa che perde così l’opportunità per dimostrare la creazione di valore a lungo termine e la mitigazione del rischio.

Il Greenwishing o greenwashing involontario invece si verifica quando un’azienda punta a raggiungere obiettivi di sostenibilità, ma non ha i mezzi per farlo. “Spinte dall’urgenza di stabilire ambiziosi obiettivi di sostenibilità, le aziende possono impegnarsi in obiettivi che vanno oltre le loro capacità, sia a causa di limitazioni finanziarie, tecnologiche o organizzative”, sottolinea deepki.

Quali sono le conseguenze del greenwashing nel real estate

Che sia intenzionale o involontario, il greenwashing nel real estate può provocare conseguenze anche gravi. Producendo informazioni distorte anche su temi molto rilevanti, il greenwashing può minare la fiducia degli investitori nel mercato dei prodotti correlati alla sostenibilità. Di fatto questa pratica rappresenta una minacciasignificativa per il sistema finanziario, potenzialmente fuorviando consumatori, investitori e partecipanti al mercato, e comportando anche rischi reputazionali”.

Tuttavia è bene sottolineare che il quadro normativo per la finanza sostenibile dell’UE offre strumenti diversi per affrontare il greenwashing come ad esempio la Tassonomia green o la Direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (CSRD) che sottolinea la necessità della doppia materialità, obbligando le aziende a divulgare non solo il loro impatto ambientale, ma anche il modo in cui i fattori esterni influenzano le loro prestazioni finanziarie. 

I limiti nella gestione normativa del greenwashing nel real estate

Essendo stata all’avanguardia nella definizione di soluzioni anti greenwashing. l’UE si trova ora in difficoltà vista l’evoluzione rapida di questo problema. “L’istituzione di standard normativi e volontari ha affrontato questioni come la disponibilità insufficiente di dati e la mancanza di standardizzazione. In effetti, l’assenza di standard di reporting uniformi ha portato a un panorama frammentato caratterizzato da una moltitudine di quadri di reporting, linee guida e metriche”, sottolinea Deepki. “Questa mancanza di armonizzazione aumenta le incongruenze, la confusione e il rischio di greenwashing, intenzionale o meno”.

Secondo la società le sfide da superare sono le seguenti:

  • la mancanza di standardizzazione sui dati legati alla sostenibilità da comunicare;
  • la qualità e l’affidabilità dei dati, spesso incompleti, incoerenti o inaffidabili permettono di omettere anche informazioni negative, lasciando così all’azienda la possibilità di focalizzare l’attenzione unicamente sugli aspetti positivi.
  • ambito e materialità, dato che la determinazione dei fattori chiave della sostenibilità può essere soggettiva, le aziende possono dare priorità a quelli meno critici per un’immagine positiva, trascurando questioni più importanti.
  • vigilanza normativa limitata, il controllo sulle rendicontazioni di sostenibilità è limitato il che comporta una mancanza di responsabilità per le aziende.
  • Complessità delle problematiche legate alla sostenibilità, che rende difficile comprendere l’impatto complessivo.

La soluzione secondo deepki 

Il primo intervento è sulla qualità dei dati sui report ESG migliorando così la trasparenza. La tracciabilità di raccolta e gestione dei dati garantisce l’accuratezza e l’affidabilità delle dichiarazioni di sostenibilità. Per poterlo fare serve quindi un processo che definisca nel dettaglio tutte le informazioni che concorreranno al report e quali informazioni saranno necessarie per definire i criteri ESG. “Questo processo va oltre il semplice fatto di ‘spuntare una casella’”, sottolinea deepki, “Comprendere le motivazioni alla base delle richieste è fondamentale per migliorare la qualità dei dati. Con dati accurati, le aziende e le società in portafoglio possono supportare le affermazioni sulla sostenibilità, comunicare in modo efficace e monitorare i progressi nel tempo”.

Un approccio collaudato viene fornito dalla deepki nel report “Deepki’s SFDR and EU Taxonomy Guide for real estate actors utile guida per gli attori del settore che aiuta a definire una solido piano d’azione evitando fenomeni di greenwashing nel real estate anche involontari.

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.