Gli immobili residenziali rappresentano circa il 55% della ricchezza complessiva delle famiglie Italiane, per un valore di circa 6 trilioni di euro su un totale di 11
Spaventa e non poco, l’analisi rilasciata oggi da Deloitte sulle ricadute economiche della Direttiva Case Green in Italia. In un contesto immobiliare come il nostro, dove 8 edifici su 10 dovranno essere efficientati, potrebbero essere necessari tra gli 800 miliardi di euro ed i 1.000 miliardi di euro per una riqualificazione massiccia.
Chiariamo subito, l’analisi non condanna la Direttiva sulle Performance energetiche degli edifici, ma sottolinea la necessità di una soluzione sistemica “capace di indirizzare le criticità patrimoniali ed economiche che la direttiva “Energy Performance of Buildings Directive” potrebbe far ricadere sui cittadini e sul sistema bancario in assenza di una strategia coordinata”, come afferma Claudio Scardovi, Partner Deloitte responsabile per M&A e Private Equity. “Rendere la direttiva europea “Case Green” un’opportunità di crescita per il Paese è possibile”. La domanda che sorge spontanea ovviamente è: in che modo?
L’83% degli edifici residenziali è “obsoleto”
Partendo dai dati Istat, Deloitte ha provato ad analizzare il patrimonio costruttivo italiano partendo dagli oltre 13 milioni di edifici censiti nel 2024, di cui circa l’89% è ad uso residenziale. Gli immobili produttivi e commerciali rappresentano rispettivamente solo il 2% del patrimonio complessivo, mentre gli edifici con altra destinazione d’uso corrispondono a circa il 7% del totale. Entrando nel merito del residenziale si scopre che:
- l’83% degli edifici risulta costruito prima del 1990, dato leggermente più alto della media Ue (76%)
- il 57% risale a prima degli anni ‘70.
E’ esattamente l’obsolescenza degli immobili ad aver spinto la Commissione ad elaborare l’Energy Performance of Building Directive per ridurre il peso energetico ed emissivo che il comparto ha nel suo complesso.
La Direttiva Case Green entrerà in vigore il 28 maggio 2024, venti giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Europea e traccia un percorso verso la neutralità climatica del comparto, fissata per il 2050. Tra gli obblighi futuri ci sarà la riduzione progressiva dei consumi di energia primaria, l’obbligo di installare pannelli solari, l’abbandono di combustibili fossili per i sistemi di riscaldamento, l’installazione di colonnine per la mobilità elettrica. Un requisito indispensabile per considerara attuata la Direttiva EPBD sarà però quello di assicurare questo efficientamento riqualificando almeno il 55% degli edifici più energivori.
Come attuare la Direttiva Case Green in Italia
Secondo Deloitte la prima voce da spuntare nell’elenco delle priorità sarà proprio quella di tracciare un piano programmatico che coinvolga developer e costruttori, investitori istituzionali, retail e il sistema bancario, con il contributo dello Stato a supporto del “built environment del Paese e di un settore strategico per la competitività e per il benessere di tutta l’Italia”.
Gli Smart Building in Italia: la chiave per riqualificare il patrimonio guadagnando
Attuare la Direttiva Case Green in Italia significherà intervenire a tutto tondo sul patrimonio, con investimenti stimati tra gli 800 ed i 1000 miliardi di euro. Se si analizza la percentuale di immobili di classe energetica F e G, infatti, si vede che in Italia gli edifici appartenenti a questa categoria sono oltre il 60%, mentre in Germania arrivano al 45%, in Spagna al 25% e in Francia appena al 21%.
Case Green in Italia avrà un impatto anche sul sistema bancario italiano
Cosa accadrebbe se non riuscissimo ad elaborare una soluzione sistemica per attuare la Direttiva Case Green in Italia? Secondo Deloitte i primi impatti si avrebbero sul sistema bancario. In primis potrebbe registrarsi un aumento dell’esposizione al rischio, con una potenziale svalutazione degli asset a garanzia delle banche, oltre ad un impatto negativo sui Risk Weighted Assets (RWA) degli istituti e dei mutui erogati.
Inoltre, potrebbe esserci una limitazione nell’erogazione del credito soprattutto a favore di immobili con scarse prestazioni energetiche, alcuni dei quali diventeranno non più affittabili.
Infine, c’è il tema di una possibile revisione delle regole Ue per le maggiori banche, che potrebbe avere un maggior impatto per quelle italiane, visto il contesto sistemico peggiore rispetto agli altri Paesi.
“Il parco immobiliare residenziale italiano rappresenta circa il 55% della ricchezza complessiva delle famiglie Italiane”, commenta Angela D’Amico, Real Estate Sector Leader di Deloitte Italia. “Per questo, è necessaria una strategia per far sì che la direttiva non si trasformi in un “buco nero”, ma, al contrario, diventi un’opportunità. Si tratta di un processo lungo e articolato che chiama in causa tutti i soggetti in campo – famiglie, imprese, banche e investitori istituzionali – e che deve essere affrontato sotto il profilo tecnico, giuridico e finanziario insieme. L’adeguamento del patrimonio immobiliare alle previsioni della direttiva EPBD richiederà, infatti, soluzioni tecniche non solo per i singoli edifici, ma anche a livello infrastrutturale. Renderà necessarie soluzioni giuridiche sia per quanto riguarda gli aspetti amministrativi, sia per quelli connessi alla proprietà che, in ambito residenziale, in Italia è tra le più frazionate in Europa. Necessiterà, infine, del supporto di nuovi strumenti finanziari che, tuttavia, non potranno prescindere dalle dinamiche di mercato, già influenzate da molti fattori, tra cui quelli demografici e di trasformazione della società. Su queste basi, ciò che si prospetta è una grande opportunità per la trasformazione immobiliare”, conclude D’Amico.I risultati dell’analisi sono stati presentati oggi nel corso dell’evento Greenhouse Legislation: black hole or pink future per il Real Estate italiano?” presso la sede di Milano di Deloitte.