In questi giorni l’Assemblea Capitolina dovrà votare le modifiche alle Norme Tecniche di attuazione che cambieranno il PRG di Roma oggi in vigore. Emergono alcune criticità sul testo legate al rischio idrogeologico, alla semplicità dei cambi di destinazione d’uso ed all’eccessiva libertà lasciata ai privati
Diverse le critiche espresse da urbanisti ed attori del settore sul possibile deregulation che ne scaturirebbe
Sono ore decisive per il futuro della nostra capitale. A poco più di un anno di distanza dalla delibera, l‘Assemblea Capitolina si è riunita per discutere e votare le proposte di modifica alle Norme Tecniche di Attuazione che, dopo 15 anni, potrebbero cambiare il PRG di Roma.
Certamente le esigenze della città sono notevolmente mutate in questo ultimo decennio, rendendo necessario un adeguamento del Piano regolatore alle nuove esigenze.
Ma sul tavolo ci sono moltissimi temi da discutere: la riqualificazione urbana delle periferie, il contrasto allo spopolamento del centro storico, la regolamentazione degli affitti brevi e dell’housing turistico, l’edilizia sociale, la gestione del costruito attorno agli ambiti fluviali, il verde ed la semplificazione dei cambi di destinazione d’uso.
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Come cambia il PRG di Roma
L’obiettivo della trasformazione era stato ben evidenziato da Roma Capitale con l’approvazione della delibera a giugno 2023: la semplificazione amministrativa e l’allineamento agli aggiornamenti normativi regionali e nazionali, incentivare i processi di rigenerazione urbana soprattutto nelle periferie, garantire sostenibilità ambientale, sociale ed economica per limitare il nuovo consumo di suolo, contrastare la permanenza di relitti urbani ed edifici degradati, l’aggiornamento della Carta per la Qualità.
Quest’ultimo tema in particolare giocherà un ruolo decisivo nell’aggiornamento delle Norme tecniche di Attuazione (NTA) del Piano Regolatore.
La Carta della Qualità infatti contiene 34 elaborati che riportano gli immobili e le aree urbane sottoposte a particolari regimi di vincolo o tutela. Il Nuovo PRG di Roma andrà a modificare questo elenco, aggiungendo nuovi edifici e stralciando alcuni vecchi per consentirne la rigenerazione. Eliminare alcuni nomi dall’elenco non significa esporre edifici storici a pericolose riconversioni, anzi permette di velocizzare l’iter di recupero di quelle strutture inserite nella lista, ma senza particolari doti architettoniche, rimaste inutilizzate per decenni.
Tra le priorità c’è poi la tutela del tessuto residenziale del centro storico per regolamentare gli affitti brevi anche in vista del Giubileo del prossimo anno.
Ma l’aggiornamento delle NTA del Piano Regolatore di Roma qualche critica l’hanno sollevata, soprattutto da parte di coloro che meglio conoscono e studiano la città, ovvero gli urbanisti.
Le criticità: dal Piano della Città al Piano dell’Offerta
Tra i primi ad esprimere preoccupazione sul cambiamento del PRG di Roma ci sono le associazioni “Roma ricerca Roma” e “Carteinregola“, che nei giorni scorsi hanno pubblicato un comunicato sulle proposte di modifica alle NTA del PRG vigente.
“Il testo rischia di modificare irrimediabilmente i caratteri della città, a partire dal suo patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale diffuso, e di contraddire le scelte proclamate dall’amministrazione per rispondere alla crisi climatica e ambientale e migliorare la vivibilità e il benessere di tutti i cittadini”, si legge nel comunicato. Posizione ulteriormente chiarita dalla Docente di Urbanistica delle Sapienza, Barbara Pizzo, in un’intervista pubblicata su RomaToday.
Secondo la professoressa i punti critici che andrebbero rivisti sono:
- la troppa facilità dei cambio di destinazione d’uso
- la salvaguardia “di facciata” dei singoli edifici di pregio
- la monetizzazione al posto del reperimento delle aree per servizi
- la troppa libertà lasciata i privati che potrebbe innescare disuguaglianze tra le aree centrali e periferiche
- il pericolo idrogeologico dell’inazione sui “vuoti” della città, sugli spazi residuali.
Il testo proposto rischia di “trasformare il piano regolatore da principale strumento per governare la trasformazione dei suoli e del patrimonio urbano a vantaggio della collettività, in un “piano dell’offerta” che consegnerebbe la città agli operatori privati, con l’intero ventaglio di possibilità di intervento”.
Il rischio dei cambi di destinazione d’uso troppo “facili”
Come sottolinea la Professoressa Pizzo, la prima criticità si legge nell’eccessiva semplificazione dei cambi di destinazione d’uso. Il tema, di estrema attualità, non può che farci pensare anche alle modifiche introdotte al Testo Unico Edilizio dalla Legge 105/2024. Nel suo primo recepimento del Salva Casa a Roma, l’amministrazione capitolina ha sottolineato l’intenzione di non attuare direttamente le modifiche legate ai cambi di destinazione d’uso, facendo invece riferimento alle “specifiche disposizioni della pianificazione urbanistica presenti nelle N.T.A. del P.R.G. vigente”. O meglio, nelle disposizioni che saranno contenute nel nuovo PRG aggiornato.
Qual è quindi il rischio che corriamo e dal quale ci mettono in guardia gli urbanisti?
“I cambi di destinazione d’uso sono lasciati agli operatori privati nella totale assenza di criteri definiti dall’amministrazione pubblica per orientare il perseguimento di un legittimo profitto a vantaggio dello sviluppo complessivo della città e dei bisogni dei suoi abitanti”, si legge nel comunicato di “Carteinregola”.
Problematica sulla quale torna anche la professoressa Pizzo. Le Nuove NTA consentiranno un più facile cambio di destinazione d’uso di immobili appartenenti alla stessa categoria funzionale, senza però considerare un’eventuale modifica del carico urbanistico. Le aree servizi (come le scuole, parcheggi, aree verdi, servizi pubblici) sono dimensionate sull’attuale PRG. Servizi che, come ben sappiamo, già risultano scarsi; se si aggiungono modifiche all’assetto urbanistico cambiando ad esempio la destinazione d’uso di determinati immobili, si rischia di avere uno spopolamento o un aumento demografico che metterebbe a rischio la qualità di quei luoghi. Il rischio peggiore potrebbe essere quello di non avere nemmeno idea del numero di servizi necessari in quella determinata zona.
“La monetizzazione prevista in tutti i casi di mancato reperimento delle aree a standard da riservare per i servizi e il verde pubblico inevitabilmente aggrava la carenza di tali spazi e pertanto non può essere considerata la soluzione al problema”, prosegue il comunicato dell’associazione.
Il rischio idrogeologico
Tra le criticità che più preoccupano gli urbanisti, c’è poi il tema del potenziale rischio idrogeologico che potrebbe correre la città.
“Nel testo in discussione manca, in generale, la consapevolezza dell’importanza dei “vuoti”, cioè di tutte quelle parti della città attualmente non edificate”, prosegue il comunicato stampa. L’importa di queste aree ricche di vegetazione è proprio la loro permeabilità, elemento fondamentale per la difesa dagli allagamenti, oltre che protezione contro le isole di calore.
A questo si aggiunge un ulteriore problema, portato con sè dal nuovo comma inserito all’articolo 71 delle NTA. Il testo riduce il “reticolo idrografico” permettendo la costruzione di opere per la mobilità, infrastrutture energetiche o fognarie, piazze e acquedotti anche nella fascia entro i 10 metri dai muraglioni del Tevere, in un tessuto cioè ad alto rischio esondazione.