Cantieri più veloci, digitalizzazione, premialità Made in Italy, ma anche dubbi su concorrenza, trasparenza e tempistiche. Il nuovo Codice degli Appalti fa già discutere
Il 28 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo Codice dei contratti pubblici: ecco quando entra in vigore
(Rinnovabili.it) – Il Consiglio dei Ministri ha da pochi giorni approvato il nuovo Codice degli Appalti, ma le polemiche hanno già preso fuoco su più fronti. L’obiettivo del testo, rivisto dalle varie commissioni parlamentari, era la semplificazione e la sburocratizzazione delle procedure, per velocizzare i processi delle gare pubbliche evitando di perdere tempo e finanziamenti. Ma il nuovo Codice dei Contratti Pubblici piace davvero a pochi. Vediamo le principali novità contenute nel testo e le relative criticità.
Digitalizzazione delle procedure
Per fare una gara si risparmieranno dai sei mesi ad un anno grazie alla digitalizzazione delle procedure (in vigore dal 1°gennaio 2024). Le informazioni relative alle imprese saranno contenute in una banca dati degli appalti, una sorta di carta d’identità digitale, consultabile sempre, “senza che sia necessario per chi partecipa alle gare presentare di volta in volta plichi di documentazione, con notevoli risparmi di costi e soprattutto di carta”. Soggetti appaltanti, ma anche imprese e cittadini avranno disponibili on line i dati per garantire trasparenza.
Liberalizzazione appalti sottosoglia
Nel caso di appalti pubblici fino a 5,3 milioni di euro le stazioni appaltanti potranno decidere di attivare procedure negoziate o affidamenti diretti, rispettando il principio della rotazione. Per gli appalti fino a 500 mila euro, allo stesso modo, le piccole stazioni appaltanti potranno procedere direttamente senza passare per le stazioni appaltanti qualificate. “Taglio dei tempi notevole soprattutto per quei piccoli comuni che debbano procedere a lavori di lieve entità che hanno tanta importanza per la vivibilità dei luoghi e il benessere delle proprie comunità” commenta il MIT.
Le criticità: poca trasparenza
Ad essere dubbiosa su questo punto è nientemeno che l’ANAC, Autorità Nazionale anticorruzione. Se da un lato elogia l’impulso alla digitalizzazione degli appalti, dall’altro sottolinea alcune importanti criticità in tema di trasparenza. “Attenzione, però, a spostare l’attenzione solo sul ‘fare in fretta’, che non può mai perdere di vista il ‘fare bene’”, sottolinea il Presidente Busia. “Restano dubbi sulla riduzione della trasparenza e della pubblicità delle procedure, principi posti a garanzia di una migliore partecipazione delle imprese, e a tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti”. “Soglie troppo elevate – afferma Busia – per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate rendono meno contendibili e meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono – va notato – quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici”.
Di parere simile è il Presidente di Assistal, Angelo Carli, secondo il quale l’affidamento diretto sotto i 5,3 mln di euro “sottrarre al mercato ed alla trasparenza circa il 90% delle gare per le piccole e medie imprese”. L’Associazione dei costruttori Ance si dice nel complesso soddisfatta delle modifiche apportate, ma è ancora una volta il principio di concorrenza a preoccupare “in particolare nei settori speciali che di fatto potrebbero sottrarre al mercato il 36% del volume dei lavori pubblici”.
Appalto integrato e Subappalto a cascata
Torna a rivivere l’appalto integrato ovvero il contratto potrà avere come oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica approvato. Si potrà inoltre procedere con il subappalto a cascata senza limiti.
Le criticità: concorrenza al ribasso che porterà alla chiusura del mercato
E’ forse questo l’articolo a suscitare più critiche. Per la CGIL il nuovo Codice degli Appalti fa un salto indietro. Il subappalto a cascata “indebolisce il sistema d’impresa attraverso una concorrenza tutta al ribasso che ha come elemento centrale non la qualità dell’opera, ma la riduzione dei costi”. Inoltre secondo il Presidente del CNI Perrini (Consiglio Nazionale Ingegneri) “è rimasta la norma sui requisiti tecnici limitati a tre anni (in passato erano dieci). Quanto ai requisiti economici, pur avendo esteso il lasso temporale a tre anni, essi risultano peggiorativi rispetto al Decreto 50/2016, quando erano riferiti ai migliori tre anni degli ultimi 5 e c’era anche la possibilità di sostituirli con una polizza assicurativa. Questo elemento, unito alla possibilità di ricorrere in maniera illimitata al subappalto per quanto riguarda l’opera intellettuale del professionista, determinerà una forte chiusura del mercato”.
Il ricorso all’appalto integrato secondo il CNAPP è andrebbe “indicato esclusivamente per progetti in cui sia prevalente l’aspetto tecnologico dove, sul fronte dell’innovazione, il contributo dell’impresa può essere utile, altrimenti, sacrificando la progettazione, si sacrifica la qualità dell’opera. Eppure bastava far riferimento alle passate esperienze per verificare come l’appalto integrato abbia prodotto, nella gran parte dei casi, enormi contenziosi tra imprese e stazioni appaltanti, opere incompiute e risultati del tutto deludenti”.
Eliminazione progetto definitivo, restano solo 2 livelli
Il Codice dei contratti pubblici 2023 prevede solo 2 livelli di progettazione: il progetto di fattibilità tecnico-economica e il progetto esecutivo. Sarà dunque possibile l’affidamento della gara solo sulla base del progetto di fattibilità tecnico-economica.
Le criticità: preclusa la possibilità di opere di qualità
Dura la critica degli Architetti che accusano il nuovo codice di “precludere la possibilità di realizzare opere pubbliche di qualità”. Secondo il Presidente CNAPPC Francesco Miceli “le criticità, sollevate dal mondo delle professioni tecniche, riguardo a pianificazione, programmazione e progettazione ci allontanano dal raggiungimento degli obiettivi posti dall’Europa”.
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Illecito professionale
Riviste anche le cause di esclusione dalle gare pubbliche. Il nuovo Codice degli Appalti razionalizza e semplifica attraverso una “maggiore tipizzazione delle fattispecie” i motivi per i quali non poter partecipare all’appalto. Per alcuni tipi di reato, l’illecito professionale potrà essere fatto valere solo a seguito di condanna definitiva, condanna di primo grado o in presenza di misure cautelari. Il nuovo Codice degli Appalti inoltre toglie la colpa grave per i funzionari e i dirigenti degli enti pubblici firmatari nel caso in cui abbiano agito “sulla base della giurisprudenza o dei pareri dell’autorità”.
Tutela del Made in Italy
La salvaguardia del “made in Italy” trova terreno fertile nel Codice dei Contratti. Tra criteri di valutazione dell’offerta è previsto un valore premiale in base alla percentuale dei prodotti originari italiani o dei paesi UE, rispetto al totale. “Una tutela per le forniture italiane ed europee dalla concorrenza sleale di Paesi terzi. Le stazioni appaltanti possono indicare anche i criteri di approvvigionamento dei materiali per rispondere ai più elevati standard di qualità”. Tra i criteri premiali la valorizzazione delle imprese, che abbiano sede nel territorio interessato dall’opera.
“Il nuovo articolo 170 permetterà di stimolare maggiormente il mercato interno, innescando un circolo virtuoso che garantirà un’alta affidabilità dei materiali e delle tecnologie utilizzate nelle opere di riqualificazione delle nostre infrastrutture rendendo, di fatto, le imprese italiane più competitive e consentendo una gestione ottimale dei fondi europei” commenta positivamente Marco Nocivelli, presidente di Anima Confindustria.
Introdotto il dissenso costruttivo
Introdotta una nuova formula che obbligherà l’ente che esprime il proprio “no” all’appalto, con conseguente stop dei lavori, a motivare e fornire una soluzione alternativa. Anche la valutazione dell’interesse archeologico, il cui iter, spesso lungo e articolato, rischia di frenare gli appalti, dovrà essere svolta contestualmente alle procedure di approvazione del progetto, in modo da non incidere sul cronoprogramma dell’opera.
Il RUP diventa responsabile di progetto
Il responsabile Unico di Procedimento diventa Responsabile Unico di Progetto. Ovvero la figura del Rup potrà essere responsabile anche di più procedimenti interni allo stesso progetto, con responsabilità nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione nei tempi stabiliti. Resta la possibilità di nominare collaboratori per ciascuna fase di progetto che avrà la possibilità di spendere fino “all’1 per cento dell’importo posto a base di gara per l’affidamento diretto da parte del RUP di incarichi di assistenza al medesimo”.
Quando entra in vigore il nuovo Codice degli Appalti
Il codice degli appalti entra in vigore, con i relativi allegati, il 1° aprile 2023. Dal 1° luglio 2023 verrà abrogato il vecchio Codice e il dlgs 50/2016 nonché l’applicazione delle nuove norme a tutti i procedimenti già in corso.